Il giorno successivo alla strage di giovanissimi studenti in una scuola elementare della cittadina di Uvalde, nel Texas, le autorità locali e dello stato avevano celebrato il tempestivo intervento degli agenti di polizia, grazie ai quali molte vite erano state sottratte alla furia omicida del 18enne Salvador Ramos. A quasi due mesi dai fatti, questa versione è stata definitivamente smentita con la pubblicazione di due filmati registrati dalle telecamere di sorveglianza all’interno della scuola e dai risultati di un’indagine condotta dal parlamento statale del Texas. Le forze di polizia di vari dipartimenti erano in effetti giunte sul luogo della sparatoria in una manciata di minuti, ma l’intervento che avrebbe potuto realmente ridurre il numero delle vittime è stato rinviato senza apparente motivo per oltre un’ora, nonostante vi fossero tutte le condizioni per cercare di fermare l’assalitore.

 

Nel rapporto di 80 pagine presentato ufficialmente domenica si punta il dito contro la polizia per la mancata attuazione dei protocolli previsti dall’addestramento in caso di una sparatoria in corso. Gli agenti “hanno dato priorità alla propria sicurezza rispetto al salvataggio di vite innocenti”, si legge nel testo. Nella tarda mattinata del 24 maggio, si erano ammassati presso la scuola elementare di Uvalde qualcosa come 376 poliziotti, in maggioranza agenti di frontiera e della polizia dello stato, ma per molti minuti la loro attenzione si è concentrata più sui famigliari degli studenti, alcuni dei quali fermati a colpi di “taser” mentre cercavano di entrare nell’edificio.

Se si considera il trattamento molto spesso brutale riservato agli immigrati irregolari e le centinaia di americani che muoiono ogni anno sotto il fuoco della polizia, il comportamento degli agenti descritto dalle immagini registrate nella scuola elementare di Uvalde è a dir poco sbalorditivo. La registrazione, che ha preceduto sulla stampa la pubblicazione del rapporto d’indagine della Camera dei Rappresentanti del Texas, inizia con lo schianto dell’auto di Ramos in un fossato all’esterno della scuola alle 11:28 del 24 maggio. Tre minuti più tardi un insegnante avrebbe chiamato il numero di emergenza 911 per segnalare la presenza di un uomo armato. Altre due telefonate alla polizia erano state già fatte in precedenza: una dai vicini di casa del giovane, intervenuti per soccorrere la nonna a cui aveva sparato e sottratto l’auto, e l’altra da due persone che avevano cercato di aiutare Ramos dopo l’incidente, per poi essere messe in fuga dai suoi spari.

Alle 11:33 l’assalitore armato si introduceva nella scuola, cominciando quasi subito a sparare. Almeno sette poliziotti riuscirono a loro volta a entrare di lì a tre minuti, tutti dotati di giubbotti anti-proiettile e un fucile AR-15. Gli agenti si avvicinarono poi alle classi nell’area dell’edificio dove si era asserragliato Ramos con insegnanti e studenti. Al fuoco dell’arma di quest’ultimo, però, invece di fare irruzione nell’aula, i poliziotti fecero marcia indietro per rifugiarsi lungo il corridoio.

Da quel momento sarebbe iniziata un’attesa durata più di un’ora, nella quale l’assalitore proseguiva il massacro pressoché indisturbato. Lungo il corridoio, gli uomini della polizia armati di tutto punto restarono a indugiare, malgrado l’arrivo di altre armi e dispositivi di protezione. Nella classe dove si trovava Ramos continuavano intanto a sentirsi colpi meno frequenti, mentre gli agenti teoricamente pronti a intervenite occupavano tempo prezioso per salvare qualche vita sistemando gli equipaggiamenti d’assalto, telefonando o inviando messaggi dal cellulare e , in un caso, sanificando le mani da un distributore. Quando finalmente venne deciso di intervenire, il bilancio era ormai di 21 vittime, tra cui due insegnanti.

Le polemiche seguite alla strage si erano concentrate soprattutto sul comandante del corpo di polizia del distretto scolastico di Uvalde, Pete Arredondo, da poco nominato anche a membro del consiglio della città. Arredondo aveva deciso di non gestire la situazione come una sparatoria di massa in atto, bensì come una crisi causata da un “soggetto” barricatosi semplicemente all’interno della scuola, poiché non vi era nessun “contatto visivo” con l’asslaitore. Il comandante avrebbe inoltre perso tempo nel tentativo di trovare una chiave per accedere alla classe dove si trovava Ramos, senza però accertarsi se la porte fosse già aperta, come in effetti era, né considerare un’irruzione con la forza.

Il rapporto definisce “apatico” l’approccio delle centinaia di agenti arrivati alla scuola di Uvalde e sembra attribuire a problemi di comunicazione e di leadership il mancato intervento. I quasi due mesi trascorsi dai fatti sono stati però segnati da svariati tentativi di insabbiamento e, nonostante siano in corso altre indagini, tutto fa pensare che non ci saranno provvedimenti sostanziali per i responsabili di un fallimento che è costato senza dubbio la vita a un numero imprecisato di bambini o insegnanti.

Non solo le prime reazioni dei responsabili della sicurezza pubblica del Texas, come spiegato all’inizio, avevano elogiato il comportamento a loro dire poco meno che eroico della polizia, ma le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza sono state a lungo sottratte al pubblico, precisamente perché documentavano una realtà ben diversa. Un contributo decisivo alla verità è arrivato dalle famiglie delle vittime che hanno continuato a chiedere di far luce sull’atteggiamento delle forze di polizia.

Nella giornata di domenica, il rapporto del parlamento statale del Texas è stato consegnato ai famigliari prima di essere messo a disposizione del pubblico. In un’intervista alla Associated Press, il nonno di una undicenne uccisa nella scuola ha definito una “farsa” la gestione dell’emergenza da parte della polizia. Per il parente di una delle 21 vittime, i poliziotti coinvolti non hanno alcun diritto di indossare un distintivo, “nessuno di loro”.

Nell’America della polizia che spara quotidianamente senza motivo o per infrazioni minori a lavoratori, poveri e disoccupati, non un solo agente sui quasi 400 arrivati a Uvalde, con tutti i mezzi del caso per rispondere all’emergenza, è stato in grado di fermare in tempi rapidi un 18enne armato e salvare qualche vita dalla strage che si stava consumando sotto i loro occhi.

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