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di Alessandro Iacuelli

Il 4 febbraio scorso, si è sviluppato un incendio nella centrale nucleare tedesca di Kruemmel, a pochi chilometri da Amburgo, senza provocare vittime. Lo ha reso noto la compagnia elettrica Vattenfall che gestisce l'impianto con la E.On, assicurando in tutta fretta che non ci sono stati nè danni ambientali nè fughe radioattive. Costruito 30 anni fa e operativo dal 1983, l'impianto di Kruemmel ha subito in passato altri incidenti ed è fermo dal giugno 2007,dopo che un altro incendio aveva portato all'interruzione della produzione. La storia degli incidenti a Kruemmel nasce nel 1990, quando per motivi che sfuggono ai gestori, si verifica un'infiltrazione di tritio nel terreno circostante. Proprio a partire da questa fuga di tritio, alla quale si sono aggiunti altri guasti in altre centrali tedesche, nacque, in Germania, un forte movimento antinucleare, che vide un primo successo nel 1995, quando l'Alta Corte tedesca decise che la licenza di attività concessa alla stazione di Mülheim-Kärlich era illegale, a causa della mancata considerazione, in fase di concessione, del rischio sismico della zona. Oltre questo, nel 1996 un programma della TV tedesca, Monitor, svelò che la Siemens ha compiuto numerosi errori durante la costruzione della stazione di Kruemmel, terminal ferroviario situato all'interno della centrale. Quel servizio televisivo si rivelò profetico, infatti appena un anno dopo, nel 1997, un treno trasportante liquido radioattivo deragliò all'interno della stazione. Altro incidente grave è stato quello di Brunsbuettel, porto della Germania settentrionale, dove nel 2001 una parte dell'impianto nucleare è esplosa. Le autorità tedesche hanno minimizzato.

Come se non bastasse, a fine giugno 2007, un cortocircuito ha portato allo stop del reattore di Brunsbuettel, in Germania. Poche ore dopo, mentre veniva riavviato l'impianto di Brunsbuettel, è scoppiato un incendio in un trasformatore della centrale di Kruemmel. Le autorità tedesche anche stavolta hanno dichiarato che non c'era stato alcun problema, e solo diversi giorni dopo (lunedì 9 luglio 2007), hanno ammesso che, contrariamente a quanto comunicato all'inizio dal gestore, le fiamme hanno raggiunto e danneggiato la struttura che ospita il reattore nucleare e che il fumo di combustione è penetrato fin nella cabina di controllo. Come è potuto succedere? La spiegazione ufficiale è che i dipendenti avrebbero compreso male alcuni ordini e commesso degli errori nella procedura di emergenza.

Che si tratti di un errore umano o di un problema strutturale, non cambia la sostanza: l'impianto è stato fermato e non ancora riavviato, fino al nuovo incendio di pochi giorni fa. Nel cuore dell'Europa. Si pone di nuovo, drammaticamente, uno dei pilastri fondamentali del nucleare: si tratta di una tecnologia estremamente sensibile, talmente sensibile che non ci può essere cieca fiducia in essa. Ovunque ci sono uomini che lavorano, ci sono possibilità di errori, con la differenza che un errore in un impianto nucleare può avere effetti drammatici come successo in passato a Windscale, a Three Mile Island, a Chernobyl, a Tokaimura.

I sostenitori della produzione di elettricità a partire dall’energia nucleare sono visibilmente soddisfatti che il dibattito sul suo uso si sia smorzato, e che, grazie al cambiamento climatico e all’esplosione dei prezzi petroliferi, il tono sia diventato più "sobrio e compassato", ma anche più possibilista. Sono inoltre particolarmente contenti di una cosa: le discussioni sulla politica nucleare si sono spostate dai problemi fondamentali legati alla sicurezza a quelli legati all’economia, alla protezione ambientale, alla salvaguardia delle risorse, alla produzione energetica.

Ma eludere la sicurezza è sempre un imbroglio. La speranza dei "nuclearisti" è che l’opinione pubblica muti il suo punto di vista e consideri quella nucleare come una tecnologia tra le tante, alla pari delle centrali a carbone o delle fonti eoliche. La fissione nucleare viene sempre più esaminata alla luce dei tre punti di riferimento che gli economisti usano per inquadrare il dibattito sulla politica energetica: fattibilità economica, fornitura affidabile, compatibilità ambientale. I pro-nucleare non sono particolarmente turbati dal fatto che, anche nell’ambito di questo quadro, restino comunque molti dubbi sulla affidabilità dell’energia nucleare, anzi se ne compiacciono: per quel che li riguarda, il punto importante è che sta diventando sempre più facile nascondere le potenziali catastrofi dell’energia nucleare dietro un muro di argomenti che distraggono l’attenzione dal problema fondamentale della sicurezza. Non si tratta di un’evoluzione casuale, ma del risultato di una deliberata e tendenziosa strategia portata avanti per anni dagli operatori e dai fornitori dei principali Paesi produttori di energia nucleare.

A questo si aggiunge la pretesa che l’energia nucleare non produca emissioni di CO2. Il che è sembrare plausibile se si guarda solo al luogo ristretto dove è in funzione il reattore nucleare, senza considerare quindi l’intero processo, dall’estrazione del minerale, il processamento dell'Uranio, fino al confinamento finale delle scorie.

In realtà, contabilizzando correttamente tutta la CO2 emessa nei vari processi di lavorazione, una centrale nucleare, a patto che usi come combustibile dell'Uranio ad elevato grado di purezza, emette tra un quarto e un terzo della CO2 prodotta da un ciclo combinato a gas. Il che è certamente una fortuna, ma che non dura a lungo. Dura solo fino a quando si usano minerali ricchi di uranio. Poi il ricorso a minerali meno ricchi di uranio porterebbero all’emissione di quantità di CO2 maggiori di quella degli impianti a gas. Sul lungo periodo quindi il nucleare non è la soluzione per ridurre le emissioni di gas serra. Con l'aggravante di un aumento dei rischi di sicurezza, e di una gestione lunga (tra i 100 e i 150 anni) delle scorie prodotte.