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di Alessandro Iacuelli

Ci sono sviluppi interessanti sulla vicenda della nave Grande America e dei container scaricati in Nigeria. Nei giorni scorsi sono infatti emersi dei nuovi particolari, alcuni dei quali piuttosto inquietanti, che dovrebbero far riflettere, soprattutto in Europa, sul come funzionano le cose in Africa. Come noto, il cargo italiano, di proprietà del Gruppo Grimaldi, era stato fermato da alcuni funzionari della NESREA, Nigerian Environmental Standards and Regulations Enforcement Agency, l'agenzia governativa per la tutela dell'ambiente. Altrenotizie.org ne raccontò compiutamente(http://www.altrenotizie.org/ambiente/3562-nigeria-veleni-europei-e-navi-in-fuga.html ).

L’accusa formulata è di aver portato al terminal di Tin Can Island dei container contenenti rifiuti tossici. Fin qui, non ci sarebbe alcuna novità, visto che da anni ormai l'area del Golfo di Guinea è stata anche troppo spesso la meta finale di traffici illeciti di questo tipo, soprattutto per quanto riguarda i rifiuti elettronici.

Il primo particolare inquietante sta nel fatto che l'ufficiale della NESREA che si è presentato presso la nave non solo era in borghese, ma non ha esibito alcun documento identificativo. E c'è di più: i due container erano stati già sbarcati dalla nave. Nonostante questo, considerando la delicatezza della questione, i dirigenti della Grimaldi Agency Nigeria di Lagos, hanno confermato la disponibilità a far effettuare l'ispezione richiesta dalla NESREA, anche in considerazione del fatto che il funzionario non identificato era comunque accompagnato e presentato da funzionari della dogana.

Una volta aperti i container, a una prima ispezione (che è stata solamente visiva) è risultato che all'interno vi fossero televisori e apparecchiature elettriche ed elettroniche usate. Si tratta di un tema delicato e già noto. Finché le apparecchiature funzionano davvero e vengono effettivamente riusate in loco, non c'è nulla di male. Il problema sorge quando si tratta di apparecchiature non più in grado di funzionare. In tal caso il materiale non finisce rivenduto in mercati locali, ma accatastato in discariche spesso illegali, in cui gente sempre più disperata - spesso bambini - opera senza protezioni, esposta a sostanze e polveri micidiali, alla ricerca di materiali recuperabili e rivendibili.

In generale la quantità di rifiuti elettronici che si perdono in esportazioni legali è compresa tra le venti e le cinquantamila tonnellate all'anno, (l'importazione di materiale elettronico di seconda mano non è vietata in Nigeria). Produce traffici illegali di sostanze che si depositano sui terreni e si disciolgono fra gli acidi nei corsi d'acqua di tanti Paesi in via di sviluppo. Il trucco è quello di mascherare i rifiuti, indicandoli come "materiale in beneficenza".

Così, ogni mese arrivano a Lagos interi container di merce elettronica usata. Sulle bolle è scritto che sono "beni" che i paesi ricchi donano a quelli in via di sviluppo. Le apparecchiature però sono spesso per tre quarti spazzatura. Montagne di rottami, un concentrato di bario, mercurio, ritardanti di fiamma, cadmio e piombo, vengono bruciati, mentre cavi e circuiti stampati vengono disciolti con acidi per recuperare in modo artigianale il rame, inquinando i fiumi ed avvelenando il suolo.

Vista la delicatezza dell'argomento e la presenza effettiva di materiale elettronico, la Grimaldi ha confermato immediatamente che i container sarebbero stati riportati al porto di origine. C'è però un altro particolare che salta all'occhio: sulla nave, e negli uffici di Lagos, sono stati informati solo a voce di tutto questo, senza alcuna ingiunzione o rapporto scritto. Non ci si riferisce solo all'ispezione del carico dei due container, ma anche ad una cosa ben più grave: il sequestro della nave.

Infatti i dirigenti della Grimaldi Agency Nigeria vengono informati sempre e solo a voce che la nave non sarebbe ripartita in quanto sequestrata dalla NESREA. A questo punto, il buon senso e la logica suggeriscono di fare l'unica cosa possibile: pretendere un rapporto scritto, un'ingiunzione, un documento ufficiale.

Il dottor Ascanio Russo, Managing Director della Grimaldi Agency Nigeria, entrato in contatto con chi scrive, riceve qualcosa che lascerebbe esterrefatto chiunque: una nota scritta a mano, su un foglio di carta non intestato, sul quale è annotato a penna che la nave è sequestrata. Nessuna ingiunzione di nessun tribunale, nessun intervento della Federal High Court nigeriana. Pertanto, trattandosi di una nota scritta a mano, che legalmente non significa nulla e non rappresenta nulla, la nave ha chiesto e ottenuto l'autorizzazione a ripartire dall'Autorità portuale, dalla Dogana, dal Nigerian Immigration Services. La risposta della NESREA, stavolta ufficiale ed esposta anche a mezzo stampa (nigeriana) è stata l'accusa che la "Grande America è scappata illegalmente dopo avere scaricato dei container contenenti rifiuti tossici".

Nei giorni seguenti è seguita una controversia legale tra autorità e compagnia marittima. La Grimaldi, attraverso l'associazione che riunisce tutte le maggiori linee marittime che operano con la Nigeria, ha scritto al Ministro dei Trasporti per chiedere un incontro urgente con tutte le autorità competenti per avere chiarimenti, ed ha risposto alla NESREA, attraverso il suo legale.

