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In questa fase pre-balneare dell’anno, con la soglia d’attenzione dell’opinione pubblica che inizia a scendere, Matteo Salvini ha deciso di tenere tutti svegli a colpi di propaganda. La tecnica è quella della mitragliatrice: una serie di annunci-manifesto a ripetizione, con cadenza pressoché quotidiana, su argomenti sensibili e con l’aggressività necessaria a stimolare il duodeno degli elettori.

 

Dal punto di vista formale, questa pratica rappresenta una grave violazione istituzionale. Non si è mai visto un vicepremier-ministro dell’Interno che si permette di pontificare su quale indirizzo politico il governo debba assumere in tema di rapporti internazionali, programmazione economica e perfino politica sanitaria. Salvini si è spinto a dare pubblicamente ordini al Presidente del Consiglio, danneggiandone (o meglio, cancellandone) credibilità e autorevolezza.

 

 

Fin qui il Movimento 5 Stelle non è riuscito a organizzare alcuna contromisura. Da azionista di maggioranza di questo governo, si è trasformato quasi subito in sparring partner, dilapidando un vantaggio enorme. Alle elezioni del 4 marzo i grillini avevano preso il doppio dei voti dei leghisti, mentre adesso i sondaggi danno il partito di Salvini in vantaggio. Un sorpasso incredibile, consumato in poco più di tre mesi.

 

Com’è potuto accadere? Da una parte c’è la debolezza del capo politico pentastellato, Luigi Di Maio, surclassato in carisma e capacità comunicativa da Salvini, che ne ha abilmente sfruttato la smania di andare al governo a ogni costo. Dall’altra c’è un aspetto ancora più preoccupante, quello del consenso nei confronti dell’uomo forte: una parte significativa dell’elettorato del Movimento è d’accordo con le posizioni del leader leghista. O, perlomeno, non se la sente di dargli torto a voce alta: “Lasciamoli lavorare”, è il ritornello.

 

Arriviamo così all’altro lato della medaglia, quello della sostanza. Salvini ha costruito una retorica più che efficace su una serie di temi particolarmente sentiti: sicurezza, immigrazione, vaccinazioni. Ha creato l’illusione che si tratti di problemi gravi ma tutto sommato semplici da affrontare, risolvibili con il pugno duro e lo spirito d’iniziativa testosteronico. È questa l’anima stessa del populismo: proporre soluzioni semplici a problemi complessi. Così facendo, il leader leghista cavalca l’emotività delle persone, ma non risolve nulla.

 

Ad esempio, in tema d’immigrazione, la retorica salviniana ha imposto un paradosso: le vittime si confondono coi carnefici e il dito accusatore non punta contro scafisti e mafie, ma contro le Ong, dipinte come un’unica associazione a delinquere responsabile degli sbarchi. Il motivo è chiaro: le Ong si possono fermare, dando agli elettori l’impressione di aver impresso una svolta alla situazione. “Finalmente qualcuno fa qualcosa”, altro ritornello.

 

Poco importa che, dati alla mano, la chiusura dei porti italiani alle Ong non determini affatto una riduzione del numero di migranti in arrivo sulle nostre coste. I disperati continuano a partire dalla Libia e a salvarli è la Guardia Costiera (spesso con l’aiuto dei mercantili), che per legge li porta nel nostro Paese. Ma chi ha voglia di perdere tempo a studiare i numeri? È molto più comodo credere che le Ong siano come gli scafisti e che bastonarle voglia dire impedire ai migranti di partire. Facile, lineare, comprensibile. E falso.  

  

Stesso discorso per i rom. “Quelli italiani purtroppo dobbiamo tenerceli”, ha detto il ministro dell’Interno. Ma perché, francesi e rumeni dove li vogliamo spedire? I rom sono quasi tutti comunitari e per questa ragione – censimento o non censimento, schedatura o non schedatura – rimpatriarli sarebbe illegale in base agli accordi internazionali firmati dall’Italia (naturalmente, anche censimento e schedatura su base razziale sarebbero illegali, oltre che incostituzionali). Ma anche qui: è molto più semplice pensare che per mettere tutto a posto basti una passeggiata con la ruspa.

 

Infine, i vaccini. Chiunque abbia a cuore il metodo scientifico non può che condannare gli sproloqui di chi, senza aver studiato nulla, pretende d’insegnare la lezione ai professori. La scienza, come si dice, non è democratica: non tutte le opinioni hanno lo stesso valore. E in tema di vaccinazioni, conta quello dicono virologi e immunologi, non i vaniloqui dei genitori che leggono Wikipedia o il blog di un medico radiato dall’Albo. 

 

Per fortuna, su questo argomento il ministro della Salute, Giulia Grillo ha risposto come doveva (“i vaccini sono fondamentali, decide il mio ministero”). Ma Salvini è riuscito comunque a sfruttare anche questa discussione per allargare la propria base di consenso. E tra gli stessi grillini serpeggia la paura che, una volta raggiunto un margine soddisfacente nei sondaggi, il leader della Lega possa far saltare il governo per incassare alle urne. E a quel punto diventare ufficialmente – non più solo de facto – Presidente del Consiglio.