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di Maurizio Coletti

Il programma dell’Unione è stato definito lungo, eccessivamente prolisso, di difficile e noiosa lettura, forse, e di un filo di genericità che lascia spazio ad interpretazioni. Così non è per i temi della droga: lì troviamo scritto qualcosa di chiaro: “Il decreto legge del governo sulle tossicodipendenze deve essere abrogato”. Qualcosa che si presta poco a dubbi ed interpretazioni. Appare quindi strano vedere il leader dell’Unione che sembra avere saltato la lettura delle 19 righe del suo programma che sono dedicate al tema, sotto l’esplicito titolo: Educare, prevenire, curare. Non incarcerare. Per le tossicodipendenze non servono né il carcere né i ricoveri coatti”. Interrogato sul tema specifico a “Porta a porta”, Prodi l’ha presa un po’ larga. L’Italia ha bisogno di tranquillità, di certezze “… su un tema così delicato…”. “Ma la cambierà?” “…non è una legge organica… è puramente repressiva…” “Ma cosa farete?” “… a tempo debito. Una legge con contenuti educativi, anche di aiuto reale. …una bella riflessione…”. Non va. Ne vanno di mezzo coloro che ricevono il farmaco a casa perché malati (di Aids, per esempio), perché limitati dagli arresti domiciliari o perché risiedono temporaneamente in una Comunità residenziale di trattamento. L’interruzione del trattamento metadonico può comportare conseguenze molto gravi; la crisi di astinenza è devastante e pericolosissima.
Fosse anche solo per questo, si potrebbero avere dubbi? Incertezze? Cautele?
Non va. L’Unione si deve impegnare in maniera non ambigua sull’abrogazione del decreto incriminato, poi pensare ad una nuova legge.
Che dovrà essere incardinata su due elementi fondamentali, inscindibili e complementari: la difesa dei diritti delle persone e l’aumento delle risorse destinate agli interventi. Sarà un percorso non facile, ma incamminarsi con il fardello della schifezza è semplicemente inconcepibile.

Si capisce che Prodi voglia accreditare l’Unione come forza tranquilla, non devastatrice. Occorre convincere ancora qualcuno che non si tratta di una banda di cosacchi del Don (a proposito, ma i cosacchi non erano controrivoluzionari?) pronti ad abbeverarsi alle fontane di San Pietro.
Ma, su alcune cose, si deve partire senza incertezze.
Altrimenti Prodi rischia le stesse manifestazioni, gli stessi cortei, le stesse contestazioni, i distinguo, le opposizioni che stanno piovendo sull’agonizzante governo Berlusconi da quando ha imboccato la strada del decreto-a-tutti-i-costi.
Il movimento composito che si è cementato nella lotta contro le sciagurate proposte (ora legge dello Stato) di Fini e Giovanardi non è disponibile ad alcuna mediazione.
Vuole proseguire a gestire direttamente la partita.
Ora tocca a Prodi: dica presto qualcosa di definitivo sull’abrogazione della Fini-Giovanardi. Di salute si tratta.