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Stando ai resoconti dei principali quotidiani, la scoppola siciliana sembrerebbe aver smosso il segretario del PD, Matteo Renzi, convincendolo ad uscire dal suo isolamento. In una direzione nazionale del suo partito, che come al solito nulla ha avuto a che obiettare, Renzi ha proposto la costruzione di una coalizione elettorale in vista delle elezioni di Marzo. La coalizione, nelle intenzioni di Renzi, vedrebbe nel PD la leva, nel braccio destro gli alfaniani e la formazione in gestazione di Bonino e Calenda, e in quello sinistro MDP-Art.1, Sinistra Italiana e Possibile. Non mancherebbe, ovviamente, Pisapia, che ormai, come il prezzemolo, lo si trova in ogni alleanza e sempre con la medesima caratteristica: a fronte di pochi voti proietta tante ambizioni.

 

 

Perfettamente consapevole di non risultare personalmente affidabile, per la delicata missione Renzi ha nominato due ambasciatori: Guerini per la destra e Fassino per la sinistra (quest'ultimo suona quasi un paradosso). Ora, mentre a destra Alfano è ancora impegnato nel decidere come utilizzare il suo minimo capitale, ovvero dove e come può risultare più ricattatorio, la Bonino e Calenda non sembrano molto convinti dell’operazione. Solo i socialisti e l’Idv, consci di non possedere falangi macedoni, si sono prontamente accodati. Una manciata di seggi val bene una messa e quando non si ha molto da dire conviene avere qualcosa da prendere.

 

Ma a sinistra le cose risultano molto più complicate per il ducetto di Rignano sull’Arno. La “proposta” di Renzi è stata respinta al mittente , com’era auspicabile e prevedibile. Sarebbe stato non solo incomprensibile il contrario, ma persino autolesionistico, dal momento che è ormai verità conclamata il buio pesto del renzismo e di un partito divenuto un suo possedimento d'Oltre Arno. I rovesci elettorali, succedutisi senza sosta negli ultimi anni alle municipali, provinciali, regionali o al referendum costituzionale, evidenziano la crisi terminale del renzismo, preso a sberle dall’elettorato.

 

Ciò non solo per le politiche - punitive quanto stupide - riservate ai diversi settori sociali, ma anche per il tentativo osceno di rivoltare a favore dei poteri forti l'assetto democratico del paese, il ruolo delle forze intermedie e quello del Parlamento. Nell'idea di Paese oltre che nei singoli provvedimenti osceni è maturato il rifiuto ormai generalizzato del Paese nei confronti dell’arrogante bulletto toscano. In questo senso, per chiunque, allearsi con il PD significa soffiare controvento, ovvero addossare anche su di sé il rigetto popolare nei confronti del renzismo. Un transfert suicida.

 

La sinistra, non senza passi falsi ed errori, cui proprio non riesce a rinunciare, spinta da un impulso alla sua autodistruzione che è causa e conseguenza della sua irrilevanza, è invece in procinto di definire la sua alleanza elettorale e questo rappresenterà la pietra tombale per il PD a trazione renziana. Perché un probabile risultato che oscilli tra il 7 e il 10 per cento dei voti (molti dei quali sranno travasati dal PD) è più che sufficiente a stabilire la distanza tra una sconfitta certa e una disfatta probabile per il Nazareno.

 

L'apertura di Renzi è finta, puro teatrino. Se il PD avesse voluto costruire davvero le condizioni per una coalizione ampia, non avrebbe imposto la legge elettorale vigente. Una legge elettorale che, vista la mappatura del paese, favorirà solo la destra. E' stata concepita per obbligare all’accordo con Forza Italia, impedire la vittoria del Movimento 5 stelle e stroncare sul nascere la costruzione di un quarto polo politico destinato ad occupare lo spazio di sinistra dell’elettorato.

 

Il tentativo del PD di trovare qualche portatore di voti alla sua corte avrà il suo seguito nel tentare di addossare alla sinistra la mancata unità dello schieramento contro la destra: ma l'appello al voto utile sarebbe un boomerang proprio per il PD stesso, giacchè se gli elettori dovessero recarsi alle urne con l'unico obiettivo di fermare la destra, voterebbero Movimento 5 Stelle, non certo PD. Per una questione numerica, prima che politica.

 

Appare dunque patetico e strumentale l’appello renziano all’unità elettorale, mentre si guarda bene dal rinnegare le peggiori scelte di politica economica e sociale. Ovvio quindi che nessuno s’iscriva alla brigata di soccorso per il grumo di potere toscano. Renzi uscirà nuovamente sconfitto da questa stagione politica e con lui quanti, all’interno del suo partito, non hanno saputo né voluto porsi all’opposizione di una sagra strapaesana specializzata nell'arraffare.

 

Che ha tentato di mangiarsi il Paese ma che è riuscita solo a distruggere ciò che, stupidamente, in un corsa scellerata verso l'abbandono dei propri valori di riferimento ed ammaliati dall'idea folle del partito liquido, gli era stato affidato.