Stampa
di Alessandro Iacuelli

Risale agli anni novanta il dubbio che dall'impianto nucleare dell’Itrec di Trisaia, in Basilicata, sia stato sottratto materiale nucleare. All’inizio si trattava di voci flebili. Poi nel tempo emersero alcuni particolari: il carico sarebbe stato consegnato all’Iraq, forse grazie ad intermediari della ‘ndrangheta. L’Itrec venne costruito col compito, strategico per l’Italia dell’epoca, di ricavare uranio con un buon grado di purezza a partire da materiali radioattivi di scarto, in modo efficiente. Oggi viene desecretato un documento dell'agenzia di intelligence statunitense, nel quale si descrive come nel '79 e nel '82 "la Snia-Techint, attraverso il Cnen" effettuò tre vendite al regime di Saddam Hussein, che intendeva dotarsi di armamenti atomici. Nei decenni scorsi, l’ipotesi è sempre stata smentita da chiunque avesse responsabilità nella gestione dell’impianto, vanificando la lunga inchiesta del magistrato Nicola Maria Pace, della procura di Matera. Lo stesso Pace inciampò nella questione per puro caso, mentre indagava su alcuni incidenti avvenuti in quell’impianto nel ‘93 e nel ‘94. Così, coinvolgendo cinque dirigenti Enea con capi di imputazione come lo “smaltimento abusivo di rifiuti nucleari”, nel 1998 chiuse le indagini e si traferì a Trieste. Nel 2000 l’inchiesta riprende. Se ne occupa il procuratore di Potenza, Giuseppe Galante, che segue una pista investigativa fornita dalla DDA, la Divisione Distrettuale Antimafia. Compare l’ombra della ‘ndrangheta sull’affare. In pratica, sommando le inchieste di Pace e di Galante, sono quasi quindici anni che in Basilicata s’indaga sul carico fissile che, dall’Impianto Trattamento Elementi Combustibili (Itrec) di Trisaia sarebbe giunto fino in Iraq.

Un’inchiesta difficile, partita con l’intento di verificare come l’Enea gestiva l’Itrec e se c’erano pericoli per la popolazione, e proseguita poi in vari filoni, incluso quello dell’ipotesi che un carico nucleare sia stato addirittura rubato dall’impianto e poi spedito in Iraq. Un'inchiesta fatta di depistaggi, omissis, segreti di Stato: un grande muro di gomma.

Oggi, si arriva all’assurdo del dover ringraziare un paese straniero, l’America, e il suo “Freedom Of Information Act”. Con questa legge è stato desecretato e pubblicato un corposo rapporto della Cia . Vi si legge che “nel giugno del 2004, un team congiunto dell’Agenzia internazionale dell’Energia atomica (Aiea) e della Coalizione, verificò le scorte di uranio dell’Iraq, scorte che comprendevano sia il materiale importato, sia quello prodotto in loco prima del 1991”.

Trovare sul mercato dell'uranio 235 non è affatto semplice, deve essere estratto da materiali che lo contengono. “Durante gli anni Settanta e i primi anni Ottanta”, continua il documento della Cia, “l’Iraq acquistò uranio in varie forme dal mercato internazionale. Questi materiali includevano circa 33.470 kg di diossido d’uranio naturale, 1.767 kg di diossido d’uranio a basso livello d’arricchimento, e 6.005 kg di diossido di uranio impoverito da Portogallo, Italia, Nigeria e Brasile”.

Che cosa è stato venduto dall’Italia all’Iraq? Secondo la Cia, il 12 dicembre del 1979, dal nostro Paese sono partiti tre carichi: uno di diossido d’uranio impoverito, e due di diossido d’uranio naturale, per complessivi 4.506 chili. Poi, il 18 maggio del 1982, è toccato ad altri 1.800 chili.

Il rapporto della Cia dice che in tutti e quattro i casi l’Aiea sapeva e che l’azienda che s’è occupata di vendere la merce atomica era "la Snia-Techint, attraverso il Cnen". Il Cnen era il "Comitato nazionale per l'energia nucleare". Nacque nel 1960, per promuovere lo sviluppo dell’energia nucleare per usi civili. Nel 1982, una legge lo trasformò in Ente Nazionale per l’Energia Atomica, mentre oggi è diventato Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente: in sigla, Enea.

Sull'indagine fanno quindi luce gli americani. Nonostante, secondo il procuratore Galante, già fossimo in possesso di tutti gli elementi per giungere alla verità. Pace, negli anni precedenti, aveva già dimostrato che un centinaio di scienziati e tecnici pakistani e iracheni furono istruiti in Basilicata. A quanto è dato sapere, soltanto le lezioni apprese dai primi sono state feconde: il Pakistan si prepara a festeggiare il decennale dal suo primo test atomico. Oggi, dopo la pubblicazione del documento della CIA, le indagini potrebbero avere nuovo impulso e magari giungere a conclusione. Ma anche Galante ha lasciato l’incarico in Basilicata e si attende che il CSM nomini chi lo sostituirà.