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Categoria: Esteri

di Michele Paris

Come annunciato da settimane, l’accusa di stupro nei confronti dell’ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, è stata archiviata definitivamente martedì dietro richiesta della stessa procura di Manhattan che aveva istruito il caso. Il crollo dell’impianto accusatorio ha messo in luce le carenze di un’indagine condotta in maniera affrettata e, soprattutto, ha rivelato le distorsioni del sistema giudiziario americano in un caso con profonde implicazioni politiche.

L’ex ministro delle Finanze francese, come è noto, era stato arrestato il 14 maggio scorso mentre era a bordo di un aereo dell’Air France in partenza dall’aeroporto Kennedy di New York. La polizia della metropoli americana si era attivata prontamente in seguito alla denuncia di una dipendente di un lussuoso hotel appartenente alla catena francese Sofitel. La donna, la 33enne immigrata dalla Guinea Nafissatou Diallo, aveva sostenuto che, dopo essere entrata nella suite dell’importante economista e uomo politico transalpino per effettuare le pulizie che le erano state assegnate, era stata costretta ad un rapporto sessuale contro la sua volontà.

L’indagine sulla condotta di Strauss-Kahn era stata affidata all’intraprendente procuratore distrettuale di Manhattan, Cyrus Vance jr., il quale aveva puntato tutte le sue carte unicamente sulla testimonianza dell’accusatrice. Su queste basi, l’allora numero uno del FMI era stato sottoposto all’umiliazione della cosiddetta “perp walk” – ovvero l’apparizione pubblica dell’arrestato in manette a beneficio dei media – per essere poi incarcerato e, almeno in un primo momento, vedersi negata la libertà su cauzione.

La clamorosa sventura giudiziaria dell’esponente di spicco del Partito Socialista francese era stata immediatamente sfruttata dalla maggior parte dei media americani, a cominciare dal New York Times, per orchestrare una vergognosa campagna diffamatoria nei suoi confronti. Senza alcun riguardo per la presunzione di innocenza e il diritto dell’accusato ad un trattamento equo ed imparziale, Strauss-Kahn è stato dichiarato sommariamente colpevole dalla stampa e dalle televisioni d’oltreoceano, nonostante non vi fossero testimoni a supportare la tesi della presunta vittima e la ricostruzione della vicenda avesse da subito suscitato più di una perplessità.

Sul fronte politico, la grave accusa era stata subito utilizzata per esercitare enormi pressioni su Strauss-Kahn affinché lasciasse la guida del Fondo Monetario Internazionale. Allo stesso tempo, il polverone suscitato dal caso fece sfumare ogni sua possibilità di continuare a perseguire la candidatura alla presidenza francese, per la quale appariva favorito su Nicolas Sarkozy.

Pur essendo al vertice di un’istituzione responsabile dell’applicazione forzata delle ricette neo-liberali ai paesi in difficoltà finanziarie, Strauss-Kahn appariva attestato su posizioni relativamente meno radicali rispetto a Washington e all’oligarchia finanziaria americana. Non a caso, infatti, dopo il suo arresto le richieste più insistenti di dimissioni furono proprio quelle provenienti dalla Casa Bianca, da dove sarebbe più tardi arrivato il pieno sostegno alla candidatura per la direzione del FMI di un’altra personalità di primo piano del panorama politico francese, la più gradita Christine Lagarde, ex ministro delle Finanze di Sarkozy.

Al di là delle responsabilità di Dominique Strauss-Kahn nei fatti avvenuti nella stanza del Sofitel di New York, l’intero caso ha assunto i contorni di una vera e propria esecuzione politica, portata a termine, come fin troppo spesso è accaduto negli ultimi anni negli Stati Uniti e altrove, grazie alla manipolazione di vere o presunte accuse legate al comportamento sessuale del personaggio pubblico di turno.

