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di Alessandro Iacuelli

Due persone sono state denunciate dai Carabinieri del Noe di Brescia a Castel Mella per deposito incontrollato di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, in un'area destinata a opere di urbanizzazione. Sono il presidente del consiglio di amministrazione e il procuratore delegato per la sicurezza e l'ambiente di una società di costruzioni. L'area interessata, di 68mila metri quadri, è stata sequestrata dai militari, così come un cumulo di rifiuti di circa 800 metri cubi.

Sembra la solita notizia riguardante un reato ambientale circa lo smaltimento dei rifiuti speciali, una fattispecie di cui l'Italia detiene il record in Unione Europea. E non è più vera la solita diceria che c'entrano le mafie, visto che il fenomeno dello smaltimento illecito di rifiuti di provenienza industriale riguarda oramai tutto il Paese, con punte elevatissime nel ricchissimo Nord Est e il Lombardia, e non nella solita Campania.

Dietro la semplice e solita notizia dell'ennesimo sequestro di un'area inquinata abusivamente, c'è però nascosto un fenomeno molto più ampio, che proprio nel bresciano sta raggiungendo proporzioni allarmanti: la diffusione di smaltimenti irregolari di rifiuti speciali. Non solo irregolari, ma spesso pericolosi per la salute umana. Nella sola provincia di Brescia, il costo annuo dello smaltimento dei rifiuti pericolosi raggiunge i 5 miliardi di euro. Una cifra spaventosa, se la si raffronta ai 20 miliardi spesi dall'intera Lombardia. Si tratta di una cifra che va oltre l'immaginazione del comune cittadino. Per dare un valore di confronto utile, si pensi che il bilancio della Regione Lombardia é di 24 miliardi di euro l'anno.

E' chiaro che essendoci in ballo cifre così importanti, che sono a carico di chi deve smaltire i propri rifiuti speciali (quindi le industrie stesse) diventa troppo spesso appetibile il disfarsi degli scarti produttivi attraverso metodi illegali, ma molto meno costosi. D'altronde, non dimentichiamo che secondo i dati dell'Osservatorio Nazionale sui Rifiuti, solo il 22% dei rifiuti prodotti annualmente in Italia sono rifiuti solidi urbani. Il resto sono rifiuti delle attività produttive, non assimilabili agli urbani, che superano ormai da tempo i 100 milioni di tonnellate l'anno.

Nonostante questo, si assiste allo sviluppo di politiche di raccolta, di recupero e di smaltimento per i soli rifiuti urbani, cioè per la parte più piccola. La fetta più grande è quella dei rifiuti speciali, tra i quali c'è una discreta percentuale di materiali che rientrano nella categoria di quelli tossico-nocivi, categoria che ogni anno si espande in quantità. Rifiuti che per la maggior parte sono destinati all'estero, principalmente verso la Germania, ma senza trascurare la cara vecchia Africa, i Balcani ed il Sud Est Asiatico.

Proprio a proposito dei rifiuti pericolosi, il 30% di tutti quelli prodotti in Lombardia, oltre due milioni di tonnellate l'anno, vengono smaltiti nel bresciano, ovviamente non in tutta la provincia, poichè è scomodo smaltire nelle valli alpine, mentre la zona bassa, oltre ad una presenza record di discariche per rifiuti industriali ha anche un altro record: quella della pioggia di richieste di autorizzazione per nuove discariche e impianti di trattamento.

Così, quella che in Italia, dove si pone sempre l'accento sui rifiuti urbani, appare come una provincia virtuosa in materia di rifiuti, si rivela essere il più grosso ripostiglio di rifiuti speciali, pericolosi, tossici, del nostro Paese. A lanciare l'allarme è stato, per ora, solo Osvaldo Squassina, consigliere regionale, che dati alla mano sostiene che: "è chiaro il rischio di creare sul nostro territorio un business legato al ciclo dei rifiuti".

Brescia detiene il record pro capite non solo della produzione di rifiuti speciali - ben 1,9 milioni di tonnellate - e pericolosi - 500.000 tonnellate all'anno - ma anche della maggiore produzione pro capite di rifiuti urbani: 735mila nel 2007, ovvero 608 chili per ogni abitante della provincia, con un picco di 722kg per ogni residente in città, a fronte di una media regionale di 512 chili e di una nazionale inferiore ai 500 chili a testa. "La Regione sta redigendo una bozza di piano per lo smaltimento di rifiuti speciali e pericolosi, ha dichiarato Squassina, indicando una serie di progetti all'avanguardia; ma, nello stesso tempo, continua ad autorizzare discariche nella nostra provincia. Serve un'inversione di tendenza e una drastica riduzione nella produzione dei rifiuti sia urbani che industriali - aggiunge Squassina - il rischio è quello di far pagare in futuro alla collettività dei costi inimmaginabili in termini di ambiente e salute”.

Il caso più lampante è quello della vicenda riguardante l'amianto. In Lombardia sono da bonificare 2,7 milioni di metri cubi, ma in realtà almeno il doppio secondo i tecnici che considerano anche infissi e coperture interne delle case, di questi, in provincia di Brescia ce ne sono circa 500.000 metri cubi. Ma la Regione Lombardia sta contemporaneamente autorizzando ben 3 discariche per amianto, tutte a Brescia, in particolare a San Polo, Travagliato e Montichiari, per una cubatura totale di stoccaggio di oltre 1,5 milioni di metri cubi.

Ovviamente non c'è solo amianto. Il bresciano è anche in vetta alle classifiche per le lavorazioni dell'acciaio, e l'effetto collaterale è la produzione di rifiuti speciali costituite da scarti di fonderia, scorie di seconda fusione, polveri di abbattimento fumi, tutte sostanze ricche di metalli pesanti, spesso polverizzati, pericolosi sia per inalazione sia per ingestione. Ma c'è anche la chimica, con l'azienda Caffaro che torna spesso agli onori delle cronache.

"Tenendo conto che smaltire un metro cubo di amianto costa 110 euro - dichiara Squassina - se ne deduce quali sono i ricavi per un gestore di discarica. Siamo consci dei rischi inerenti l'amianto ma questo non è assolutamente il modo di procedere. Chiediamo per questo una moratoria su tutte le aperture di nuove discariche e nel frattempo la messa in sicurezza e il controllo della dispersione delle fibre".

Al di là delle richieste del consigliere, la considerazione importante, che travalica i confini del bresciano, è che l'Italia non ha ancora un proprio piano per la riduzione e lo smaltimento dei rifiuti speciali, cioè di quei rifiuti che sono a monte del consumo, sono generati durante la produzione delle merci, frutto di processi industriali che spesso sono vecchi, e basati sul massimo profitto, senza guardare ai costi ambientali e - è bene ricordarlo - sanitari degli scarti produttivi.