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di Alessandro Iacuelli

La nuova disputa tra l'Ucraina e il colosso energetico russo Gazprom potrebbe ripercuotersi sulle forniture russe di gas all'Europa? E' quello che si chiedono analisti, governi e cittadini, anche se da Mosca smentiscono. E' la seconda guerra del gas, quella che sta avvenendo tra Russia e Ucraina in questi giorni. Kiev si è vista ridurre di un ulteriore 25% le forniture da Gazprom e minacciare di altre decurtazioni se non tornerà al tavolo delle trattative per il mancato pagamento di un debito di 600 milioni di dollari e la firma di nuovi accordi energetici bilaterali. Con una riduzione complessiva del 50% delle forniture, l'autonomia delle riserve ucraine passa da quattro a due settimane, avvicinando il rischio di prelevamenti del metano russo destinato all'Europa, come si verificò nella prima guerra del gas all'inizio del 2006. La risposta ucraina è stata, adducendo come motivo la mancanza dei documenti necessari, il divieto d'ingresso in due centrali di controllo a due osservatori indipendenti della compagnia Sgs, assoldati da Gazprom per monitorare il passaggio del gas russo indirizzato all'Europa occidentale attraverso il territorio ucraino. Segnali poco incoraggianti, anche se il ministro degli esteri ucraino, Volodymyr Ohryzko, ha assicurato che il suo governo "farà il possibile perché le forniture di gas alla Ue proseguano normalmente", dicendosi fiducioso su una rapida soluzione del contenzioso. Intanto il commissario europeo all'energia Andris Piebalgs ha annunciato una riunione degli esperti del gruppo di coordinamento europeo, che preparerà una risposta comune alla situazione. In serata Iushenko, telefonando al presidente di Gazprom Dmitri Medvedev per congratularsi per la sua elezione al Cremlino, ha ricevuto un sollecito ad intensificare gli sforzi per risolvere il problema, nel rispetto degli accordi presi il 12 febbraio dal presidente uscente Vladimir Putin e dallo stesso Iushenko.

In Italia non dovrebbero esserci problemi, secondo il ministro dello Sviluppo Economico Pier Luigi Bersani, che afferma: "Non ci sono motivi di allarme per il funzionamento del sistema del gas naturale italiano. Anche se si dovessero verificare tra alcuni giorni limitazioni nelle consegne come accadde nel gennaio del 2006, non vi sono preoccupazioni per la copertura del fabbisogno fino alla fine dell'inverno. Si può traguardare con ragionevole sicurezza – ha aggiunto Bersani - fino ai prossimi mesi grazie alle misure preventive adottate sin dal 30 agosto del 2007 e in particolare all'obbligo di massimizzare le importazioni di gas da tutti i punti di importazione, che è stato attivo nella misura del 100% sin dall'inizio di novembre e che attualmente è passato al 90% della portata massima”.

A detta del ministro, “l'andamento climatico complessivo dell'inverno in corso, che continua a rivelarsi particolarmente mite, unito al piano di prevenzione adottato la scorsa estate, hanno infatti consentito di mantenere ad un alto livello le scorte di stoccaggio di gas nei giacimenti sotterranei italiani, che sono ancora pari a circa il 40% del valore di partenza di novembre e di mantenere intatta la scorta strategica di gas di ulteriori 5,1 miliardi di metri cubi".

Intanto, Gazprom continua ad insistere per avere accesso al mercato italiano del gas e la questione sta provocando qualche frattura nei rapporti con il partner italiano Eni. Infatti, dopo aver aiutato il gruppo energetico italiano ad ottenere rifornimenti in Russia, Gazprom si attendeva di essere abilitata a comprare significanti pertecipazioni della rete di trasporto del gas Eni, la Snam Rete Gas Spa. Eni però nega di aver dichiarato che il patto avrebbe coinvolto Snam e inoltre la sua unità di magazzino Stogit è pronta a vendere il 3 percento del pacchetto in Enipower.

In questi giorni Gazprom sta ora cercando di comprare la compagnia Toscana Energia, il che viene visto da molte fonti come un tentativo di stravolgimento del mercato italiano, che ancora oggi si esprime quasi in regime di monopolio: "Il grado di concorrenza nel settore del gas è tutt'ora molto insoddisfacente", lo dice senza mezzi termini Alessandro Ortis, presidente dell'Autorità per l'energia: "La rete del gas è un monopolio tecnico naturale: proprio per questo deve essere 'terza' rispetto a tutte le aziende italiane e non". Se si considera la forte dipendenza dell'Italia e di tutta l'Europa dalle forniture energetiche russe e se si considerano i grandi interessi dell'Eni e di Enel in Russia, appare chiaro che uno scontro frontale non è auspicabile.

Per quanto riguarda il trasporto del gas attraverso l'Europa, lo scorso 28 febbraio è stato firmato a Mosca l'accordo che formalizza l'ingresso dell'Ungheria nel progetto South Stream, lanciato lo scorso giugno da Eni e Gazprom. In base all'accordo, il tratto del gasdotto su territorio ungherese avrà capacità non inferiore a 10 miliardi di metri cubi l'anno, verrà costruito da una joint-venture paritaria al 50% tra Gazprom e la compagnia energetica ungherese Mol. E' previsto un investimento complessivo di 10-14 miliardi di dollari, con 1,5 miliardi da parte dell'Ungheria.

Come sottolineato dal premier Ferenc Gyursany, l'adesione di Budapest a South Stream non va intesa come opposta alla partecipazione al progetto di gasdotto "Nabucco". L'Ungheria intende infatti restare tra i Paesi che promuovono la costruzione di un metanodotto che porti gas all'Europa transitando anche via Turchia, Bulgaria, Romania ed Austria. Il South Stream ha già incassato invece la partecipazione di Serbia e Bulgaria prima dell'Ungheria, e dopo i due Paesi “fondatori”, Russia e Italia.