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Il discorso del presidente Biden al Congresso nella serata di mercoledì ha segnato il traguardo dei primi 100 giorni alla Casa Bianca con una serie di promesse che in molti hanno salutato come il lancio di una nuova era progressista negli Stati Uniti. Le evocazioni del “New Deal” rooseveltiano o della “Great Society” di Lyndon Johnson si sono sprecate soprattutto sui media liberal, ma le somiglianze con questi storici programmi sociali, già di per sé tutt’altro che rivoluzionari, appaiono decisamente fuori luogo, anche nell’improbabile eventualità che tutte le promesse di Biden venissero mantenute.

 

Buona parte dell’intervento di Biden è servito a presentare un nuovo pacchetto di provvedimenti di spesa da 1.800 miliardi di dollari che dovrebbe integrare quello da 2.250 miliardi già in attesa di essere discusso al Congresso e che riguarda in particolare l’ammodernamento e la costruzione di infrastrutture nel paese. Questa nuova tranche tocca invece molti capitoli di spesa in ambito sociale trascurati o ridotti all’osso negli ultimi decenni, come l’educazione pubblica, gli ammortizzatori sociali per i lavoratori, l’assistenza e i servizi dedicati ai minori.

Il provvedimento è stato ribattezzato retoricamente “American Families Plan” e si divide tra mille miliardi di nuove spese e 800 miliardi di deduzioni o tagli fiscali. Uno degli obiettivi più ambiziosi è quello di rendere gratuiti i corsi nei cosiddetti “community college”, che offrono una formazione biennale post-diploma, e l’iscrizione alle scuole dell’infanzia per i bambini di tre e quattro anni senza distinzione di reddito. Biden intende introdurre anche un periodo di congedo parentale retribuito fino a 12 settimane, da finanziare con 225 miliardi di dollari in dieci anni. 45 miliardi dovrebbero essere destinati invece a combattere la “insicurezza alimentare” minorile, con la messa a disposizione in particolare di pasti gratuiti nelle scuole.

Sul fronte sanitario restano esclusi gli interventi per promuovere nuovi programmi di assistenza pubblici. Al centro resta sempre la struttura creata da “Obamacare” ormai quasi un decennio fa e il piano Biden prospetta per lo più un aumento dei sussidi federali per l’acquisto di polizze private nel quadro del sistema esistente.

L’altra gamba del pacchetto proposto da Biden riguarda il fisco. Le risorse per pagare l’aumento della spesa ipotizzato dovrebbero arrivare in buona parte da un modesto ritocco verso l’alto (dal 37% al 39,6%) dell’aliquota più alta, quella applicata all’1% degli americani più ricchi. In aggiunta dovrebbe esserci un incremento dell’imposta sui “capital gains” e sui dividendi azionari, nonché la cancellazione di norme che consentono la riduzione delle tasse di successione. Alcune detrazioni temporanee per i redditi medio-bassi, implementate con il recente pacchetto di stimolo anti-coronavirus da 1.900 miliardi, verrebbero infine prolungate.

Nel suo discorso al Congresso, Biden ha cercato in generale di ostentare un certo ottimismo dopo i mesi bui della pandemia e i quattro anni della presidenza Trump. I dati indicano tuttavia una situazione ancora tutt’altro che rosea, nonostante una certa ripresa dell’economia e il numero relativamente alto di vaccini somministrati. Soprattutto, la retorica del presidente democratico e l’illusione, alimentata dalla stampa allineata al suo partito, di un’imminente “rigenerazione” del paese si scontrano con una realtà ben diversa.

Anche solo il contorno dell’intervento di Biden ha mostrato la situazione di crisi che attraversano gli Stati Uniti. Al Congresso erano solo circa 200 i presenti per via delle restrizioni dovute alla pandemia, mentre all’esterno del Campidoglio il massiccio dispiegamento di polizia e uomini della Guardia Nazionale, per evitare un altro assalto simile a quello del 6 gennaio scorso, ha ricordato la precarietà di quell’ordine “democratico” che Biden vorrebbe rilanciare.

Uno dei fattori più importanti che sta alla base dello sforzo legislativo di questi primi mesi dell’amministrazione Biden, e toccato dal discorso di mercoledì, è la minaccia rappresentata dalla Cina. La valanga di investimenti, per il momento in buona parte ancora sulla carta, che il governo federale intende promuovere punta cioè a ridurre la distanza tra la crescita e la competitività cinese e quelle americane. A questo aspetto cruciale per la classe dirigente e il capitalismo USA in crisi ha fatto riferimento apertamente Biden davanti al Congresso, sottolineando come Washington debba “sviluppare e dominare le tecnologie del futuro”.

Biden ha anche insistito sulla necessità di dimostrare che “la democrazia USA funziona”, soprattutto dopo i fatti del 6 gennaio scorso e i ripetuti atti di violenza commessi dalle forze di polizia. In questo senso, l’adozione di misure dirette ad alleviare le colossali disuguaglianze sociali servono a contenere tensioni esplosive che si stanno manifestando sempre più frequentemente.

Che poi il sistema americano in profonda crisi abbia le capacità e le risorse per invertire la rotta degli ultimi decenni è tutto da dimostrare. Gli Stati Uniti sono dominati da un’oligarchia che si arricchisce grazie al dirottamento di tutte le risorse disponibili dalle classi medio-basse al vertice della piramide sociale e gli interventi radicali volti a ridistribuire la ricchezza prodotta sono puntualmente stroncati sul nascere.

Le resistenze, ad esempio, all’aumento anche minimo delle tasse per i più ricchi sono formidabili e hanno già trovato una prima espressione nella risposta del Partito Repubblicano, pronto a tacciare di “socialismo” le proposte di Biden e dei democratici. Non solo, lo stesso partito del presidente, anche se detentore della maggioranza sia alla Camera sia al Senato, manifesta al proprio interno più di una perplessità per iniziative che minacciano gli equilibri ultra-classisti attuali.

Condizione imprescindibile per l’approvazione delle leggi che qualcuno accosta impropriamente al “New Deal” è dunque la compattezza del Partito Democratico. L’ala “moderata” del partito continua tuttavia a manifestare riserve e preferirebbe un atteggiamento più prudente o uno spirito maggiormente bipartisan.

Tutti questi fattori fanno così intravedere una versione finale dei piani promossi da Biden che, tutt’al più, risulterà decisamente ridimensionata e di certo non in grado di cambiare in modo significativo la traiettoria del sistema economico e sociale degli Stati Uniti.