Stampa
di Luca Maio

Entro la fine del 2008 o al massimo nei primi mesi del 2009, aprirà in Italia la prima banca islamica, un istituto creditizio che basa la sua regolamentazione rispettando le regole della Sharia, ovvero l’insieme delle leggi che derivano dal Corano. Già nel 2007 è stata rafforzata la collaborazione economica, politica e sociale tra i paesi arabi e l’Italia e sono stati sostenuti i rapporti finanziari attraverso un centro di cooperazione e di dialogo gestito dalle due associazioni bancarie, ossia dall’Unione delle Banche Arabe (Uab), presieduta dall’Adnan Yousif e dall’ Associazione Bancaria Italiana, capeggiata da Corrado Fissola. La notizia era stata annunciata nell’ambito della seconda giornata del Forum Internazionalizzazione, svoltosi a Roma nel settembre dello scorso anno, durante la presentazione del memorandum siglato da entrambe le associazioni. Grazie a tale intesa la ricerca negli studi economici e finanziari universitari italiani hanno aumentato l’interesse intorno a tema, creando un Master sulla finanza islamica all'Università “La Sapienza" di Roma che è già iniziato ad ottobre di questo anno. In Europa, l’espansione delle banche islamiche è in continua crescita, in modo particolare in Francia, in Germania e in Olanda, ma è in Gran Bretagna che si sta realizzando il centro più importante della finanza islamica del vecchio continente.

A Londra sono infatti già presenti due dei più rilevanti istituti creditizi che seguono le regole dei finanziamenti islamici e le regole della “Sharia”, poiché ad alimentare la domanda di prodotti finanziari islamici vi è una combinazione di investimenti nazionali - da parte di cittadini islamici residenti nel Regno Unito - e d’investimenti internazionali, provenienti dagli stati produttori di petrolio del “Gulf Cooperation Council”.

I principi della legge divina islamica, in quest’ ambito, prevedono delle modalità diverse dalla visione economica occidentale poiché nel Corano, ovvero il libro sacro dei musulmani, vi è la ferma condanna del prestito ad interesse che viene espressa in evidente contrapposizione della Zakat ossia dell’elemosina (cioè uno dei cinque pilastri dell’Islam). Attraverso i precetti islamici si sono “concretizzati” delle forme di finanziamento, definiti “bond islamici” o “sukuk” (suk in arabo significa mercato ndr) ovvero strumenti di raccolta di capitali che hanno caratteristiche simili a quelle di un’obbligazione convenzionale, con la differenza che, per rispondere alla legge coranica, si basano solo su attivita' patrimoniali.

Rispetto ai normali bond occidentali, tali obbligazioni non pagano i tassi d’interesse sul denaro - considerati usura, quindi peccaminosi - ma sulla base dei profitti originati da quel denaro una volta investito in una “reale” attività economica. In sostanza, il denaro può essere solo investito in settori compiacenti alla legge divina e sarà il profitto o l’utile di questi che porterà benessere nei conti correnti del credente islamico. Un'altra differenza, rispetto ai bond classici occidentali è che i musulmani non possono investire in settori contrastanti la legge divina islamica, come l’allevamento dei suini, dei casinò e dei giochi d’azzardo speculativi, delle armi, dell'industria dei vini e dei liquori, del tabacco e del porno-business.

L'Inghilterra sarà il primo paese occidentale a emettere buoni del tesoro compatibili con la legge coranica. La vendita di “sukuk” con il marchio della monarchia britannica è stata annunciata, questa estate, dal ministro del Tesoro Kitty Usher. L'obiettivo dell'esecutivo inglese è di attrarre i capitali dai paesi arabi, cresciuti a dismisura con l'aumento del prezzo del petrolio. Nel 2004 la loro emissione ha raggiunto la quota dei 7,2 miliardi di dollari, mentre nel 2006 il loro valore ha raggiunto la quota dei 27 miliardi di dollari. Lo scorso anno sono state emessi “sukuk” con quote superiori ai trenta miliardi di dollari e, secondo stime recenti, nei prossimi tre anni governi e società dovrebbero emettere tali obbligazioni per più di trenta miliardi di dollari l’anno, portando le dimensioni di questo segmento del mercato a più di 150 miliardi di dollari. La crescita vertiginosa della finanza islamica è dovuta alla grande disponibilità di denaro liquido nei paesi produttori di petrolio e all'“allargamento” della base economica nel mondo musulmano. Tutto ciò potrà apportare un nuovo passo in avanti verso l’integrazione culturale in Europa e, in special modo in Italia?