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di Alessandro Iacuelli

Dopo lo scandalo sullo smaltimento di scorie nucleari nelle zone rurali del Paese, scoperto da France 3 con un recente documentario, in Francia scoppia l'ennesimo scandalo nucleare, che investe direttamente lo Stato e le istituzioni pubbliche preposte alla gestione della produzione energetica nucleare. Stavolta è stata la rete televisiva Artè a scoprire, con un documentario-inchiesta intitolato "Déchets: le cauchemar du nucléaire", dove vanno delle grosse quantità di scarti nucleari transalpini. L'inchiesta, ripresa dal quotidiano Libération, ha scoperto che la Francia ha stoccato in modo totalmente abusivo degli elevati quantitativi di scorie nucleari in Siberia.

L'inchiesta di Artè ha svelato che il 13% delle scorie radioattive francesi sarebbero attualmente stoccate nel complesso atomico russo di Tomsk-7, in Siberia e che ogni anno 108 tonnellate di uranio impoverito provenienti dalle centrali atomiche francesi verrebbero spedite in Russia e scaricate a cielo aperto. "Come e perché le scorie francesi sono arrivate in Siberia?", si chiedono gli autori del documentario, prima di seguire le scorie. I container vengono imbarcati a Le Havre, su navi che attraversano la Manica ed il Baltico, fino a San Pietroburgo, poi sono caricati a bordo di un treno che li porta fino al complesso atomico di Tomsk-7, in Siberia. In questo impianto l'uranio viene sottoposto ad un processo di arricchimento, appena il 10% dell'uranio trattato viene così recuperato, e rispedito in Francia dove viene reintrodotto nel processo di produzione di energia.

Il resto, il 90% del materiale che arriva in Siberia, non è riutilizzabile, diventa di proprietà dell'impresa nucleare russa Tenex e rimane stoccato a cielo aperto. Gli ecologisti russi e francesi di Greenpeace accusano il governo francese di abbandonare le proprie scorie radioattive in Russia, e di non essere capaci di gestire il plutonio, una materia molto pericolosa. Naturalmente questo risultato, portato alla luce e all'attenzione dell'opinione pubblica, pone delle serie questioni. Prima di tutto, come si legge su Libération: "La scarsa sicurezza del trasporto delle scorie per ottomila chilometri, la pericolosità dell'accumulo di questi materiali e la dubbia efficacia del trattamento a cui vengono sottoposti".

Fortissimo l'imbarazzo di Edf, un cui portavoce ha affermato che "I rifiuti radioattivi prodotti dal trattamento dei combustibili restano in Francia dove sono custoditi in depositi in tutta sicurezza". Nonostante questo tentativo "a caldo" di rassicurare, restano vive le immagini dell'inchiesta condotta da Eric Guéret e Laure Noualhat, che mostrano in maniera inequivocabile e dettagliata contenitori con combustibile nucleare usato stoccati accanto ad una ferrovia in Siberia senza nessuna precauzione. Direttamente sul terreno.

In Francia, alle rassicurazioni da parte dei vertici di Edf, soprattutto dopo le fughe radioattive di Tricastin, oramai non crede quasi più nessuno, ad iniziare dall'associazione ambientalista "Sortir du nucléaire", che dichiara: "Mentre il ministro dell'ecologia si accontenta di chiedere un'inchiesta,  con l'obiettivo evidente di guadagnare tempo perché l'affaire sparisca dall'attualità, la nostra associazione chiede il ritorno in Francia delle scorie radioattive francesi abbandonate da Edf in Russia". In effetti, il segretario di Stato all'ecologia francese, Chantale Jouanno, ha dichiarato di essere favorevole all'apertura di un'inchiesta interna dell'azienda energetica Electricité de France (Edf) sullo stoccaggio di scorie nucleari francesi in Siberia, pur senza "trarre conclusioni affrettate", quasi a mettere in dubbio la validità del lavoro di Artè, poi ha aggiunto: "A partire dal momento in ci sarà un dubbio, è normale che l'opinione pubblica sarà informata".

Si tratta certamente di una forte manifestazione di imbarazzo nell'affrontare questo nuovo pasticcio, che arriva dopo anni di incidenti, fughe radioattive, ritrovamenti di scorie sepolte in zone rurali della Francia stessa. Tutti eventi che minano e screditano quel nucleare che i francesi stessi hanno sempre definito "sicuro". Così com’é completamente ingiustificabile che l'industria nucleare francese si sbarazzi all'estero dei suoi rifiuti radioattivi. L'argomentazione ingannevole di Edf che pretende che non si tratti di scorie ma di "materiale valorizzabile", e quindi recuperabile e riciclabile, non può essere posta: si recupera il 10% del materiale, il resto rimane in Russia, e si tratta di rifiuti nucleari.

