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L’esplosiva indagine sulla distruzione del gasdotto Nord Stream pubblicata mercoledì dal veterano giornalista americano, Seymour Hersh, è stata prevedibilmente accolta con un silenzio gelido dalla stampa ufficiale in Occidente e dai governi coinvolti. Il livello di degrado del giornalismo e della politica in Europa e in Nordamerica non poteva d’altra parte produrre reazioni diverse, anche se le accuse contenute nell’esclusiva di Hersh descrivono nientemeno che un atto terroristico pianificato nei minimi particolari a Washington, portato a termine con la collaborazione della Norvegia e – incredibilmente – con l’assenso del capo del governo del paese colpito, il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Com’è sempre accaduto negli ultimi anni, Hersh non ha potuto pubblicare il suo lavoro su un giornale “mainstream” a vasta diffusione. Anzi, in questo caso è ricorso addirittura alla creazione di un blog personale sulla piattaforma Substack, dove è apparso appunto il lungo articolo. Smentite e critiche nei suoi confronti si sono già diffuse in rete, spesso concentrate sulla sua età avanzata (quasi 86 anni) o sulla decisione di tenere segrete le proprie fonti, ma la lunga storia giornalistica di “Sy” Hersh è piena di straordinari reportage puntualmente confermati dai fatti: dal massacro di My Lai del 1968 in Vietnam ad Abu Ghraib, dal finto attacco siriano con armi chimiche nel 2013 all’assassinio di Osama bin Laden.

 

A proposito del sabotaggio del Nord Stream (1 e 2), la versione di Hersh è inoltre supportata, come si vedrà in seguito, da alcuni elementi cruciali che erano emersi poco dopo l’esplosione sul fondo del Mar Baltico il giorno 26 settembre 2022. Quello che Hersh racconta, se corrispondente alla realtà, è oggettivamente un atto di guerra, deciso dal presidente americano Biden nei confronti della Germania, il cui sistema economico e sociale ha dovuto incassare un colpo mortale in seguito all’esplosione che ha messo fine in modo definitivo all’afflusso di gas a basso costo dalla Federazione Russa.

Un altro fattore cruciale che emerge dall’articolo di Hersh è che la decisione della Casa Bianca e la progettazione dell’attentato terroristico contro il gasdotto risalgono a prima dell’inizio delle operazioni militari russe in Ucraina. Gli Stati Uniti tramavano cioè per distruggere un’infrastruttura importantissima per la Germania e l’Europa senza nemmeno il pretesto dell’invasione, a conferma che l’intenzione americana di far letteralmente saltare cioè che restava dei legami tra Berlino e Mosca non è mai dipesa dal comportamento russo.

Nella prima parte della sua indagine, Hersh spiega il rilievo del Nord Stream per l’economia tedesca, con il gas russo che ha rappresentato il motore dello sviluppo della “locomotiva tedesca”. Proprio la natura vantaggiosissima del gasdotto aveva convinto le due parti a costruire altre due linee sul fondo del mare, il Nord Stream 2 appunto, che non sono mai entrate però in funzione proprio a causa dell’ostilità americana. Il tentativo di sabotare il Nord Stream 2 dipende anche dal significato di questa struttura per l’indipendenza energetica e strategica della Germania e dell’Europa; un progetto ora naufragato sull’onda della guerra in Ucraina e delle enormi pressioni dei padroni di Washington.

Già sul finire del 2021, quindi, su iniziativa del consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, venne creata a Washington una “task force” con il compito, tra l’altro, di ideare un piano “per la distruzione dei due gasdotti del Nord Stream”. La richiesta veniva direttamente dal presidente e a far parte della ristretta commissione erano membri dei massimi comandi militari, della CIA e dei dipartimenti di Stato e del Tesoro. In svariate riunioni, la “task force” aveva presentato diversi piani, ma per tutti risultava fondamentale mantenere il segreto assoluto. Una delle fonti di Hersh racconta che le persone coinvolte condividevano l’opinione che l’operazione non doveva in nessun modo essere collegata agli Stati Uniti, poiché quello allo studio era “un atto di guerra”.

L’idea risolutiva venne alla fine dai rappresentanti della CIA. A portare a termine il delicatissimo compito avrebbero dovuto essere gli uomini della divisione della Marina militare americana assegnati alle operazioni subacquee, il cui quartier generale si trova nella cittadina di Panama City, in Florida. Tra gli incarichi di questo reparto, spiega Hersh, ci sono il posizionamento di esplosivo per la distruzione di dighe o canali per il trasporto navale di merci. Il problema a questo punto era immaginare un piano per fare esplodere il gasdotto Nord Stream sul fondo del Mar Baltico in presenza di serrati pattugliamenti della marina militare russa.

Secondo Hersh, durante l’elaborazione del piano alcuni funzionari della CIA e del dipartimento di Stato coinvolti avevano definito “stupida” l’idea della Casa Bianca, avvertendo che se l’operazione fosse diventata di dominio pubblico, si sarebbe trasformata in un “incubo politico”. La stessa CIA consegnò comunque a Jake Sullivan il piano definitivo all’inizio del 2022 e “quello che accadde dopo”, scrive Hersh, è semplicemente “sbalorditivo”.

Il giornalista americano si riferisce qui al comportamento del cancelliere tedesco. Il 7 febbraio, quest’ultimo fu ricevuto da Biden alla Casa Bianca,dove venne messo al corrente del progetto contro il suo stesso paese. Scholz, dopo avere inizialmente “vacillato”, si piegò al volere americano e, nella conferenza stampa che seguì al vertice, Biden affermò che “se la Russia dovesse invadere l’Ucraina, non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine [al gasdotto]”. Le fonti di Hersh ricordano come molte delle persone che parteciparono al progetto fossero preoccupate dal riferimento quasi esplicito di Biden al sabotaggio. Una testimonianza di quei momenti riportata dall’indagine di Hersh riassume così la situazione: “È come se collocassimo una bomba atomica a Tokyo e dicessimo ai giapponesi che la faremo esplodere”.