Di fronte al giudice della Corte Suprema dello stato di New York, Michael J. Obus, l’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan, pur confermando l’avvenuto rapporto sessuale tra Strauss-Kahn e la sua accusatrice, ha dovuto ammettere la totale assenza di prove di un possibile stupro, al di là della sola testimonianza della donna stessa. Già a partire dal mese di giugno, la credibilità di quest’ultima era stata messa seriamente in discussione da una serie di circostanze. Tuttavia, per svariate settimane la procura aveva cercato di salvare in qualche modo il caso e la faccia di fronte all’opinione pubblica, dopo che le accuse della donna guineana erano state ritenute della massima solidità.

Dagli stessi documenti del procedimento con cui è stata chiesta l’archiviazione emerge la condotta discutibile della procura. All’iniziale completa fiducia nella testimonianza di Nafissatou Diallo ha fatto seguito l’inevitabile ammissione di ritrovarsi in una “situazione nella quale… la credibilità dell’accusatrice non avrebbe potuto sostenere il più semplice dei riscontri”. Infatti, prosegue il documento ufficiale, durante gli interrogatori con gli uomini della procura, “[l’accusatrice] non ha detto la verità, sia sulle questioni di rilievo che su quelle di minore importanza, sia su quelle riguardanti il suo passato che su quelle relative alle circostanze della vicenda”.

L’ammissione di responsabilità della procura di Manhattan non spiega in ogni caso i motivi per cui l’attendibilità dell’accusatrice e unica testimone del presunto stupro non sia stata verificata da subito con maggiore scrupolo. La donna, ad esempio, diede ben tre versioni differenti del suo comportamento dopo l’incontro nella suite di Strauss-Kahn, giungendo successivamente addirittura a negare di aver fornito una delle tre ricostruzioni dei fatti. Secondo i procuratori incaricati del caso è risultato perciò “difficile accertare quello che accadde realmente in quel periodo di tempo così critico [dopo il presunto stupro]”, tanto che essi stessi finirono per non avere più “alcuna fiducia circa la volontà dell’accusatrice di dire la verità nel caso fosse stata chiamata a testimoniare durante il processo”.

Ugualmente determinante per le sorti del procedimento è stato poi il racconto contraddittorio fatto dall’accusatrice sullo stupro di gruppo a cui sarebbe stata sottoposta in Guinea. Sotto pressione, la donna ha alla fine ammesso di aver mentito e di essersi inventata questo episodio in occasione della sua richiesta di asilo per entrare negli Stati Uniti. Per la procura è sembrato di “estrema rilevanza” il fatto che, “in un caso di stupro, l’accusatrice abbia fornito una testimonianza falsa su un differente caso di violenza sessuale”.

La donna, inoltre, avrebbe fornito numerose altre false dichiarazioni, tra cui la spiegazione di alcuni versamenti bancari pari a decine di migliaia di dollari fatti a suo beneficio da persone non meglio identificate in quattro stati diversi. Con il suo fidanzato, detenuto in Arizona per possesso di stupefacenti, infine, avrebbe discusso telefonicamente dei possibili benefici economici che le sarebbero derivati dalla vicenda del Sofitel, screditando definitivamente la sua posizione e facendo svanire la possibilità di istruire un processo fondato su solide basi.

Con l’archiviazione del caso, Dominique Strauss-Kahn ha ottenuto così la libertà di far ritorno in Francia, dove sarà chiamato a prendere una decisione su un eventuale ritorno sulla scena politica a poche settimane dalle primarie del Partito Socialista per le elezioni presidenziali del 2012. A New York, tuttavia, rimane aperto un procedimento civile nei suoi confronti avviato dalla stessa immigrata dalla Guinea, mentre proprio nel suo paese d’origine dovrà far fronte ad una nuova causa intentata dalla scrittrice Tristan Banon, la quale accusa DSK di tentato stupro nel corso di un’intervista – anche allora senza testimoni – concessa nel 2003.