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di Massimiliano Ferraro

La famigerata superpetroliera Exxon Valdez, responsabile di uno dei peggiori disastri ambientali della storia, potrà essere presto demolita ad Alang, in India. Lo ha stabilito ieri la Corte Suprema indiana al termine di un contenzioso che nei mesi scorsi ha contrapposto gli ambientalisti alla Best Oasis Ltd, la società che aveva acquistato la nave al solo scopo di poterla smantellare.

«È sconcertante che ad un'imbarcazione con a bordo materiali tossici sia concesso ancora una volta di entrare nelle acque territoriali indiane», ha dichiarato dopo la lettura della sentenza l'attivista Gopal Krishna. Nello scafo e nella stiva della Exxon Valdez sarebbero infatti ancora presenti una grande quantità di residui nocivi come olio, mercurio, amianto, arsenico e altri metalli pesanti.

Gli ecologisti indiani non ritengono dunque soddisfacente la decisione del tribunale di imporre alla società armatrice di accollarsi interamente il costo dello smaltimento delle sostanze tossiche presenti a bordo. «Il solo permesso di attracco», insiste Krishna, «stravolge quanto stabilito dalla Corte pochi mesi fa, impedendo l'arrivo della ex petroliera perché non adeguatamente decontaminata».

Storia di un “mostro” dei mari. Trecento metri di lunghezza, trentamila tonnellate di stazza e la capacità di trasportare duecentomila tonnellate di petrolio, la Exxon Valdez è una nave che nessuno vuol più vedere navigare. Il suo nome  è divenuto tristemente noto il 24 marzo 1989 quando, in seguito alla collisione con una scogliera dello stretto di Prince William, in Alaska, la nave riversò in mare oltre 40 milioni di litri di petrolio. La fuoriuscita contaminò 1900 chilometri di costa, mise in ginocchio l’economia locale basata sulla pesca e provocò danni incalcolabili all’ecosistema marino (250.000 uccelli marini, 2.800 lontre, 300 foche, 250 aquile e 22 orche perirono nei giorni successivi al disastro).

Nel 1991 la Exxon Mobil, proprietaria della petroliera, venne condannata dal governo degli Stati Uniti al risarcimento record di un miliardo di dollari. Le operazioni di ripulitura toccarono invece l’astronomica cifra di 2 miliardi di dollari, che non servirono comunque ad impedire dei danni irreparabili all’ambiente. Ancora oggi dei residui di petrolio persistono in alcuni luoghi dell’Alaska. Secondo delle stime la percentuale di inquinanti sta diminuendo solo del 4% all’anno e ci vorranno quindi decenni, forse secoli, perché scompaiano del tutto.

Dopo l’incidente del 1989 la Exxon Mobil ha speso 30 milioni di dollari per riparare lo scafo della sua nave, alla quale nei successivi ventitré anni è stato cambiato più volte proprietà e nome (Exxon Valdez, Exxon Mediterraneo, Mar Mediterraneo, Mediterraneo, Dong Fang Ocean), prestando servizio in almeno tre diverse aree geografiche tra cui quella mediterranea. Dal 2002, dopo che anche le leggi europee hanno reso più difficile la navigazione delle petroliere a scafo singolo, la Valdez ha operato principalmente sulle meno controllare rotte asiatiche.

Nel 2008 la nave è stata venduta alla compagnia Bloom Shipping Ltd con sede a Hong Kong, assumendo il nome di Oriental Nicety e smettendo definitivamente di trasportare petrolio. Nei mesi scorsi l’ennesima compravendita ha attirato nuovamente l’attenzione sulla sfortunata imbarcazione. La Best Oasis Ltd, controllata dalla società indiana Priya Industries Blue, ha confermato di aver acquistato l’ex petroliera per una cifra stimabile attorno ai sedici milioni di dollari.

Anche se gli ambientalisti continuano a considerarla una nave “tossica”, nei cantieri navali di Alang dove le leggi a tutela del personale e dell'ambiente sono pressoché inesistenti, la notizia del prossimo arrivo della Exxon Valdez non preoccupa nessuno. «Non è più una petroliera, non credo ci sia pericolo per i lavoratori che la smonteranno», aveva detto a marzo il direttore di uno dei cantieri.
In realtà rottamare una qualsiasi imbarcazione obsoleta fa sempre venire in contatto gli operai che vi lavorano con grandi quantità di sostanze altamente nocive. L’amianto è il materiale più comune e più pericoloso.

La Exxon Valdez è quindi soltanto un esempio di ciò che accade continuamente nei cantinieri del sud-est asiatico, dove viene demolito di tutto: dalle vecchie navi da crociera, con all’interno tonnellate di amianto, alle portaerei; dalle navi cisterna con residui di greggio nei serbatoi ai mercantili carichi di rifiuti tossici. Un inferno nel quale ogni giorno lavorano a mani nude migliaia di esseri umani.