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Matteo Salvini non conosce la Costituzione su cui ha giurato, né le leggi che dovrebbe difendere. Per la vergognosa gestione del caso Diciotti, risponderà di sequestro di persona, arresto illegale e abuso di ufficio davanti al Tribunale dei ministri di Palermo, come prevede la legge per un ministro che commette reati nell’esercizio delle proprie funzioni.

 

Lo ha deciso con coraggio il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, dopo che per 10 giorni il capo del Viminale ha giocato con la vita di 150 innocenti eritrei, tenuti in ostaggio su una nave militare italiana per l’unica colpa di voler di fuggire dalla guerra di casa loro e dalle violenze dei lager libici.

 

L’articolo 289 ter del Codice Penale italiano recepisce l’articolo 3 della la Convenzione Internazionale contro la cattura degli ostaggi, ratificata dall’Italia nel 1985. Recita così: “Chiunque sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di continuare a tenerla sequestrata al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni”.

 

Ma non è finita. La gestione del caso Diciotti ha fatto scempio anche del testo unico di legge sull'immigrazione e della Dichiarazione dei diritti fondamentali dell'uomo, che impongono agli Stati di identificare i migranti permettendo loro di chiedere asilo o protezione umanitaria, prima di prendere qualsiasi decisione sul loro destino.

 

Insomma, il diritto internazionale e quello italiano davano alle persone confinate sulla Diciotti il diritto legale di sbarcare per chiedere aiuto. Quando una persona arriva nel nostro Paese in quelle condizioni viene classificata come “richiedente asilo”, una condizione che prelude allo status di rifugiato o, più spesso, a quello di “beneficiario di protezione umanitaria”. Perciò l’affermazione secondo cui tutti i migranti sbarcati in Italia sono clandestini è una falsità criminosa.

 

L'abuso di potere del Viminale si è consumato senza una sola indicazione scritta da parte del ministro, che era in vacanza a Pinzolo ma svolgeva come sempre le proprie funzioni su Twitter e Facebook. Perché è solo questo che interessa a Salvini: il consenso popolare di cui gode. La propria autoesaltazione nei panni di uomo forte. Sull’altare del narcisismo e del ritorno elettorale, il leader leghista è disposto a sacrificare qualsiasi cosa, a cominciare dalla Costituzione e dalle leggi.

 

Per paradosso, sullo stesso altare viene sacrificata anche ogni possibilità di trovare una soluzione autentica al problema dei migranti. L’unico approccio verosimile alla questione è quello diplomatico: si tratta di convincere gli altri Paesi dell’Ue - prima di tutti Francia e Germania - a rivedere il Trattato di Dublino, che impone l’identificazione dei migranti nel Paese di approdo. Dopo di che, bisognerebbe convincere i nostri alleati ad accettare un nuovo sistema di quote di ricollocamento obbligatorie e prevedere delle sanzioni per chi, come i Paesi del “Gruppo di Visegrad”, intenda sottrarsi a questo obbligo.

 

Peccato che l’Italia stia facendo l’esatto contrario. Invece di lavorare con pressioni diplomatiche, minaccia. Come se nelle cancellerie europee tutti tremassero di fronte agli sproloqui di Salvini. Nel frattempo, l’Esecutivo sbaglia anche la scelta degli alleati, avvicinandosi proprio a quel blocco di Visegrad che sul tema dei migranti è il nostro principale nemico, in quanto non ha mai accettato né mai accetterà alcuna redistribuzione dei profughi.

 

Fin qui, l’unico risultato ottenuto da questo governo è stato di trasformare il principio dell’obbligo di ricollegamento - che già non aveva funzionato - in un’operazione su base volontaria. Dopo di che i nostri governanti hanno perfino simulato stupore di fronte all’esito più ovvio di questo disastro, e cioè che nessun altro Paese Ue ha tenuto fede agli impegni sui ricollocamenti. Se non lo facevano quando in teoria erano obbligati, ci voleva proprio un genio per immaginare che lo avrebbero fatto su base volontaria.

 

Il punto è proprio questo. Dietro agli slogan vomitati sul palco, dietro alle frasi da uomo forte, dietro al neo-celodurismo che tanto esalta la parte più esasperata di questo paese, non c’è alcun riscatto. Solo vergogna e sconfitta.