Eppure, se in una una nave vengono trovati dei rifiuti tossici o dei materiali che potrebbero essere tali, occorrerebbe procedere immediatamente con una ispezione che vada oltre il semplice esame visivo. Non solo, s’imporrebbe il ricostruire la "filiera", dal mittente al destinatario. Non si capisce bene come mai ci possa essere un accanimento solo nei confronti del vettore, che conosce il carico solo dalla lettura delle polizze relative. In proposito Russo dichiara: "Nessuno si è ufficialmente rivolto a noi per chiedere informazioni sullo spedizioniere o sul ricevitore. L'attenzione della NESREA è stata interamente focalizzata sul vettore marittimo".

Eppure, il vettore riceve i container nel porto di partenza già a valle dei controlli doganali. In particolare, la Grande America proveniva dalla Gran Bretagna, dove controlli e tracciamenti delle merci e dei rifiuti speciali sono molto più serrati rispetto alla nostra Italia, dove il sistema di tracciamento Sistri è ancora in fase sperimentale.

Le dogane nel Regno Unito lavorano con un sistema informatizzato, che riceve le dichiarazioni per l'export direttamente dagli spedizionieri e ne verifica la correttezza, facendo riferimento ad un database che rileva oltre alla correttezza formale della dichiarazione anche il rischio associato ad ogni spedizione. Come ricorda Russo, "nel caso specifico i container sono stati verificati e dichiarati idonei per l’export dalle dogane del Regno Unito e solo su questa base l’autorità portuale di Tilbury ha autorizzato l'imbarco dei container".

Sembrerebbe inoltre che le autorità nigeriane non abbiano approfondito la questione con le autorità inglesi. Non solo: come dichiara Russo, "per quanto ne sappiamo nessuno ha contattato i ricevitori di questo carico". Solo il primo novembre scorso, la stessa NESREA ha confermato che l'annuncio della partenza non autorizzata della Grande America non era corretto scusandosi per il clamore sollevato

Il dottor Ascanio Russo ha anche dichiarato che "il Gruppo Grimaldi non intende in alcun modo essere associato a questo traffico ed è per questo che, malgrado la sua assoluta estraneità al trasporto in oggetto e il meticoloso rispetto di tutte le normative in materia, si è fatto promotore presso tutti i gruppi armatoriali operanti in Nigeria (che sono i primi dieci gruppi mondiali nel traffico container) di un’iniziativa prudenziale tesa a bloccare questo traffico, nell’attesa che le autorità competenti definiscano in maniera univoca il problema e ne regolamentino il commercio."

Ma l'azione più responsabile, anche se drastica, è che "dopo questo spiacevole evento il Gruppo Grimaldi si è fatto promotore attraverso l’associazione che riunisce i maggiori gruppi armatoriali che lavorano in Nigeria di una iniziativa che di fatto ha bloccato tutto l’export di materiali elettrici ed elettronici usati verso la Nigeria."

Si potrebbe trattare di un vero punto di svolta. Se fino ad oggi è stato possibile far entrare in Nigeria scarti del nostro consumo occidentale, è perché in quel Paese manca un quadro normativo chiaro, un assetto legislativo moderno che sappia contrastare le attività criminali in campo ecologico. In assenza di leggi adeguate, la via di salvezza viene proprio dagli armatori; infatti, il risultato della scelta di bloccare l'export di materiali elettronici rende oggi praticamente impossibile spedire in Nigeria alcun prodotto elettrico di seconda mano.

Certamente non è la soluzione ottimale. Infatti, come ricorda Russo, "si tratta naturalmente di un'azione drastica ed estremamente prudenziale, che di fatto blocca anche il traffico legale e regolare di prodotti elettrici usati certificati con grave danno per gli importatori onesti di questi prodotti. Tale azione, però, è stata ritenuta necessaria per evitare che in qualsiasi modo il Gruppo Grimaldi potesse essere associato ad un traffico illegale".

La questione tra compagnia e NESREA è arrivato fin dentro l'aula del Senato nigeriano, dove è stata nominata una commissione di inchiesta proprio per investigare sul caso della scomparsa della Grande America. In questi ultimi giorni, la commissione ha chiuso definitivamente il "caso", con una sonora reprimenda nei confronti della NESREA.

Caso chiuso quindi. Con il particolare, che in passato "Ci sono stati almeno due altri casi dei quali siamo a conoscenza. Quello della Vera D dell’armatore israeliano ZIM Lines e quello della Maersk Nashville dell’armatore danese Maersk Lines. Anche in questi casi per quanto ne sappiamo la NESREA ha agito senza alcun mandato dei tribunali".

Ci si augura che questa serie di "incidenti" possa spingere il governo nigeriano, ma anche quello degli altri Paesi dell'area del Golfo di Guinea, a riconsiderare la propria legislazione in materia di rifiuti industriali. Perché è anche di questo, che l'Africa ha bisogno: commerciare senza farsi avvelenare. Il primo passo potrebbe arrivare proprio dal comportamento responsabile di una società napoletana come la Grimaldi (interamente partenopea), con l’iniziativa di cui si sono fatti promotori con tutti gli operatori navali presenti in Nigeria, per contrastare i traffici sospetti di materiale elettronico. Forse drastica, ma inevitabile, in attesa di una normativa chiara e di politiche industriali dell’import-export che la rispettino.