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di Eugenio Roscini Vitali

Mercoledì 27 giugno, a Londra, è morto Ashraf Marwan, sessantaduenne genero dell’ex-presidente egiziano Gamal Abdel Nasser e, secondo gli israeliani, informatore dell’Istituto per l'Intelligence e per i Servizi Speciali dello Stato di Israele (Mossad) durante la guerra del Yom Kippur, il conflitto combattuto dal 6 al 24 ottobre 1973 tra Israele e una coalizione araba composta da Egitto e Siria. Da quanto riportato dall’agenzia di stampa egiziana Mena, Marwan sarebbe deceduto cadendo dal balcone della sua residenza londinese, dove viveva da anni dopo essersi ritirato dalla scena politica ed aver lasciato l’Egitto. La polizia della capitale britannica, che non ha reso noto il nome della vittima ma si è limitata a parlare di un uomo di affari egiziano, ha confermato la causa del decesso, anche se non ritiene ancora chiara la dinamica dell’incidente. L’agenzia Reuters ha pubblicato le dichiarazioni della domestica rilasciate al capo della comunità egiziana in Europa, Essam Abdel Samad, secondo cui, al momento della morte, Marwan si trovava nel suo studio al quinto piano del Carlton House Terrace e, oltre lei, nell’appartamento non erano presenti altri ospiti. Nato al Cairo nel 1944, dopo gli studi, Marwan intraprese la carriera del padre, ufficiale nella guardia presidenziale di Nasser, e si arruolò nell’esercito. Nel luglio 1966 sposò la diciottenne figlia del presidente Nasser, Muna, dalla quale ebbe due figli, Gamal e Ahmed. Durante la sua carriera, Marwan lavorò sia per il presidente Nasser che, come consigliere politico, per il presidente Anwar Sadat, premio Nobel per la pace nel 1978. La partecipazione ad entrambe i governi ha rappresentato per anni una inequivocabile garanzia di fedeltà; nel 1952 i due leader avevano partecipato al colpo di Stato con cui i “Liberi Ufficiali” del Generale Muhammad Neghib detronizzarono Re Faruq I e, da questo, era nato un legame politico indissolubile.

Marwan avrebbe inoltre avuto un ruolo di primo piano nell’intelligence egiziano, cosa comunque mai confermata dalle autorità del Cairo. Inviato in Medio Oriente dal 1974 al 1978, diresse anche l’Organizzazione araba per l’industrializzazione, un progetto finanziato dai Paesi arabi per lo sviluppo dell’industria bellica egiziana. Ritiratosi dalla vita politica lasciò l’Egitto e, dalla fine degli anni ’70, si stabilì a Londra dove, con il figlio Ahmed, seguì per anni i suoi affari ed entrò a far parte del consiglio direttivo di molte società.

L’appartenenza di Ashraf Marwan alle fila del Mossad è stata tenuta nascosta per anni ed è stata resa nota solo nell’agosto 2003. Il suo ruolo ha aperto un lungo dibattito all’intero dei servi segreti israeliani. Considerato un ottimo agente dal Mossad, fu tacciato di essere una spia e un doppiogiochista dal servizio di intelligence militare israeliano, l’Aman. Nel 1969 il primo contatto: recatosi presso l’ambasciata dello Stato ebraico a Londra, Marwan offre spontaneamente la proprio collaborazione al Mossad. Visti i legami con la famiglia Nasser, passa qualche tempo prima che il neo-informatore venga ritenuto una persona fidata ed in grado di lavorare per Israele.

In particolare, quello che colpisce è il fatto che Marwan non è mosso da motivi di carattere economico, ma da ragioni ideologiche e politiche. Grazie alla libertà di movimento con la quale si può spostarsi dal Medio Oriente all’Europa e la copertura datagli dal suo rango di diplomatico, Marwan diventa un ottimo collaboratore.

Nel maggio del 1973, informa Tel Aviv circa un’esercitazione militare che Il Cairo sta svolgendo in preparazione dell’attacco ad Israele. In base a questo rapporto, e contro l’opinione del ministro della Difesa, Moshe Dayan, il Capo di Stato Maggiore, il Generale David Elazar, decide di richiamare i riservisti. L’Egitto però non attacca, almeno non subito, e questo causa non pochi problemi, primo fra tutti il fatto che l’Aman convince i vertici militari che Marwan lavora per il nemico e lancia segnali svianti. Così, l’allarme lanciato sei mesi più tardi non viene preso in considerazione.

Il Mossad è stato informato sulle modalità e sui tempi dell’attacco, ma questa opzione è contro le teorie dell’intelligence militare che non crede possibile un’operazione congiunta Siria-Egitto; né, tanto meno, che i due Paesi possiedano i mezzi per poter impensierire la superiorità bellica israeliana. Per i vertici militari israeliani, le manovre delle truppe egiziane lungo la riva orientale del canale di Suez sono solo una nuova esercitazione.

