di Mariavittoria Orsolato
Che Giancarlo Galan sarebbe stato sonoramente trombato in occasione delle candidature alle regionali 2010, lo sapevano ormai anche i muri. L’unico che pareva non essersene accorto era proprio il diretto interessato che, raggiunto dalla notizia che a Roma i pollici erano versi, ha dichiarato stizzito che la decisone presa dai colleghi dell’ufficio di presidenza Pdl è stata “peggio di un tradimento e cioè un errore”.
Povero Galan, c’è da capirlo: 15 anni di onorato servizio a Padron’ Silvio certo non sarebbero mai bastati ad assicurare al quasi ex governatore un loculo nel mausoleo personale di Arcore; ma, vista la fatica fatta per arruolare adepti e soprattutto finanziatori durante la fase embrionale di Forza Italia, almeno la poltrona doveva essere garantita. Son tempi difficili proprio per tutti.
Erano anni che la Lega spingeva per avere la presidenza del suo bacino di voti più nutrito e, già durante il luglio del 2008 a Padova, il Senatur nel famoso comizio in cui alzò il dito medio all'indirizzo dell'Inno di Mameli aveva investito come candidato per la Regione Flavio Tosi, fresco sindaco di Verona. Ma in troppi all’interno della cerchia intima dei berluscones storcevano il naso al pensiero di dover lasciare una regione così popolosa ed importante nelle mani del sempre più invadente Carroccio.
Il placet sembra sia arrivato da un Gianfranco Fini contento di aver piazzato l’ossimorica segretaria dell’Ugl Renata Polverini al Lazio anche se, in sostanza, la mossa del Pdl (che oltre al Veneto ha deciso di immolare alla Lega anche il Piemonte) pare voler regalare al temuto alleato buona parte del territorio settentrionale, un’area statisticamente produttiva sia in termini economici che politici.
Le candidature non sono ancora state formalizzate, ma la rosa dei papabili è decisamente limitata. Il ministro per le Politiche Agricole - il trevigiano Luca Zaia, già vicepresidente al fianco di Galan dal 2005 al 2008 - sembra essere in pole position; ma anche il sindaco sceriffo di Verona, quel Flavio Tosi che (citando) potremmo definire più bello che intelligente, pare avere buone chance nella corsa a palazzo Balbi. Se Tosi ha delle speranze è perché un’eventuale sostituzione di Zaia al ministero aprirebbe l’ennesimo conflitto all’interno della maggioranza: la poltrona dell’Agricoltura fa decisamente comodo alle battaglie populiste e forcaiole della Lega e un cambio in questo senso gioverebbe esclusivamente all’esangue Pdl, che avrebbe le mani libere nell’assegnazione del dicastero grazie ai delicati equilibri di coalizione. Il nome definitivo lo farà comunque Bossi, probabilmente di concerto con il pseudo-parlamento veneto della Lega, e non prima di aver chiamato a colloquio entrambi i candidati.
Se a Roma il Risiko delle candidature tiene banco, in Veneto soffia già il vento del divorzio in casa Pdl. Le dichiarazioni contrite di Galan sembrano prospettare una divisone all’interno del partito, con il presidente uscente pronto a creare una lista assieme all’Udc di Casini e deciso in ogni caso a sfidare il candidato leghista i prossimi 21 e 22 marzo. Sarebbero infatti in molti tra i sindaci veneti a non aver apprezzato il magnanimo gesto con cui il Pdl ha omaggiato la Lega, primo tra tutti il veneziano democratico Massimo Cacciari che, intervistato dal Corriere del Veneto, ha affermato: “Con Galan sono maturati rapporti di stima e di amicizia, perciò credo che abbia ragione lui: il Pdl ha commesso un errore a mollarlo e - continua - questo è un cambio che non farà l’interesse del Veneto né quello del Paese”.
Invece, nei piccoli comuni - che sono poi il vero punto di forza della Lega - i sindaci del Carroccio già brindano al futuro governatore, convinti che un rappresentante dello stesso colore politico significhi automaticamente finanziamenti a pioggia, investimenti e infrastrutture in un momento in cui anche per il Veneto, un tempo ricchissimo, è giunta l’ora di fare i conti con le recessione, la crisi e tutti i problemi che naturalmente ne conseguono.
Il risultato della tornata elettorale regionale per il Veneto è già praticamente scritto e il timore condiviso è che la svolta leghista sia una svolta soprattutto per quanto riguarda gli usi e i costumi della società. Se poi le risposte alle ansie dei veneti verranno solo dalle ronde e non, come promesso, dalle casse di palazzo Balbi, allora la Lega avrà poco di che dibattere. Sotto il leone di S. Marco, i schei son sempre schei.