Al momento di passare ai dettagli pratici dell’operazione, la scelta della Norvegia come partner europeo per condurre l’atto terroristico fu quasi obbligata, sia per ragioni geografiche sia per il servilismo nei confronti degli Stati Uniti storicamente evidenziato dalla classe dirigente di questo paese. Un aspetto, quest’ultimo, confermato dalla stretta collaborazione tra le rispettive forze armate e dalla ormai folta presenza di militari americani in Norvegia. Oslo aveva inoltre tutto l’interesse a boicottare il gasdotto Nord Stream, visto che ciò avrebbe aperto il mercato europeo alle esportazioni di gas norvegese.

Fu così la Marina militare norvegese a individuare il luogo più adatto per il posizionamento dell’esplosivo, vale a dire in un punto a meno di 80 metri di profondità a poche miglia al largo dell’isola danese di Bornholm. Sempre i norvegesi suggerirono di sfruttare le annuali esercitazioni NATO nel Mar Baltico, organizzate su iniziativa della Sesta Flotta USA di stanza a Gaeta, per piazzare l’esplosivo.

A giugno, così, durante le manovre dell’operazione “BALTOPS 22” gli americani decisero di aggiungere una “esercitazione” subacquea che sarebbe servita da copertura ai reparti speciali della Marina per collocare l’esplosivo al plastico (C4) necessario a distruggere il gasdotto. La deflagrazione avrebbe dovuto essere innescata 48 ore più tardi, ma, visti i tempi così ravvicinati, il collegamento con le esercitazioni sarebbe stato immediato. La Casa Bianca decise allora di non rischiare e ordinò di trovare un modo per attivare l’esplosione dopo settimane o addirittura mesi.

Hersh descrive nel dettaglio le discussioni circa le problematiche tecniche legate al cambio di programma ordinato da Biden. Alla fine venne stabilito di lanciare da un velivolo una “boa sonar” che avrebbe inviato un segnale sul fondo del baltico innescando l’esplosione per distruggere tre dei quattro gasdotti del Nord Stream 1 e del Nord Stream 2. Così avvenne infatti il 26 settembre grazie a un aereo di pattuglia della Marina norvegese. Pochi minuti dopo, la detonazione avrebbe danneggiato irreparabilmente una struttura da 20 miliardi di dollari, causando, oltre a pesanti conseguenze ambientali, gravissimi danni economici e geo-strategici per la Germania e il resto dell’Europa.

Nella parte finale dell’articolo, Seymour Hersh osserva che “nessun giornale americano di rilievo ha ritenuto di dover scavare” sulla vicenda, collegando le numerose minacce lanciate contro l’esistenza stessa del gasdotto russo-tedesco da esponenti dell’amministrazione Biden. Gli indizi erano infatti molteplici e anche dopo l’esplosione si sono registrate dichiarazioni a dir poco sospette. A fine settembre, ad esempio, il segretario di Stato USA, Anthony Blinken, in un intervento pubblico aveva parlato apertamente della “straordinaria opportunità” offerta dalla distruzione del Nord Stream per “liberare una volta per tutte l’Europa dalla dipendenza energetica russa”. Un’opportunità raccolta dall’industria estrattiva americana, le cui esportazioni di gas liquefatto verso il Vecchio Continente sarebbero ulteriormente aumentate.

Più recentemente è stata anche una degli artefici del golpe ucraino del 2014, l’attuale sottosegretario di Stato Victoria Nuland, a lasciarsi scappare parole auto-incriminanti. Davanti alla commissione Esteri del Senato di Washington, quest’ultima esprimeva al repubblicano Ted Cruz la sua soddisfazione per il fatto che “il Nord Stream 2 è oggi un cumulo di metallo sul fondo del mare”.

Le responsabilità dell’attacco terroristico contro il gasdotto russo-tedesco non sono insomma mai state un mistero o, quanto meno, vi era da subito materiale per indagare. I media ufficiali hanno invece fatto di tutto per intorbidire le acque, fino ad alimentare il sospetto che a distruggere la struttura fosse stato addirittura il governo russo.

Come anticipato all’inizio, indizi concreti per sciogliere il “mistero” erano emersi quasi subito dopo i fatti ed è con ogni probabilità su alcuni di essi che ha lavorato Seymour Hersh. In particolare, erano circolati in rete notizie e filmati della esercitazione nel Mar Baltico a giugno 2022, con vari commentatori indipendenti che avevano fatto notare la coincidenza con l’esplosione avvenuta tre mesi più tardi.

Il blogger ed ex analista CIA Larry Johnson ha inoltre ricordato come il 30 settembre scorso il canale You Tube Monkey Werx, dedicato al tracciamento dei voli militari e civili USA, avesse pubblicato un video che, a posteriori, conferma una parte della ricostruzione di Hersh. Nel video viene ricostruita la traiettoria di un velivolo militare sopra l’area incriminata del Mar Baltico poco prima dell’esplosione. L’aereo aveva indugiato al largo dell’isola danese di Bornholm, facendo pensare allo sganciamento di un carico che avrebbe potuto corrispondere precisamente alla “boa sonar” necessaria a dare l’impulso all’esplosione che ha distrutto il gasdotto Nord Stream e affondato le speranze di pace sul fronte russo-ucraino.