Al termine della guerra, il governo Golda Meir incaricherà una commissione di indagine (la commissione Agranat) per studiare e valutare le circostanze e le responsabilità che condussero ai disastrosi risultati della guerra del Yom Kippur. Tra i 58 testimoni venne ascoltato anche il capo dell’intelligence militare, il generale Eli Zeira, che confermò la teoria secondo la quale Marwan era considerato un doppiogiochista e quindi non attendibile. Zeira ha poi raccontato i momenti che precedettero il conflitto in un libro pubblicato nel 2004 senza comunque far riferimento al nome dell’agente, che nel racconto ha identificato come “il marito della figlia”, ma rivelando la sua appartenenza alla famiglia Nasser. La conferma dell’identità dell’informatore egiziano è anche arrivata da un ex-agente del Mossad, Gad Shimron, che in un’intervista rilasciata alla Reuters, ha parlato del ruolo di Marwan e della testimonianza di personaggi appartenenti al mondo dello spionaggio.

Nel settembre 2002, il quotidiano Yedioth Ahronoth aveva già pubblicato un articolo firmato da Ahron Bregman, ex-ufficiale dell’artiglieria israeliana. Bregman, riferendosi al sul libro "A History of Israel", ha parlato di un informatore che orbitava nell’entourage del presidente egiziano; successivamente, intervistato dai media dello Stato arabo, ha confermato che il nome dell’agente era Ashraf Marwan, considerato dai servizi militari di Tel Aviv come un infiltrato del Cairo che operava per sviare e diffondere false informazioni. Di parere completamente contrario era invece il capo del Mossad, Zvi Zamir, che era convinto della genuinità delle informazioni. L’agenzia aveva esaminato ripetutamente le notizie fornite da Marwan ed era arrivata alla conclusione che l’agente non era un uomo dei servizi egiziani.

Anche se la polizia londinese esclude la pista dell’omicidio, la controversa immagine di uomo d’affari, di politico e di spia, lascia spazio a molte ipotesi, soprattutto se si pensa che la vita di Marwan si è più volte incrociata con un altro egiziano famoso: Mohammed al-Fayed, la cui vita è stata segnata dalla morte violenta del figlio Dodi. Il 31 agosto 1997, Dodi rimase vittima di un incidente automobilistico avvenuto sotto il Tunnel de Pont De l'Alma, a Parigi. Insieme al lui morì la compagna, la Principessa del Galles Diana Spencer, e l’autista Henry Paul.

Tre anni dopo, l’unico testimone sopravissuto, il fotografo James Andanson, fu trovato morto suicida in un bosco. Le inchieste che seguirono la morte di Lady Diana portarono la stampa alla più svariate supposizione, incluso il coinvolgimento dei servizi segreti britannici; ma, dopo nove anni, le autorità sono arrivate alla conclusione che l’incidente fu causato dall’alta velocità e dallo stato di ebbrezza dell’autista.

Proprietario del 3% della squadra di calcio londinese del Chelsea e in affari con un amico di Israele, il finanziere inglese Tin Rowland, negli anni 80’ Marwan ha cercato di prendere il controllo dei famosi negozi “Harrods”, contendendoli a Mohammed al-Fayed, che poi ne diventerà proprietario. Negli anni, il rapporti di lavoro e il reciproco rispetto che intercorreva tra i due si è andato deteriorano fino a trasformarsi in un irriducibile rivalità fatta di accuse ed offese infamanti e di minacce di querela.

Un quadro poco confortante se si pensa al modo violento con il quale la morte è entrata a far parte della loro vita. La stampa internazionale ha inoltre parlato di un possibile coinvolgimento di Marwan nelle manovre poco limpide della “Lonrho” di Tin Rowland, la società di diritto inglese che esercitava svariate attività - in particolare nel settore minerario e metallurgico - in Africa e Medio Oriente.

Ashraf Marwan è il terzo egiziano che muore cadendo da un balcone della capitale Britannica. Sei anni fa perse la vita l’attrice Soaud Hosni, precipitata dal terrazzo del suo appartamento di Maida Vale, zona settentrionale di Londra. L’idolo del cinema arabo era stato sospettato di aver lavorato per lo spionaggio egiziano negli anni 60’, un dubbio che danneggiò la sua stessa carriera e la portò alla rovina economica. Intorno alla metà degli anni 70’ era stata la volta di Leithy Nassif, ex-capo della guardia presidenziale di Anwar Sadat che, nel 1971, aveva partecipato ad una epurazione del precedente governo.

L’unico filo che lega le tre vittime è il fatto che al momento della morte tutti e tre stavano scrivendo le loro memorie. Segreti che potrebbero aver potuto creare non poco imbarazzo e che avrebbero infittito una trama già complicata.