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di Giovanna Pavani

E’ di scena l’ennesima farsa italiana, fatta di campanili, protettorati, imprenditoria inetta e politica squallida. Imperatore del momento il presidente della Regione, Formigoni, impegnato a smaltire i panettoni di Natale in una strenua battaglia per difendere quel bene assoluto del Nord che è l’hub di Malpensa. Il governatore della Lombardia è andato giù più pesante del solito: “Allo stato attuale - ha spiegato in un’intervista - l’unica cosa che può fare il governo é ottenere dai francesi che Malpensa possa operare nelle stesse condizioni di ora almeno per i prossimi tre anni. Nel frattempo potremo costituire un'altra compagnia italiana con gli stessi diritti di tutte le altre”. Nella testa di Formigoni già vola “Air Padania” e in quella di Bossi pure. Il senatur , con la classe che ormai tutti gli riconoscono, si è messo a capo della rivolta. “La gente è incazzata, da queste parti è molto incazzata, perchè ha pagato per mantenere in piedi Alitalia e come ricompensa ci portano via Malpensa”. La dichiarazione di guerra è già stata presentata: “Scenderemo in piazza, faremo una manifestazione, nella prima data utile di gennaio, il 12 o il 19, la macchina operativa si è già messa in moto”. Secondo Bossi, “Prodi, di nascosto, a casa sua, dopo una cena ha deciso di vendere ad Air France, non si sa in cambio di che cosa. I francesi, è chiaro, comperano Alitalia solo per avere le rotte. Ma il governo italiano non può pretendere che il Nord, dopo che è servito per tenere in piedi la compagnia, adesso se ne stia buono e zitto. Scenderemo in piazza e ci faremo sentire”. Ma è proprio vero quel che dice Bossi? Che, insomma, questa Malpensa è servita così tanto a mantenere in vita la nostra sgangherata compagnia di bandiera? I numeri raccontano un’altra storia. Che, tanto per cambiare, è il contrario di quanto affermano senatur e compari di Forza Italia.

L’aereoporto di Malpensa, inaugurato nel ’98 da Prodi, pur oggi frequentato da più di 20 milioni di passeggeri all’anno e quasi 250 mila tra atterraggi e decolli, non si può certo annoverare tra gli scali di serie A. Eppure, non appena qualcuno ne ha paventato il ridimensionamento, pare che in Padania non se ne possa fare più a meno. Ma quanto si viaggia e come si viaggia dall'aeroporto che viene definito “milanese “ pur estendendosi nel territorio di Varese? E quanto l'amano davvero i passeggeri meneghini che non hanno mai voluto abbandonare Linate?

Secondo l'amministratore delegato di Air France-Klm, Jean-Cyril Spinetta, la maggior parte delle rotte intercontinentali di Malpensa, 14 su 17, vanno tagliate, tranne New York, Buenos Aires e Tokyo. Tutto un altro piano rispetto a quello di espansione per la Cina e per l'India studiato da Sea, il gestore aeroportuale che fa capo al Comune di Milano e che per un certo periodo, durante il corso della lunga trattativa per la scelta del possibile pater, ha fatto non poche pressioni sul governo perché la scelta si orientasse verso il “sol Levante” piuttosto che altrove. Il motivo è semplice: la maggior parte degli imprenditori della Padania hanno interessi sostanziosi proprio in Cina,Taiwan e Bombay. Ma non è solo questo il motivo. C’è dell’altro.

A sentire l'amministratore delegato di Alitalia, Maurizio Prato, il problema è che i voli intercontinentali di per se stessi sono in grado, anche se non tutti, di volare senza perdere. Quello che invece produce lo sbilancio sono i cosiddetti voli di federaggio, cioè i voli domestici che raccolgono passeggeri in giro per l'Italia per portarli a Malpensa. Sono questi aerei (che a Malpensa arrivano mezzi vuoti e ripartono ancora più vuoti) a generare il buco, perché il costo del volo comprende sia la tratta domestica che quella intercontinentale. Il buco prodotto in un anno da Malpensa è stato quantificato da Alitalia in 200 milioni.

