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L’abbattimento di un drone americano forse in territorio iraniano è stato giovedì il primo incidente che ha messo di fronte direttamente Washington e Teheran da quando le tensioni tra i due paesi sono tornate ad aumentare a causa delle politiche sempre più aggressive dell’amministrazione Trump. Le forze armate USA avevano inizialmente negato di avere velivoli in ricognizione nell’area del Golfo, ma, dopo i dettagli dell’accaduto diffusi dai Guardiani della Rivoluzione iraniani, la notizia dell’abbattimento è stata confermata anche dai militari americani.

 

 

Le agenzie di stampa della Repubblica Islamica ne hanno dato notizia nelle primissime ore di giovedì. Il velivolo senza pilota americano sarebbe decollato poco dopo la mezzanotte da una base nella parte meridionale del Golfo Persico e, “in contravvenzione di tutte le regole dell’aviazione”, ha proceduto in completa segretezza dallo stretto di Hormuz verso la città costiera di Chabahar. Una volta tornato a dirigersi verso occidente, il drone avrebbe violato lo spazio aereo iraniano, iniziando la propria missione di raccolta informazioni. Alle 4.55 del mattino, è stato alla fine colpito e abbattuto dall’aviazione dei Guardiani della Rivoluzione nei pressi della località di Kuhmobarak, nella provincia meridionale di Hormozgan.

 

Fonti iraniane hanno parlato di un drone modello RQ-4 Global Hawk, ma in seguito gli Stati Uniti hanno identificato il velivolo in un MQ-4C Triton, che è in effetti una variante del primo ed è in dotazione della marina americana. Questi aerei senza pilota svolgono prevalentemente attività di “sorveglianza marittima” e, secondo l’azienda produttrice Northrop Grumman, hanno un’autonomia di volo di 24 ore, possono salire a un’altitudine superiore ai 16 mila metri e hanno un raggio d’azione di 8.200 miglia nautiche.

 

Secondo il blog MoonOfAlabama, i droni MQ-4C non sono ufficialmente impiegati in Medio Oriente, ma sarebbero arrivati in una base americana in Qatar solo alcuni giorni fa, presumibilmente nel quadro dell’aumento di truppe e di forze navali e aeree deciso dalla Casa Bianca in concomitanza con l’aggravarsi dei rapporti con Teheran. Com’era prevedibile, i militari USA hanno escluso che il loro velivolo abbia violato il territorio iraniano, dal momento che esso sarebbe rimasto nello spazio aereo internazionale.

 

Se la versione iraniana dovesse corrispondere al vero, l’episodio rappresenterebbe un grave imbarazzo per gli Stati Uniti, anche se, come confermano alcune reazioni provenienti da Washington, l’abbattimento sarà con ogni probabilità sfruttato per aumentare le pressioni sulla Repubblica Islamica. Anzi, sembra tutt’altro che da escludere l’ipotesi di una provocazione calcolata da parte degli USA, precisamente per accusare Teheran di tenere un atteggiamento aggressivo e pericoloso.

 

La risposta iraniana è stata comunque chiarissima e senza equivoci. Il comandante dei Guardiani della Rivoluzione, generale Hossein Salami, ha affermato alla televisione di stato che “l’abbattimento del drone rappresenta un messaggio per l’America”, che la Repubblica Islamica “reagirà in maniera decisa contro qualsiasi intrusione di elementi stranieri nei nostri confini”. Lo stesso generale ha aggiunto che l’Iran “non cerca la guerra”, ma “siamo del tutto preparati” alla difesa del paese.

 

Le sole caratteristiche del drone abbattuto giovedì testimoniano del rilievo dell’operazione iraniana. I droni Global Hawk sono di dimensioni imponenti, essendo simili a piccoli aerei commerciali. I sensori di cui sono dotati per operazioni di spionaggio hanno caratteristiche tecniche segrete e il costo totale di un velivolo può superare i 120 milioni di dollari.

 

Se l’ingresso di questo drone nello spazio aereo iraniano fosse una mossa deliberata da parte americana, la scommessa sarebbe stata estremamente rischiosa fin dall’inizio. I Guardiani della Rivoluzione e le forze armate di Teheran hanno accumulato infatti una vasta esperienza nella guerra ai velivoli senza pilota americani, dal momento che molti tra quelli introdottisi nello spazio aereo iraniano sono stati abbattuti nell’ultimo decennio. Significativo fu l’episodio del 2011, quando l’Iran riuscì ad abbattere un RQ-170 “stealth” proveniente dall’Afghanistan, ottenendo l’accesso ai segreti di questo velivolo.