"Bisogna che la Francia nucleare si assuma le conseguenze delle sue attività e ne renda finalmente conto davanti all'opinione pubblica", continua il comunicato di "ortir du nucléaire", "I cittadini francesi devono in questa occasione prendere coscienza dell'accumulazione drammatica di diverse categorie di rifiuti e  residui radioattivi prodotti dall'industria nucleare e dell'assenza di soluzioni per queste scorie. Il rimpatrio in Francia delle scorie radioattive spedite in Russia obbligherà le autorità francesi a tentare di trovare un sito di stoccaggio, pur sapendo che è più difficile trovare un sito del genere in Francia che in fondo alla Siberia. Questo permetterà di ricordare che, malgrado le manovre indegne, lo Stato francese non riesce, da molti mesi, ad imporre la realizzazione di un sito di interramento delle scorie radioattive: i tentativi fatti nell'Aube all'inizio del 2009 sono stati respinti dalle popolazioni locali e dalle associazioni antinucleari".

Gli ambientalisti francesi fanno la lista di altre scorie che la Francia ha nascosto in altri Paesi come gli "sterili", vere montagne di residui dell'estrazione di uranio abbandonati a cielo aperto in Niger da Areva. La scoperta della discarica nucleare francese in Russia mette fortemente in dubbio quel che Edf ed Areva propagandano con una massiccia campagna sui media: "Il 96% delle scorie nucleari francesi sono riciclate", secondo alcuni quotidiani francesi, si tratta invece di una campagna di disinformazione che Edf dovrebbe addirittura rettificare.

A dimostrazione di questo, l'inchiesta di Artè arriva appena una settimana dopo l'incidente avvenuto nell'impianto in dismissione di Cadarache vicino Marsiglia, che produceva fino al 2003 carburante MOX, incidente valutato livello 2 dal Commissario per l’energia atomica: durante la dismissione sono stati registrati livelli di radioattività decisamente oltre la soglia consentita. Analizzando l'accaduto, è stato scoperto che nei depositi c'è molto più plutonio di quanto ne fosse stato dichiarato: 39 chili al posto di 8 chili.

Un errore pericolosissimo, poichè come ricorda l'ASN (Autorité de sûreté nucléaire): "Quando vi è una massa critica di materiale nucleare e vi sono determinate condizioni ambientali, si può innescare una reazione nucleare a catena. Di certo vi è che i margini di sicurezza a questo punto si sono abbassati", ma anche un errore grossolano e madornale, nella valutazione della quantità del materiale depositato. Un errore che un qualunque tecnico nucleare non dovrebbe mai commettere. Un errore di superficialità. Cosa che nel settore del nucleare nessuno può permettersi. L'impianto in questione, forniva carburante specialmente al mercato tedesco, era in attività dal 1961 e l'attività fu sospesa nel 2003 perché la zona si rivelò ad alto rischio sismico. Nel corso della pulizia e della dismissione di 450 contenitori di plutonio, il Commissario per energia atomica a potuto constatare che la quantità del materiale radioattivo era nettamente superiore a quello dichiarato.

Quanto accade in Francia, dove oramai l'intero sistema nucleare sta svelando i suoi scheletri nell'armadio, è l'ennesima dimostrazione del fatto che non esiste una soluzione sensata al problema delle scorie. Problema che nella nostra Italia viene addirittura affrontato con estrema superficialità, nel programma berlusconiano di rilancio del nucleare. Infatti da noi si preferisce annunciare, con la pomposità di uno spot elettorale, nuove centrali, ma mai si racconta come si prevede di smaltire i rifiuti radioattivi.

Eppure, in preda ad una follia collettiva da parte delle forze di governo italiane, mentre il resto del mondo ragiona sul come abbandonare la produzione per via atomica di energia elettrica, da noi da qualche anno si è tornati a parlare dell'energia nucleare addirittura come di "un'energia verde". Si racconta che la filiera nucleare è chiusa, che i materiali radioattivi sono riutilizzabili, che si ridurrebbe la dipendenza dal petrolio e si attenuerebbero le emissioni di anidride carbonica. Peccato che la realtà sia quasi all'opposto.