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di Saverio Monno

Ci sono voluti tre anni per comprenderlo, ma adesso è tutto chiaro: La morte di Nicola Calipari è stato “solo” un drammatico incidente. E’ impossibile dissentire. Inammissibile cercare di far luce sui troppi interrogativi che aleggiano sulla vicenda. La giustizia italiana non ha il diritto di cercare la verità. Pertanto, non ci sarà alcun processo per Mario Lozano. Nessuna corte chiarirà in quali circostanze e con quali regole d’ingaggio il soldato americano, quella tragica sera del 4 Marzo 2005, ha esploso una raffica di colpi dalla sua mitragliatrice uccidendo l’alto funzionario del Sismi, ferendo il maggiore dei carabinieri Andrea Carpani e l’inviata de il Manifesto Giuliana Sgrena, appena liberata. Questo è quanto ha stabilito la Prima Sezione Penale della Cassazione, al termine di una camera di consiglio di circa tre ore. Il tribunale supremo dello stato italiano, rigetta dunque il ricorso presentato dalla Procura di Roma e dalle parti civili, e conferma la sentenza dei giudici di merito: “carenza di giurisdizione”. Nella sua requisitoria, il sostituto procuratore generale, Alfredo Montagna, che pure aveva criticato la sentenza - giudicata “assente” e “difettosa” - dello scorso 25 ottobre, concede in parte ragione alla Procura di Roma ed alle parti civili, ma diverge sulle conclusioni. E’ vero che non esistono leggi, o trattati, o convenzioni di sorta che garantiscano agli USA una giurisdizione esclusiva sulla condotta dei propri soldati, ma è convinzione profonda del pg che il Lozano, sparando all’auto italiana, “abbia eseguito un compito assegnatogli dal suo stato e debba pertanto godere dell’immunità derivante dall’aver agito come organo funzionale del governo degli Stati Uniti”. Di qui “l’illiceità di un procedimento italiano a carico del soldato USA”.

Inefficaci i tentativi di replica delle parti civili. “Lozano ha davvero obbedito agli ordini? – si domanda infatti, l’avvocato Coppi, legale della famiglia Calipari – Come è possibile ricavare questa conclusione dagli elementi emersi dal processo? Proprio alla luce di quanto finora appurato sarebbe necessario affrontare la questione attraverso un dibattimento”. Inoltre, “l’immunità paventata dalla requisitoria - annota il legale di Giuliana Sgrena, Alessandro Gamberini - riguarda gli stati ed i loro sommi rappresentanti, non si comprende quindi come il militare possa essere considerato immune”.
Tutto inutile. Il verdetto di piazza Cavour, l’ennesimo, impietoso non possumus opposto alla giustizia, accontenta l’istanza del sostituto procuratore generale e – “a sorpresa” – smaschera la vigliaccheria della nostra classe politica, improvvisamente smaniosa di porre la parola fine a tutta questa storia, tanto da ordinare all’avvocatura dello stato di non prendere posizione, “di aderire senza indugio all’orientamento della Cassazione”.

Ovviamente amareggiata la reazione di Rosa Villecco, la moglie di Calipari. “Sono profondamente addolorata e delusa: si è resa evidente l'impotenza delle nostre istituzioni. Questa sentenza riduce la morte di mio marito ad una vicenda e ad un dolore strettamente privati”. “Nicola - ha ricordato - era un funzionario dello Stato ed era in Iraq per svolgere un compito affidatogli dal Governo italiano. Un Governo che avrebbe dovuto difenderci!” Dello stesso avviso anche l’avvocato Coppi. “Non ci volevamo accanire contro Lozano, ma solo capire quali ordini gli erano stati dati. La decisione della Cassazione ci lascia con l'amaro in bocca”, ha detto. Giuliana Sgrena, che in ossequio a quanto sancito dal codice, è stata condannata anche al pagamento delle spese processuali, è forse la meno sorpresa dal responso della corte. “Come avevamo potuto sperare in uno scatto d’orgoglio della nostra giustizia – si chiede dalle colonne del suo giornale – dopo che i nostri rappresentanti si erano prostrati davanti all’amico George W. Bush, giunto oramai al suo tramonto politico?”

Si riapre, dunque, la ferita per quei rapporti odiosamente “sbilanciati” tra Italia e Stati Uniti. Trionfa l’arroganza degli “alleati” d’oltreoceano, la sfrontatezza di un governo, quello statunitense, che sin dal principio ci ha trattato da pezzenti, rifiutando ogni tipo di collaborazione che potesse far luce sulla vicenda. Emerge poi, in tutta chiarezza, il quadro vergognoso di uno stato, quello italiano, ipocrita e perbenista, pronto a piangere ed osannare “le eroiche virtù militari”, “le nobili qualità civili”, “l’altissimo senso del dovere”… Solo chiacchiere, a coprire l’insopportabile silenzio che la politica ha saputo offrirci nel prosieguo dell’ultima pagina oscura della storia italiana.