Stampa

L’annuncio è stato un fulmine a ciel sereno per i supporters del Movimento. Alessandro Di Battista non si ricandiderà alle prossime elezioni politiche per scelta sua. Continuerà a stare dentro al Movimento (anche se non è chiaro se seguirà a far parte del cosiddtto "direttorio") ma senza svolgervi la funzione di Deputato della Repubblica.

 

 

Sono in molti a chiedersi il perché di questa scelta, sebbene dallo stesso Di Battista sia stata motivata con l’intenzione di viaggiare e di scrivere un nuovo libro, di dedicarsi al figlio; insomma di disintossicarsi dal teatrino provando ad andare dove lo porta la voglia di rimescolare le carte della sua vita.

 

Sul web diversi affiliati chiedono all’esponente dei 5 Stelle di ripensarci; non ne comprendono fino in fondo le motivazioni (con ciò tradendo la scarsa considerazione per l’impegno necessario a volgere bene tutti i ruoli in questione, ovvero il parlamentare, lo scrittore e il viaggiatore, per non parlare della paternità).

 

Di Battista, tra tutti gli esponenti del Movimento5Stelle è certamente il più vivace. Oltre ad una notevole capacità di comunicare, che trasforma le gaffes (inevitabili se devi parlare tutti i giorni e su tutto), per la sua storia personale ed alcune sue posizioni, incarna l’anima “di sinistra” del grillismo, così come Fico rappresenta la parte più “integralista” e Di Maio quella più vicina alle ragioni della “destra” del movimento.

 

E’ possibile che la scelta di Grillo, monarca assoluto del movimento che si vorrebbe a parole orizzontale, che ha lanciato proprio Di Maio alla carica di premier designato per le politiche del prossimo anno abbia fatto propendere Di Battista per il passo indietro. A causa di una legge elettorale oscena e con il contributo di una posizione integralista sul rifiuto delle alleanze, il governo non sarà penta stellato e Di Maio non sarà Presidente del Consiglio. E dunque?

 

Anche prevedendo un livello record di astensionismo (che dovrebbe interrogare a fondo tutte le forze politiche ed il sistema mediatico, atteso che invece ai poteri forti la ridotta partecipazione non è un danno in sé) la disputa elettorale del prossimo Marzo si annuncia solo come una dimostrazione muscolare. Nessuno dei tre poli – PD, Destra e grillini – disporrà della maggioranza parlamentare per formare un governo e dato che un governo tecnico non appare un percorso realistico, vista la reiterata indisponibilità di Mattarella, nel giro di tre o quattro mesi dovremo tornare a votare. E' gia successo in Belgio, in Spagna e succederà probabilmente in germania, niente di inedito.

 

Ma proprio la necessità di dare uno sbocco politico alle aspirazioni dell'elettorato del M5S diverrà un nodo non evitabile. Perché anche se i vertici del movimento ne farebbero volentieri a meno, gli elettori pentastellati vogliono la prova del governo.

 

E qui starà il bivio tra successo o irrilevanza. Rimanere solo opposizione in prospettiva ridurrebbe rapidamente i consensi. In questo senso il movimento dovrà interrogarsi sul perchè anche quando vince (il caso di Ostia) l'astensione resta altissima. Significa che nemmeno il M5S, con la sua carica di protesta e il proporsi come "antipolitica", rappresenta un luogo verso il quale i delusi da tutto tornano ad investire.

 

Insomma, nemmeno il grillismo colma lo spazio siderale ormai esistente tra rappresentanti e rappresentati. Rendersi diversi ma non spendibili sul piano politico non aiuta a consolidare il consenso da parte di un popolo che ormai, sempre più chiaramente, dimostra che non si fida e non si affida.

 

Sarà quella la circostanza nella quale il Movimento 5 Stelle dovrà necessariamente decidere un cambio di strategia ed allora Di Battista verrà considerato ciò che è: l'uomo più adatto, forse, al dialogo con la sinistra e una risorsa decisiva per l’immagine e per il senso politico dei 5 Stelle. In questo senso il suo apporto verrebbe valorizzato ed un suo rientro avrebbe un senso soprattutto se destinato ad aprire un capitolo diverso sul piano delle alleanze per poter governare. Che, in fondo, resta l'obiettivo per il quale una forza politica nasce e senza raggiungere il quale, prima o poi, scompare.