Per fare qualche esempio, il Malpensa- Shanghai perde 20 milioni l'anno. Mentre il Malpensa-Delhi e il Malpensa-Mumbai, 15 milioni ciascuno. In tutto, 50 milioni all'anno. Tra i voli di feederaggio più deficitari ci sono quelli da Ancona, che nel 2006 hanno visto salire a bordo solo 41 mila passeggeri, mentre duemila in più ne sono partiti da Trieste, appena 61 mila da Pisa e 75 mila da Firenze. Numeri che, per essere compresi, vanno confrontati con quelli della prima tratta domestica di Malpensa per numero di passeggeri, dopo quella per Roma Fiumicino, la Napoli-Malpensa che conta 240 mila passeggeri.

Davanti a questi numeri, come si fa a dire che Malpensa è una gallina dalle uova d’oro? Forse è più corretto dire che, stante le cifre, l’hub Malpensa non è mai decollato. E l'accusa che Air France voglia depauperarlo a favore del proprio hub, Charles De Gaulle, è una menzogna, visto che già ora Malpensa serve quell'aeroporto. Di più: la tratta Malpensa- Charles De Gaulle è quella che, sulla scorta dell'accordo siglato nel 2001 tra Alitalia e Air France, conta più passeggeri in assoluto: quasi 800 mila nel 2006.

Linate, finita sotto accusa perché sottrarrebbe traffico a Malpensa per portarlo negli altri hub, ne trasporta meno della metà: 386 mila. Dalla stessa Malpensa partono sei voli giornalieri per Zurigo che alimentano l'hub della Swissair e tantissimi sono gli imprenditori che scelgono di volare da Malpensa per Francoforte per poi proseguire con Lufthansa. Merito anche del maggior confort offerto dalla business class, degli orari più flessibili e del maggior numero delle frequenze.

A sottrarre traffico a Malpensa c'è dunque solo Malpensa. E tutti gli scali del Nord, che negli ultimi quattro anni sono cresciuti esponenzialmente. A partire da quello di Venezia, che preferisce portare passeggeri altrove, avendo predisposto 70 voli settimanali su Roma, 42 su Parigi, 41 su Monaco, 33 su Francoforte e solo 21 su Malpensa. Da Venezia peraltro partono ormai voli diretti su New York, Philadelphia e di recente su Dubai.

Dunque, appurato che Malpensa non funziona come “snodo” di traffico aereo, quali sarebbero i suoi inestimabili punti di forza, tali da suscitare la possibile rivolta del Nord? Funzionano le rotte per il Nord Atlantico: dalla New York alla Miami, ma anche quelle dei voli come Cancun e Sharm El Sheikh. E poi i collegamenti con Tokyo, che infatti verranno mantenuti, e quelli con Dubai e Tel Aviv. Mentre in Europa sono molto gettonati i collegamenti con Mosca. Un po’ pochino per un hub che, a parere dei padani, sarebbe un’impriscindibile forza del Paese.

Ma qui entrano in gioco anche altri due fattori: il campanilismo e i soldi. Il possibile ridimensionamento di Malpensa (che già si ridimensiona per conto suo, come si è visto, quindi non si vede dove i francesi possano aumentare il carico) andrebbe a possibile favore di Fiumicino. Non è un caso se gran parte delle rotte internazionali sono già state riposizionate sullo scalo romano. E questo va di traverso a chi, fino ad oggi, volava da Milano a New York e ora dovrà scendere a Roma. Una perdita di tempo? Certo. La stessa per anni subìta dai romani che, tuttavia, non hanno mai mosso una paglia sulla valorizzazione di Malpensa. Un po’ di fastidio, certo, e costi in più, ma niente di insuperabile.

Ma il fatto più importante è senza dubbio un altro. Il Parlamento ha votato due mozioni per dire che in Italia, così come in qualunque altro paese europeo, non ci possono essere due hub. E nonostante tutto Formigoni e la Moratti sostengono che milioni di euro di perdita per Alitalia sono sopportabili, ma non il ridimensionamento di Malpensa: tutto per portare affari alla Sea di cui sono azionisti. Come al solito: altro che Padania, altro che Nord depauperato del suo aeroporto. Quando le difese di un presunto bene pubblico sono così esasperate vuol dire che il bene privato di alcuni e i privilegi di molti sono in pericolo. La Padania non c’entra niente. E, per dirla in padano, accà nisciun è fesso.