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di Sara Michelucci

Il dramma della violenza sulle donne è reso sapientemente nell’opera firmata da Serena Dandini, Ferite a Morte. Il doppio registro, drammatico e ironico, scelto dalla regista per raccontare la morte subita dalle donne per mano dei loro uomini, fa si che ci si trovi di fronte a un’opera di grande valore, che porta lo spettatore di fronte a un dramma quotidiano. Il femminicidio lascia dunque lo spazio della mera cronaca e si “eleva” a tema affrontato sulla scena teatrale, ma in maniera diretta, sotto forma di racconto dall’aldilà.

Un’antologia di monologhi sulla falsariga della famosa Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, costruita con la collaborazione di Maura Misiti, ricercatrice del Cnr. I testi attingono alla cronaca e alle indagini giornalistiche per dare voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un familiare. Scarpe rosse e abiti neri per Lella Costa, Orsetta de’ Rossi, Giorgia Cardaci e Rita Pelusio che si alternano sulla scena e narrano la storia di differenti donne.

Un’occasione di riflessione, un tentativo di coinvolgere l’opinione pubblica, i media e le istituzioni. “Tutti i monologhi di Ferite a morte - spiega Serena Dandini - ci parlano dei delitti annunciati, degli omicidi di donne da parte degli uomini che avrebbero dovuto amarle e proteggerle. Non a caso i colpevoli sono spesso mariti, fidanzati o ex, una strage familiare che, con un’impressionante cadenza, continua tristemente a riempire le pagine della nostra cronaca quotidiana. Dietro le persiane chiuse delle case italiane si nasconde una sofferenza silenziosa e l’omicidio è solo la punta di un iceberg di un percorso di soprusi e dolore che risponde al nome di violenza domestica. Per questo pensiamo che non bisogna smettere di parlarne e cercare, anche attraverso il teatro, di sensibilizzare il più possibile l’opinione pubblica”.

Il teatro, quindi, diventa condivisione e denuncia, grido d’allarme verso una società che deve cambiare la sua base culturale, prima di tutto, per poter sopperire a tali atrocità. Ed è proprio questo il messaggio che viene lanciato dal palcoscenico. Gli omicidi, basati sul genere, si manifestano in forme diverse, ma ciò che accomuna tutte le donne del mondo è proprio l’uccisione a seguito di violenza pregressa subita nell’ambito di una relazione amorosa.

Sono delle morti annunciate e i numeri in Italia sono drammatici: muore di violenza maschile una donna ogni due o tre giorni. Ma non esiste, in realtà, un monitoraggio nazionale che metta insieme i dati delle varie associazioni. Una situazione che va guardata in faccia e su cui non può calare il silenzio.