 

Soprattutto, l’incidente evidenzia nuovamente il potenziale esplosivo delle decisioni della Casa Bianca. A qualsiasi iniziativa diretta contro Teheran che contribuisca all’escalation di tensioni, l’Iran è infatti in grado di rispondere su più fronti, creando situazioni delicate e imbarazzanti per gli Stati Uniti. La fermezza della reazione di giovedì ribadisce inoltre come le autorità della Repubblica Islamica siano pronte anche a sostenere un conflitto aperto con gli USA.

 

Come ha spiegato in un’analisi lo stesso blog MoonOfAlabama, la campagna di “massima pressione” sull’Iran propagandata dalla Casa Bianca si sta in sostanza ritorcendo contro il presidente americano. Incidenti come quello di giovedì spingono i “falchi” della sua amministrazione a intensificare gli sforzi per agire militarmente contro Teheran, mettendo alle strette un presidente che vuole invece aumentare le pressioni ma fermandosi un passo prima della guerra, nella speranza di convincere il nemico a piegarsi e ad accettare la trattativa diplomatica, sia pure alle condizioni americane.

 

Futuri casi simili rischiano così di accentuare questa dinamica, complicando sempre di più il gioco di Trump. Se si prende ad esempio per vera la recente rivelazione della testata online Daily Beast, le prospettive per il presidente sul fronte Iran appaiono estremamente complicate. Trump avrebbe cioè chiesto al proprio entourage di abbassare i toni sulla questione iraniana, visto che non è nell’interesse della Casa Bianca scatenare una nuova guerra in Medio Oriente alla vigilia dell’inizio della campagna per le presidenziali del 2020. Anche dopo l’episodio di giovedì, Trump ha parlato di “errore” da parte iraniana, ma ha ipotizzato che a commetterlo possa essere stato “qualche generale”, evitando così di puntare il dito direttamente contro il governo di Teheran.

 

Soprattutto il segretario di Stato, Mike Pompeo, e il consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, insistono però per la guerra e le misure che essi hanno finora di fatto imposto a Trump, dal reintegro delle sanzioni al boicottaggio dell’accordo sul nucleare all’escalation militare nel Golfo Persico, vanno in questa direzione, così che anche un solo incidente nel prossimo futuro rischia di infiammare definitivamente una situazione già incandescente.

 

Se Trump ha effettivamente come obiettivo quello di evitare una guerra con l’Iran, esponenti del suo governo e altri in campo repubblicano continuano invece a soffiare sul fuoco della crisi. Dopo le accuse dei giorni scorsi per l’attacco a due petroliere nel golfo dell’Oman, l’ultima invenzione USA è stata quella di rispolverare i fantomatici legami tra la Repubblica Islamica e al-Qaeda.

 

A riferirlo a un Congresso in larga misura scettico, se non apertamente incredulo, sono stati due funzionari di spicco del Pentagono e il segretario di Stato Pompeo. L’accusa rivolta a Teheran deriva da episodi altamente manipolati che sono da ricondurre, tra l’altro, alla detenzione di membri della famiglia bin Laden in Iran dopo l’invasione USA dell’Afghanistan nel 2001e ad alcuni attacchi in quest’ultimo paese contro le forze di occupazione americane, rivendicati dai talebani ma, secondo il dipartimento di Stato e della Difesa, “istigati” da Teheran.

 

Sulla distanza ideologica e religiosa tra l’Iran sciita e un gruppo fondamentalista sunnita come al-Qaeda, nonché sulla tradizionale rivalità tra le due parti, è quasi superfluo ritornare. L’assurdità delle accuse è poi superata solo dall’ipocrisia americana, poiché gli Stati Uniti e i loro alleati arabi in Medio Oriente hanno di fatto finanziato e armato per anni fazioni dell’opposizione anti-Assad in Siria allineate ad al-Qaeda, così come formazioni e uomini più o meno legati a questa organizzazione terroristica hanno allo stesso modo beneficiato della loro generosità altrove, come in Libia durante la finta rivoluzione contro Gheddafi.

 

Ciò che importa per il governo americano, nonostante le menzogne, è stabilire tuttavia un legame tra l’Iran e al-Qaeda, in modo da avere un appiglio pseudo-legale che consenta di scatenare un’altra guerra di aggressione senza un voto del Congresso. Per colpire l’Iran, la Casa Bianca potrebbe cioè appellarsi all’autorizzazione votata nel 2001 dopo l’11 settembre, che diede facoltà all’esecutivo di attaccare, senza nessun vincolo, singoli individui, organizzazioni o entità statali collegati o affiliati ai terroristi ritenuti responsabili degli attentati contro il World Trade Center.