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di Alessandro Iacuelli

Sono durate pochi giorni le bocche cucite a palazzo Chigi. Una pericolosa situazione di stallo, con due lettere sulla scrivania del Presidente del Consiglio. Una è del commissario per l'emergenza rifiuti in Campania Bertolaso, e contiene le sue dimissioni. La seconda è del ministro dell'Ambiente, e in essa si difende la scelta di Macchia Soprana come discarica di emergenza. Ce n'è abbastanza per mettere in difficoltà un capo di governo: il ministero dell'Ambiente avanza una richiesta duramente contestata dalla Protezione Civile, la quale propone invece una soluzione a sua volta contestata dal ministero dell'Ambiente. Sono cose che succedono solo in Italia? Fatto sta che a proposito della Campania le strutture dello Stato deputate ad intervenire, come Protezione Civile ed il ministero dell’Ambiente, non hanno saputo concertare e trovare accordi, entrando addirittura in contrasto fino a ricorrere alla mediazione di Romano Prodi. Guido Bertolaso l'ha messa sul piano personale. Da sempre abituato a vincere, ad essere "l'eroe" che risolve i problemi, ha puntato i piedi, presentando qualcosa di simile ad un ricatto che suona pressappoco come un: "Se passa Macchia Soprana, io mi dimetto". Per lui va bene la discarica a Valle della Masseria e non tollera gli animi infuocati della popolazione, dei sindaci e del ministero dell'Ambiente. Per Bertolaso questo non è ammissibile, Valle della Masseria l'ha scelta lui, e non accetta sconfitte. Sul fronte del ministero dell'ambiente, lo stesso Pecoraro Scanio parla insistentemente di "dopo-Bertolaso", arrivando addirittura ad avanzare la candidatura a commissario di governo di Gianfranco Mascazzini, direttore generale del ministero dell'Ambiente, ma anche l'uomo che ha firmato la perizia a favore di Macchia Soprana, l'uomo cioè che fa irritare Bertolaso più della popolazione. Mascazzini però non piace a Prodi, come non piacerebbe a nessun Presidente del Consiglio.

Nessun capo di governo vorrebbe un'alta carica di un ministero, si preferisce una figura che dipenda direttamente da palazzo Chigi, senza ministeri di mezzo, che poi in futuro potrebbero far pesare questo ruolo. Per questi motivi, Prodi preferisce, se proprio dovesse rinunciare a Bertolaso, un Prefetto. E nei corridoi si fa anche un nome: Alessandro Pansa, il Prefetto di Napoli. Bertolaso ha rimesso il mandato nelle mani di Prodi, ma le sue dimissioni sono state respinte. Resta a capo del commissariato di governo.

Sullo sfondo si muovono la Regione ed i Comuni. Enti locali oramai completamente allo sbando. In Regione ormai si naviga a vista, chiedendo di giorno in giorno al commissariato come comportarsi. Non è questo che ci si aspetterebbe dal governo locale. D'altra parte, c'è da dire che un governo locale non ha certo massima libertà d'azione quando c'è di mezzo un commissariato con poteri straordinari. Di contro, se non ci fosse un commissariato, ci troveremmo ancora oggi con una classe dirigente che è quella che ha provocato l'accelerazione dell'emergenza. Insomma, situazione intricata, che non sembra risolvibile senza spazzare via tutto e ricominciare da capo a ricostruire.

I comuni, poi, forse ormai non andrebbero messi neanche tra le istituzioni: esautorati da quasi tutti i poteri (da parte del commissariato), si vedono trattati da Bertolaso esattamente come vengono trattati i movimenti: polizia, manganelli e lacrimogeni, che in più di un'occasione hanno avuto come bersaglio qualche sindaco, con tanto di fascia tricolore indossata. In pratica, per il tipo di poteri che ha il commissariato, i comuni non contano nulla e non a caso qualche decina di sindaci (in prima fila quelli di Castellammare, Frattamaggiore e Portici) hanno sottoscritto un documento in cui annunciano che rimetteranno il loro mandato nelle mani di Prodi perchè "insoddisfatti delle soluzioni adottate dal commissariato". Ci sono stati, è vero, incontri tra sindaci e Bertolaso ma, come denuncia l'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), "le riunioni tenutesi fin ora non hanno rappresentato che un puro esercizio dialettico".

