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di Alessandro Iacuelli

Era il 13 ottobre 2010, un mese fa, quando a Milano l'assessore allo Sviluppo del Territorio, Carlo Masseroli, in visita ai cantieri del quartiere Bisceglie insieme al presidente di Assimpredil, Claudio De Albertis, aveva dichiarato: "E' un progetto di riqualificazione nel cuore del sistema dei parchi a ovest della città, in quello che poi sarà il grande parco delle vie d'acqua dell’Expo".

Chissà che faccia avrà fatto, quando la mattina del 10 novembre la Procura della Repubblica ha sequestrato l'area, di trecentomila metri quadri, per irregolarità nelle bonifiche autorizzate dal Comune di Milano e per la presenza di metalli tossici.

Già, è andata proprio così: presenza di metalli tossici e diossina. E' scritto questo nelle motivazioni che hanno fatto scattare il sequestro. Nei terreni sarebbero stati gettati rifiuti tossici. Nella falda acquifera sottostante é stata registrata la presenza di metalli tossici, diossina e altre sostanze cancerogene. Indagati i proprietari dei terreni: per loro le accuse sono di avvelenamento delle acque, omessa bonifica e gestione di discarica. Expo 2015 spa, la società che si occupa della gestione dell'Esposizione Universale, non risulta coinvolta.

Secondo il progetto, il parco in via di costruzione al momento del sequestro dovrebbe collegarsi a sud al Parco delle Risaie e a nord al Parco delle Cave. I progetti connessi con il parco prevedono interventi su una superficie totale di circa 750mila metri quadri, con la realizzazione di 2600 nuovi alloggi, l’80% dei quali in edilizia convenzionata, centri aggregativi per anziani e giovani, un centro per l’infanzia con un nido da sessanta posti, un asilo da novanta, un centro polisportivo, un centro polifunzionale e una residenza sanitaria per disabili.

A richiedere il sequestro dell'area sono stati il pm di Milano, Paola Pirotta e il procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Tutta l'area interessata è di proprietà Antica Acqua Pia Marcia Spa, società del gruppo Caltagirone, e della Torri Parchi Bisceglie Srl, le società che nel 2009 hanno ricevuto l’autorizzazione dal Comune a effettuare le operazioni di bonifica. Sui terreni stavano cominciando lavori di costruzione. Stando all’indagine, i terreni, che sorgono nella zona dell'ex cava di Gemignano, sarebbero stati inquinati da rifiuti tossici buttati nella cava stessa.

In conferenza stampa, il procuratore aggiunto Robledo ha raccontato che "c'era un problema grave e urgente per la salute pubblica e per questo siamo intervenuti". Inoltre, nell’ambito delle operazioni di bonifica, il Comune di Milano avrebbe rilasciato "autorizzazioni illegittime" alle società che hanno operato. Il particolare emerge in una relazione dell’Arpa e del Corpo Forestale acquisita agli atti dell'inchiesta. Nella relazione si spiega che le "procedure adottate dal Comune di Milano e avallate dalla Provincia di Milano e dall'Arpa per la messa in sicurezza dell'area sono tutte illegittime". Le autorizzazioni illegittime, inoltre, avrebbero "apportato un vantaggio patrimoniale" per le società private cui è stata data l'autorizzazione alla bonifica.

Nel giugno scorso Legambiente e un comitato avevano presentato in procura delle denuncie sulle irregolarità nelle bonifiche. Nell'ottobre scorso è stato il turno dell'Asl, che ha stilato una relazione, dopo una serie di accertamenti, in cui ha indicato che la falda acquifera è pesantemente inquinata da sostanze cancerogene, proprio su quei terreni dove dovrebbero sorgere alcuni alloggi e palazzine. Per bonificare correttamente l'area le società, a quanto si è appreso, avrebbero dovuto spendere circa 165 milioni di euro, ma in alcuni documenti acquisiti nell'inchiesta le stesse società parlavano di costi "non sostenibili" per loro.

Volontà di risparmio quindi. Volontà di profitto che ha portato i privati a "nascondere" la presenza di rifiuti tossici. Con buona pace per il "Parco delle Acque" che vi avrebbe dovuto sorgere. E' proprio questa, la tesi della procura: la bonifica non è stata fatta, si è solo fatto finta di farla, perchè sarebbe costata 700 euro al metro quadro, molto di più del valore dell'area che si aggira sui 120 euro al metro quadro. Gli inquirenti parlano della realizzazione di un "paradiso sull'immondizia".

Così, è andato sequestrato un intero quartiere in costruzione, dove sui rifiuti tossici era stato solo steso un telone. La Provincia di Milano si è affrettata a precisare che il Piano integrato di intervento è stato autorizzato dal Comune di Milano nel maggio 2009 quando l'Ente era ancora amministrato dalla Giunta Penati. La Provincia di Milano sottolinea anche che, normalmente, i Piani integrati d'intervento non presuppongono l'affidamento dei controlli ad Amministrazioni diverse da quelle autorizzatrici. I tecnici della Provincia di Milano, in ogni caso, stanno procedendo a una verifica di tutta la documentazione in possesso dell'Ente.

Questo sequestro va aggiungersi, fatalmente, a quello dell'area ex montedison, nello scorso luglio, anche quello ha interessato un cantiere per l'Expo. In quel caso, altri rifiuti tossici erano stati sepolti, ovviamente senza autorizzazione, nel nuovo quartiere Santa Giulia. Un milione di metri quadri sequestrati, per un valore di un miliardo di euro, uno dei progetti urbanistici più importanti degli ultimi anni nel capoluogo lombardo.

Indagato anche il gruppo Zunino, uno dei colossi dell'edilizia italiana. Secondo gli inquirenti i costruttori avrebbero realizzato il nuovo quartiere sopra una zona fortemente inquinata e contaminata, falsando anche la bonifica dell'aera su cui una volta sorgevano l'industria chimica Montedison e poi le acciaierie Redaelli. La falda acquifera sottostante l'area, che attualmente rifornisce di acqua potabile il nuovo quartiere di Santa Giulia, sarebbe, infatti, inquinata con alcune sostanze pericolose per l'ambiente e la salute, tra cui alcune cancerogene e altre dannose per fertilità e gravidanza.