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di Saverio Monno

Con lo spettro dell’inflazione alle porte e la recessione statunitense dietro l’angolo, il responso della Camera alta del Parlamento italiano brucia in modo lacerante. Gli occhi del mondo ci guardano, fino ad ora non abbiamo fornito che uno spettacolo impietoso. Sputi, urla, insulti, spintoni. Il Presidente Marini che brandendo la “martinella” ammonisce “…via quelle bottiglie, non siamo all’osteria…” mentre in aula si mangia mortadella e si stappano bottiglie di spumante. Il naufragio del governo, i rifiuti della Campania, questo lo spaccato di un’Italia che il New York Times aveva definito “triste”. Un paese dove solo un terzo delle famiglie riesce ad arrivare alla fine del mese, diceva invece l’Eurispes. Una nazione che sempre più ricorda un “mercado callejero arabe” (un mercato di strada arabo) dove il cd. “Diesel” (così come è stato definito Prodi in Germania ndr.) immola la sua maggioranza tra gli scranni del Senato, ostinandosi in una conta che lo avrebbe visto sconfitto 161 contro 156. Le cause del tracollo sono state molteplici ed il “porcellum” è stato “solo” un grave vizio d’origine. L’Unione è andata logorandosi progressivamente, ha intrapreso da sola, ed in via del tutto autonoma, la scelta del suicidio politico. E’ implosa. Prodi ha finito per badare quasi esclusivamente alla compattezza della sua coalizione, deludendo le aspettative di quanti lo votarono. Certo, lo ricorda anche il francese Le Figaro “ha risanato le finanze pubbliche e riaffermato la presenza dell' Italia in Europa e sul piano internazionale. Non ha tuttavia portato a conclusione nessuna delle grandi riforme strutturali che avrebbero permesso di modernizzare il Paese e lascia sul campo parecchi e troppo ingombranti nodi irrisolti”.

C’è pessimismo ora sul futuro del Paese, gli elettori si sentono traditi e chiedono nuove elezioni. Non è tanto perché si auspichi un ritorno del “cavaliere” (anche se allo stato la cosa pare non proprio inverosimile), quanto perché in realtà, si vorrebbe voltare pagina una volta per tutte; la politica è in crisi e non è una scoperta. Il Paese ha bisogno però di una nuova legge elettorale e, paradossalmente, ad innescare il tracollo del governo Prodi è stata proprio questa necessità.

Dunque il governo non era “ostaggio” della Sinistra cd. radicale, come qualcuno si ostinava a “starnazzare” dall’opposizione, il detonatore della crisi era nel centro; costituito in primo luogo dal Partito Democratico, la cui nascita, anziché permettere il consolidamento della coalizione, ha sortito l’effetto di creare un dualismo di fatto al vertice della stessa, che non poteva non indebolirne l’autorità e la credibilità. Solo dopo il terremoto-Veltroni, arriva il “colpo di grazia”. Il tradimento di Dini e Mastella, in fondo è l’emblema di quel “pericolo da destra” che doveva essere (e magari lo era) ampiamente previsto.

Intanto, al Quirinale si svolge il rito dell’inizio delle consultazioni. I primi ad incontrare il Presidente Napolitano sono stati i presidenti di Camera e Senato, Bertinotti e Marini, che hanno lasciato il colle senza effettuare dichiarazioni. Poi è stata la volta dei gruppi misti dei due rami del Parlamento. Si è proseguito con gli esponenti delle rappresentanze minori che continueranno sino a lunedì. Per martedì è invece previsto l’incontro con Forza Italia e Partito Democratico, quindi a seguire gli ex Presidenti della Repubblica, Cossiga, Scalfaro e Ciampi.

L’alternativa, in sostanza, è tra elezioni anticipate e governo di transizione. Nel secondo caso l’obiettivo primario sembrerebbe l’approvazione della tanto invocata nuova legge elettorale. Anche se dallo stop, subito da Prodi al Senato, il quadro politico è cambiato ed a chiedere elezioni anticipate non è più il solo centro-destra, ma anche diversi partiti del centro-sinistra, tra cui l’Italia dei Valori, l’Udeur (ammesso che lo si voglia continuare ad annoverare tra i partiti di centro-sinistra) ed i comunisti italiani. Critico quanto criptico Diliberto, per il quale “non si possono risolvere i problemi della sinistra attraverso governi tecnici o istituzionali, che dir si voglia”, non è solo il tempo a migliorare le cose. Tra i partiti, di contro, più propensi all’idea di un governo di transizione, PD e UDC, con Rifondazione Comunista attenta agli sviluppi che, come dichiara Migliore, “non vuole mischiarsi”; ma l’auspicio che si apra una parentesi transitoria affascina anche il presidente di Confindustria, Montezemolo, che indica tra le riforme più urgenti la correzione del bicameralismo perfetto e la nuova legge elettorale, oltre ad una riforma dei regolamenti di Camera e Senato. “Non ci sono dubbi. Non si può tornare alle urne con questa legge – è quanto sostiene anche Prodi – equivarrebbe ad una riproposizione della frammentazione politica di oggi.”

Tra le personalità caldeggiate per la guida di questo ipotetico governo tecnico, è sembrato largamente condiviso il nome di Franco Marini, il quale però non sembrerebbe interessato. Ma la rosa dei “papabili” comprende anche il governatore della Banca d’Italia Draghi e l’ex commissario europeo Mario Monti. Pare priva di fondamento, invece, l’ipotesi Gianni Letta, scartata da Lega, AN e FI e bollata come ipotesi di fanta-politica. “Si vada dritti alle elezioni”, dice Berlusconi, cui fa coro Fini.

La decisione, ad ogni modo, resta in gran parte legata anche alla disponibilità di chi, proprio come Berlusconi, occupa un’indiscutibile posizione di forza al momento. Sul fronte opposto, Veltroni, che tanto si è speso nel ricercare una sorta di “entente cordiale” con il cavaliere, ha riunito i vertici del partito, presente anche Romano Prodi. Benché la partecipazione all’incontro del professore (che ha già comunicato di non essere disposto ad accettare un eventuale terzo mandato) sia servita anche a fugare ogni dubbio su possibili lotte intestine al PD, i problemi restano. Restano soprattutto per chi, cioè lo stesso Veltroni, potrebbe trovarsi a dover tenere fede alla promessa di “correre da solo”, anche nell’ipotesi di doversi recare alle urne con l’attuale legge elettorale. E soprattutto alla luce della ritrovata concordia all’interno della C.d.L. “Sarà la saggezza e la capacità del Presidente della Repubblica – affermava Marini – a tirarci fuori dalla crisi.”

Non possiamo non domandarci quanto sia credibile che i protagonisti degli ultimi dieci anni di aspro confronto politico, (oseremmo dire di “scontro frontale”) artefici dello scempio consumatosi in Senato e, più in generale, del fallimento politico a cui abbiamo assistito, possano sinceramente trovare un accordo per una nuova e migliore legge elettorale. Al Presidente Napolitano, i migliori auguri per un buon lavoro: non sarà semplice mediare gli interessi del Paese con gli appetiti dei partiti.