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di Rosa Ana De Santis

Il partito gli chiede di correre da solo, Berlusconi gli propone di entrare nel Pdl. Giorni difficili per Pier Ferdi, che a forza di fare il "né-né" si trova a dover scegliere di non saper dove andare. L'ex Presidente della Camera le sta tentando tutte con il Cavaliere: pur di apparentarsi farebbe qualunque cosa. Ma pare che stavolta l'uomo di Arcore abbia deciso che la formazione bigotta serve solo se porta voti a lui, non se Casini utilizza i voti suoi per le sue probabili, future scorribande trasversali. Dunque, forse l’Udc di Pier Ferdinando Casini, suo malgrado e controvoglia, “correrà da sola”. Del resto era stato questo il duro verdetto emesso dalla segreteria politica dei partito papale, che ha respinto le offerte indecenti di Berlusconi che pretendeva adottarlo cambiandogli però nome e cognome. Davanti all’idea di veder scomparire il proprio simbolo, Casini ha detto no: l’Udc, allora, correrà da sola. Che poi sia preciso il termine correre piuttosto che camminare, questo lo vedremo il 14 Aprile. Intanto quello che è certo è che il partito dell’ex-presidente della Camera ha raggiunto il record di traumi nel più breve lasso di tempo possibile. Prima l’uscita dell’ex ministro Baccini, vero e proprio proconsole romano del partito, seguita da quella di Tabacci, uomo di spessore rimarchevole e autentica anomalia nel partito di Cuffaro. Poi l’uscita di Giovanardi, ignorata però da chiunque non sia un parente a lui prossimo. Il fatto è che a Casini, povero, non ne va bene una. Per un malinteso quanto errato senso di fedeltà nei confronti di Berlusconi, aveva rifiutato la proposta del Presidente del Senato Marini di costituire un governo”a scopo”, cioè un Esecutivo di transizione che mettesse nero su bianco una riforma elettorale in grado di produrre un sistema di voto con qualche logica e qualche fine. Aveva rifiutato l'offerta convinto che così avrebbe avuto un buon tornaconto, lanciandosi nel recupero della sua identità centrista da sviluppare al comodo riparo dei voti e della macchina elettorale del Cavaliere. Macché.

Per compiere l’ardito passo si era ovviamente consultato con Ruini, vero e proprio principe ispiratore delle sue parole, pensieri, opere e, soprattutto, omissioni. Il cardinale, com’era ovvio, aveva ribadito che un partito cattolico non può mancare nella scena politica nazionale. Sarebbe interessante vedere ora se lo stesso Cardinale non giudichi eccessiva e penalizzante la diaspora dei papalini in cerca di voti.

Sulle probabilità che divorzio sarà tra Berlusconi e Casini inciderà non poco la scelta del candidato governatore in Sicilia. Il non più presentabile Cuffaro, infatti, mette in libera uscita il più che cospicuo serbatoio di voti dell'Udc, che pare disposto a veicolare su Salvatore Lombardo. Lombardo però, autonomista per finta e democristiano nel senso più deteriore davvero, mentre dice di sì a ier Ferdi tratta anche con il Pdl, tanto per capire chi offre di più. Nelle prossime ore si capirà meglio il progetto (e gli zeri che ci sono dietro. Intanto però, Casini fa finta di tenere duro. “Basta chiacchiericci” - ha detto - su Udc, Pdl, chi sta con chi e come, con quale simbolo e con quale candidato premier. Basta, sette anni dopo il matrimonio con la Casa delle Libertà, si spezzano vincoli, alleanze, patti. "C'è poco da dire, le cose ormai sono chiare" scandisce la parole Casini. E' divorzio. Ognuno va per conto suo: il Pdl con An incorporata e la Lega federata al nord; l'Udc da sola, verso il centro, dove adesso si aprono scenari ancora tutti da definire ma molto vivaci.

Chi conosce Casini sa quanto le espressioni più dure siano accompagnabili con le trattative più serrate, dunque le parole fin qui pronunciate potrebbero essere facilmante smentite entro qualche ora. Spettatori interessati di questo possibile strappetto i nuovi arrivati della Rosa Bianca: "Sono pronto ad aprire un dialogo costruttivo con l'Udc" ha rilanciato subito il presidente della neonata formazione. "Con Pezzotta e Tabacci ci troviamo oggettivamente sulla stessa traiettoria" riflette Michele Vietti, deputato dell'Udc. Effettivamente l’alzata di dignità – volendo usare un parolone – di Casini, rischia di produrre fatti concreti, oltre che i polveroni delle polemiche.

Perché la nascente “Rosa bianca” di Tabacci e Pezzotta, alla quale ora si somma la dismissione dell’Udc, produce un vuoto effettivo nel serbatoio elettorale delle destre. Cominciano infatti ad essere numerosi i voti che – rispetto alle precedenti consultazioni – mancano all’appello di coscritti di casa Silvio. Ultima arrivata, la lista del ciccione mediatico Ferrara. Si aggiunga poi che Tremonti, con il sarcasmo che gli é notoriamente riconosciuto, ha invitato Mastella ad andare per conto suo, giacché - queste le parole dell'ex ministro del Polo - "il rischio per il Pdl non é quello di perdere pezzi di politica, ma di perdere elettori". E così, anche il voltagabbana di Ceppaloni dovrà cavarsela da solo, con un partito che prorpio in Campania, per somma sfida, gli ha già detto che di passare con la destra proprio non se ne parla. Ingrati: Mastella gli ha consegnato la testa di Prodi e il Pdl non vuole averlo nemmeno come ospite imbucato. Ma certo che Mastella e casini, Pezzotta e Tabacci, per non parlare di Storace e Santanché che sfidano apertamente il commissario liquidatore di An, Fini, cominciano ad essere qualcosa di numericamente rilevante.

In questo senso quella di Berlusconi si annuncia una marcia in salita e non è detto che la sicumera con la quale ha ingaggiato il braccio di ferro con i centristi non possa, alla fine, rivelarsi perdente. Ci vuole infatti ben altro che la signora Brambilla per fermare l’emorragia di voti e il fiorire di liste. Che configurano una formazione di partiti che, uno dopo l’altro, toglieranno voti proprio al cosiddetto Pdl, a tutto vantaggio del Partito Democratico di Veltroni.

Berlusconi infatti, pur avendo acquistato a titolo definitivo An, grazie all’ennesima giravolta di Fini che ha offerto a prezzi di saldi la sua formazione politica, rischia di pagare un prezzo altissimo alla sua ansia di predatore. Del resto Fini pagherà non poco, specie nel centro-Italia, l’uscita di Storace e Santanché e i voti in uscita di Casini rischiano di far saltare il tavolo verde del cavaliere nero. Il centro pare prendere corpo e la clessidra della politica pare essersi rovesciata in una rincorsa all’indietro del tempo della politica. Il vecchio avanza. Si tratterà di vedere se il nuovo avrà di che goderne.