Si può parlare quanto si vuole, in questi giorni, di tagli sulle spese,
di recupero del PIL, di azioni che il governo deve intraprendere. Per certi
versi però sorprende che a livello istituzionale ci sia un'attenzione
per certi versi scarsa, o quanto meno al di sotto di quanto dovrebbe essere,
nei confronti del bene più prezioso, quello in grado di muovere merci,
economie, titoli in borsa, fabbriche, ed anche eserciti: l'energia.
Quello del piano energetico nazionale era ed è uno dei banchi di prova
fondamentali al quale si attende il governo in carica, soprattutto dopo la crisi
artificiale di questo inverno che ha riguardato il gas, crisi che ha permesso
alla russa Gazprom di diventare il terzo gruppo industriale del mondo,
scavalcando addirittura Microsoft e che ha reso l'Italia terra di conquista
per le speculazioni energetiche mondiali, proprio perché il nostro Paese
gioca la partita a scacchi dell'energia senza un piano strategico. Fuori dallo stivale invece i piani strategici si fanno e si passa in estate
alle azioni tattiche, per arrivare al prossimo inverno ben posizionati su uno
di quei mercati, che non dovrebbe essere così liberalizzato. Con una
bassa attenzione da parte dei mass media, come se i cittadini non dovessero
comprendere a chi pagheranno in futuro le proprie bollette.
Questo è il quadro in cui si sta giocando la campagna di conquista dell'Italia.
Nel gennaio del 2006 l'Eni ha offerto all'asta una capacità di trasporto
supplementare di 3.2 miliardi di metri cubi di gas all'anno, a partire dall'ottobre
del 2008, tramite il TAG, il gasdotto del Tarvisio, attraverso il quale il metano
russo arriva in Italia. Tutti i 149 partecipanti alla gara, 61 aziende municipalizzate,
31 grandi consumatori industriali, 19 colossi stranieri del gas, 28 società
di intermediazione e 10 società finanziarie, si sono visti assegnare
un lotto da 22 milioni di metri cubi all'anno ciascuno, una quantità
molto ridotta. Nessuno ha fatto la parte del leone.
Gazprom ha immediatamente contestato il risultato della gara. Il vicepresidente
del colosso russo, Alexander Medvedev, ha dichiarato a RaiNews24 che
"è ridicolo che ci siano quasi centocinquanta piccoli operatori
che hanno acquisito il diritto di portare il gas in Italia senza disporre ancora
di un contratto di fornitura con la stessa Gazprom."
Nell'intenzione dei russi c'è ovviamente una "corsa al rastrellamento"
per acquistare i piccoli lotti e divenire principali utenti di gas attraverso
il Tarvisio. Obiettivo che credevano certo, dopo le manovre energetiche di gennaio
e febbraio.
Ancora lo stesso Medvedev, visti i risultati positivi di "colonizzazione"
dell'Italia dello scorso inverno, ottenuti grazie all'allora governo italiano
sempre pronto a far favori "all'amico Putin", sfida l'Eni cercando
di diventare direttamente interlocutore degli utenti italiani finali, cioè
nelle case; dice infatti, sempre a RaiNews24: "Credo che gli Italiani
possano avere molta fiducia. Con Gazprom il metano sarà consegnato
con puntualità e a un prezzo competitivo".
Mentre ogni Paese dell'Unione Europea pianifica la gestione del proprio gas,
qui in Italia ci dovremmo preparare a vedere il Paese sommerso da bollette forse
scritte in russo.
Il 20 giugno l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni ha incontrato
a Mosca il suo omologo della Gazprom, Alexei Miller. Secondo lo stesso
Scaroni, l'incontro "è solo una tappa di un percorso complicato".
Nella stessa giornata di martedì, c'è stato anche l'incontro tra
Romano Prodi e Vladimir Putin. Impossibile che non si sia parlato del delicato
tema dell'energia e dei rapporti Eni-Gazprom. Ai giornalisti che gli
chiedevano circa questo argomento, il Presidente del Consiglio ha risposto:
"Credo proprio di sì, abbiamo creato un clima di maggiore cooperazione
non solo con Eni ma molto anche con Enel e altri".
Prodi ha comunque precisato che "io rappresento l'Italia, non rappresento
soltanto Eni. Eni è una società ma ci sono anche una serie di
progetti dell'Enel. Abbiamo fatto riferimento, in una cena con Putin dopo la
conferenza stampa, alla partecipazione di Enel nel sistema produttivo dell'elettricità
russa, del petrolio del gas e della distribuzione. Putin ha manifestato il desiderio
russo di poter arrivare al mercato italiano anche direttamente". Già
precedentemente, infatti, Putin aveva detto: "Il
rapporto con l'Italia è una priorità".
C'è un solo argomento che manca, del quale non si vede traccia: la convocazione
della tanto attesa Conferenza Nazionale sull'Energia, con la quale gettare le
basi per una pianificazione nazionale dell'approvvigionamento energetico in
Italia. Conferenza che il precedente governo, attraverso l'allora ministro Scajola,
ha accuratamente evitato e rinviato ad un generico "dopo le elezioni politiche".
Anche sul fronte della concorrenza a Gazprom le acque si muovono.
Camfin e Gaz de France hanno annunciato la nascita della joint
venture Energie Investimenti, che per dimensione e per capitale è
il quarto operatore italiano nel settore della distribuzione e vendita di gas
naturale, che intende crescere anche attraverso acquisizioni.
Energie Investimenti avrà partecipazioni per un miliardo di euro,
sarà detenuto al 60% da Camfin e al 40% dal gruppo francese.
A tale proposito, l'Amministratore delegato di Gaz de France, Jean-Francois
Cirelli, ha dichiarato che "oggi siamo il numero quattro in Italia con
una quota di mercato del 4%, l'obiettivo di lungo termine è crescere
al 10%".
Riserbo assoluto sulle possibili future acquisizione. Il presidente di Camfin
chi sarà mai? E' Marco Tronchetti Provera. Come sembra piccolo il mondo
In futuro sarà possibile l'ingresso di nuovi soci, ma il controllo della
società sarà sempre ripartito tra Camfin e Gaz de France.
Così, mentre da oriente la Russia aggredisce il mercato italiano, da
occidente ci pensano i francesi a cercare di fare altrettanto. Al centro resta
il territorio della penisola. Da conquistare.
Impossibile prevedere come sarà il prossimo inverno, chi giocherà
con il freddo per far salire il proprio prezzo del gas; certo è che,
soprattutto grazie al quinquennio Berlusconi, la Gazprom di Putin parte
avvantaggiata. Chissà, forse non è un caso se la corsa al controllo
del gas naturale, a livello mondiale, la stia vincendo, al punto di giungere
alla soglia di una posizione monopolistica globale, l'unica azienda del settore
che non è, e non sarà mai, privatizzata. Destinata a rimanere
a capitale interamente pubblico.