Discorso a parte meritano le province, che nel settore rifiuti non hanno mai contato nulla ma che ora, con il nuovo decreto della presidenza del Consiglio, assumono un ruolo determinante: i presidenti di Provincia diventano sub-commissari. Peccato che le province non siano ancora attrezzate tecnicamente a questo tipo di attività.

Intanto, in tutta la Campania c'è un incendio di rifiuti ogni dieci minuti. Settemila tonnellate di RSU in strada e destinati ad aumentare,con contorno di topi grandi quanto conigli. In città, dove sono rimaste solo un migliaio di tonnellate in strada, il comune ha fatto spargere del disinfettante sui cumuli di rifiuti. Mancano pochi giorni alla chiusura della discarica di Cava Riconta a Villaricca, prevista per il 26 maggio. Da quel momento, a Napoli e provincia non ci sarà più un luogo dove portare i rifiuti raccolti dalle strade. Ancora una volta, i rifiuti urbani saranno la copertura perfetta al traffico di rifiuti industriali tossici che gode ancora oggi di ottima salute.

Solo in Campania poteva succedere qualcosa di una simile portata. A partire dal 1991, quando grazie ad un accordo collusivo forte tra politica, camorra, massoneria e servizi segreti legati a potentati industriali, furono autorizzate grandi importazioni di rifiuti industriali extraregionali, gestiti in Campania da aziende in odor di camorra che, grazie ad appalti per la raccolta dei rifiuti nei comuni, avevano il patentino d'accesso alle discariche pubbliche o erano titolari di discariche private.

Solo in Campania, resa colpevolmente pattumiera del mondo industriale che ha necessità di risparmiare soldi sullo smaltimento dei propri rifiuti, potevano riempirsi le discariche con largo anticipo e con rifiuti che non possono essere tombati in discarica. E solo in Campania poteva realizzarsi un deficit impiantistico da record, dove ancora oggi non esiste alcun impianto di trattamento di rifiuti che sia regolare e che rispetti le norme. I pochi impianti presenti, spesso sequestrati per gravi irregolarità dalla magistratura, sono stati costruiti dando in sub-appalto tutta l'edilizia alle imprese dei clan, per poi far gestire i trasporti dei rifiuti ai clan stessi. Un esempio illuminante? Nella sola provincia di Napoli, su 19 aziende che si occupano di trasporto di rifiuti, solo tre hanno la certificazione antimafia negativa; tutte le altre hanno collezionato, e collezionano, ostative antimafia come se fossero figurine o francobolli.

La Campania sembra essersi trasformata, da almeno 25 anni, nel vero e proprio laboratorio nazionale degli accordi corruttivo-collusivi e delle connivenze perverse tra politica, affari e criminalità. Aperto negli anni più bui, quelli tra il terremoto ed il sequestro Cirillo, questo “laboratorio” ancora oggi funziona alla perfezione.
Il commissariato non può risolvere il problema, perchè se ha bisogno di terreni dove stoccare i rifiuti, la camorra andrà a comprarli un attimo prima, per poi rivenderli allo Stato a prezzo quintuplicato; se ha bisogno di trasportare rifiuti da un luogo ad un altro, troverà solo imprese di camorra pronte a garantirlo. Si è perso il conto dei milioni di euro persi in questo modo, finiti tutti nelle tasche di questo o quel clan. Il decreto legge di pochi giorni fa, che modifica e prolunga il commissariamento, stanzia altri 80 milioni di euro. Che probabilmente andranno a finire nei soliti luoghi.