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di Bianca Cerri

Fortunatamente gli americani non hanno dovuto arrovellarsi sulla bandiera da esporre nel giardino di casa in occasione del decimo anniversario dell’11 settembre. Con ammirevole tempismo il governatore dello Stato di New York aveva fatto realizzare appositamente per l’occasione l’Official 9/11 flag, composta da un rettangolo azzurro con al centro la sagoma del Pentagono e le Torri Gemelle incastonate all’interno.

Il tutto contornato da 40 stelle color oro e dall’immancabile “We remember” a caratteri giganteschi nella parte inferiore. Durante la presentazione ufficiale tenutasi il 31 agosto nella sala centrale del Municipio di New York, Cuomo aveva spiegato che la frase era stata scelta affinché anche le future generazioni possano ricordare le eroiche vittime dell’11 settembre 2001.

In realtà, la bandiera ufficiale dell’11/9 è solo l’ultimo prodotto del “memorial merchandising” scaturito dalla tragedia del WTC che genera un fatturato di svariati miliardi di dollari. Tanto per dare un’idea, solo per visitare il memoriale l’ingresso costa 15 dollari che, moltiplicati per i circa nove milioni di turisti che ogni anno arrivano a Ground Zero, fanno una bella cifra. Per la solenne commemorazione del decimo anniversario il prezzo dei biglietti costava dieci dollari in più e a dividersi l’affare sono stati come sempre  il 9/11 Tribute Visitor Center e la Memorial&Museum Foundation, indipendenti l’uno dall’altra ma uniti nel combattere i tanti venditori ambulanti di souvenirs ispirati all’11 9 che gravitano attorno a Gound Zero. I comandi di polizia avevano del resto avuto l’ordine di punire severamente chiunque fosse stato scoperto a vendere oggetti commemorativi “non certificati”.

Bisogna fare una premessa: l’oggettistica della memoria ha una lunga storia alle spalle. Già nel 18 secolo, i ricchi giovani dell’aristocrazia europea che effettuavano il grand tour destinato a perfezionare la loro educazione tornavano a casa con frammenti di colonne e calcinacci vari sgraffignati nei siti archeologici da esporre in bella vista nel salotto di casa. Ma per quanto riguarda il catalogo delle perversioni merceologiche della nostra epoca, la produzione di articoli commemorativi legata all’11/9 merita veramente un capitolo a parte.

In ordine sparso ricordiamo: le calamite da frigorifero con la forma delle Torri Gemelle, l’album da colorare per bambini in cui al posto dei cagnolini e degli alberelli ci sono le immagini dell’attentato e la cattura di Bin Laden, scoperto dalle forze speciali mentre tenta inutilmente di nascondersi sotto il chador di una delle sue mogli; la targa automobilistica con i numeri 9-11-01 e la scritta “never forget”, la palla da golf con impressa l’immagine delle Torri Gemelle, il patch con il logo dei pompieri di New York e la scritta “non dimenticheremo i nostri eroi” da attaccare sui jeans, l’orsacchiotto bianco di peluche con le sagome delle due Torri impresse sul bavaglino sopra le quali campeggia la scritta September 11th, le monete da collezione coniate appositamente per commemorare la tragedia, la cravatta con i colori della bandiera USA e l’immagine delle due Torri ricamata nella parte inferiore, il distributore di caramelle bianco rosso e blu a forma di WTC, la slot machine che elargisce denaro solo se il giocatore azzecca la combinazione di tre immagini raffiguranti le torri Gemelle, ecc.

Per non parlare delle sfere di vetro al cui interno sono miniaturizzate le Torri immerse in un liquido trasparente. Muovendole si ottiene la classica “neve” artificiale generata dai corpuscoli bianchi. Altri modelli leggermente più costosi hanno all’interno un carillon con incisa la versione di New York, New York nella versione di Frank Sinatra o un meccanismo che genera automaticamente anziché una nevicata un pulviscolo che ricorda la polvere sprigionata dalle macerie. Sull’utilità di questo armamentario è meglio stendere un velo pietoso.

Una cosa è certa: a dieci anni dall’11 9 il cordoglio generale si è affievolito. Restano soltanto l’acredine di massa contro il terrorismo islamico che ha consentito al democratico Obama di completare lo scempio iniziato dal repubblicano Bush e la commercializzazione esasperata che ha trasformato una tragedia immane in una specie di  catalogo di merci bizzarre e pacchiane che sfidano la ragione.

C’è poi un lato ancora più oscuro dell’economia legata all’11 settembre ed è quello dell’indecorosa speculazione da parte di organizzazioni come la Croce Rossa, che si sono appropriate di fondi destinati alle famiglie delle vittime. Prima ancora che fossero spalate via le macerie da Ground Zero la CR  aveva già iniziato a lanciare accorati appelli attraverso le reti radiofoniche e televisive incitando gli americani a donare generosamente; ma dei circa 590 milioni di dollari raccolti ai famigliari delle vittime sono andate soltanto le briciole mentre su 39.000 galloni di sangue donati da anonimi cittadini solo 254 risultano essere stati messi a disposizione dei feriti. Tanto per citare alcuni precedenti: all’epoca dello tsunami i sopravvissuti furono costretti ad attendere mesi per ricevere solo una minima parte dei soldi raccolti a loro favore e durante la guerra di Corea i volontari rivendevano sigarette ai militari americani a prezzi esorbitanti approfittando della penuria di tabacco.

L’arrembaggio degli speculatori è continuato anche nel giorno del decimo anniversario. C’è chi ha pagato più di mille dollari per assistere all’inaugurazione del Memorial, mentre molti di coloro che dieci anni fa parteciparono ai soccorsi sono stati lasciati fuori per “mancanza di posti”. Almeno settemila persone sono passate attraverso i metal detector collocato all’ingresso del gigantesco complesso ornato da colossali fontane e circondato da 400 alberi.

L’area della rimembranza è situata accanto al museo che, in occasione del decimo anniversario, è stato arricchito con altri reperti rinvenuti nell’area di Ground Zero all’epoca della sciagura. La cernita dei pezzi da esporre al pubblico è stata alquanto laboriosa. I dirigenti del museo hanno infatti dovuto cercare tra migliaia di oggetti prima di trovare gli esemplari più impressionanti con i quali è stata attirata l’attenzione dei visitatori e che è servita ad aumentare la vendita dei biglietti d’ingresso.

Almeno da quanto è trapelato nei giorni scorsi dai giornali USA, tra i pezzi scelti ci sono state le scarpe coperte di sangue di una delle vittime, una bambola di pezza, un portafogli bruciacchiato con le carte di credito ancora negli scomparti. Sempre in occasione dell’inaugurazione, c’è stato anche un brindisi augurale con un vino fatto realizzare appositamente dalla Lieb Family Cellar, famosa azienda vinicola del New England. Al vino, che da qualche giorno è già stato messo in commercio al prezzo di 20 dollari la bottiglia in molti supermercati degli Stati Uniti, è stato dato il nome di 11 settembre “per onorare la memoria delle vittime”.

Il sommellier del Les Halles, un sofisticato ristorante di New York dove il 9/11 bianco va a ruba, assicura che si tratta di un ottimo prodotto dal gusto intenso e aromatico.  Tuttavia, chissà perché, l’idea di un brindisi con il vino dell’11 settembre fa venire la pelle d’oca. D’altronde, è anche vero che nella logica del capitalismo, qualunque cosa è lecita pur di generare profitto. Compreso strumentalizzare una tragedia costata la vita a tremila esseri umani