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Mentre a Bruxelles si cerca di capitolare nel modo più dignitoso possibile, a Roma si affilano i coltelli. Nella maggioranza gialloverde la tensione continua a salire e la prospettiva di un governo di legislatura appare sempre più inverosimile. Per il momento, lo scontro si articola su due fronti.

 

Il primo è quello parlamentare. Nell’ultimo miglio di questa manovra del cambiamento-pentito, leghisti e pentastellati sono impegnati in una guerra di nervi. In commissione Bilancio al Senato, il Carroccio ha presentato una serie di emendamenti che sembrano pensati per far venire l’ulcera ai grillini.

 

 

C’è di tutto: da una proroga al 2021 degli incentivi per gli inceneritori (quelli che i 5 Stelle hanno promesso di abolire) alla riesumazione del "saldo e stralcio" al 16 per cento, norma in base alla quale chi ha un Isee basso potrebbe saldare debiti fiscali per 100mila euro versandone appena 16mila.

 

Ma soprattutto c’è un emendamento che abolisce l’ecotassa sulle auto più inquinanti (la parte malus del bonus-malus). Su questa norma grillina - per la verità un pasticcio che i tecnici stanno cercando di correggere da giorni, onde evitare stangate pure sull’oceano di italiani che guidano una Panda - Salvini ha fatto calare l’ascia: non è nel contratto di governo, dunque “non ci sarà alcuna tassa sulle nuove auto”.

 

Queste schermaglie sono sintomatiche, ma rimarranno molto probabilmente una battaglia di retroguardia. Sulla versione finale della manovra è improbabile che conti qualcosa l’opinione delle commissioni di Palazzo Madama. Se tutto andrà come previsto, per assorbire le modifiche concordate con Bruxelles sarà il governo a presentare un maxiemendamento con tanto di fiducia. E auguri di buon Natale alla sovranità del Parlamento.

 

Il segnale di tensione più allarmante per la tenuta della maggioranza è arrivato da Giancarlo Giorgetti. Poco avvezzo alle dichiarazioni roboanti, anima politica, bocconiana e para-moderata della compagine leghista, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio si è lasciato andare ad affermazioni a dir poco aggressive contro gli alleati di governo: “M5S ha preso consensi al Sud per il reddito, ma rischia di creare lavoro nero”, ha detto, aggiungendo che la misura di bandiera del Movimento “piace all’Italia che non ci piace”. Una violenza inusitata per uno come Giorgetti, che non può non avere un significato.

 

“A me piace tutta l’Italia che aiuta gli ultimi e quello che c’è nel contratto lo rispetto perché siamo uomini di parola”, ha chiosato Salvini, indossando per una volta la tuta del pompiere. Il leader leghista ha però precisato che non c’è alcuna distanza con il sottosegretario, il quale non ha partecipato al fondamentale vertice di maggioranza di ieri sera per ragioni di calendario. Era il suo compleanno.

 

Credibile o meno che sia questa spiegazione, è evidente che con il tempo si stanno allargando crepe strutturali in un governo tenuto insieme esclusivamente dalla convenienza. La maggioranza gialloverde è stata un ossimoro dal primo giorno: metà radicata al nord, metà al sud; metà liberista, metà assistenzialista; metà vicina agli interessi di piccoli imprenditori e partite Iva, metà focalizzata sui disoccupati.

 

Questo mostro bicefalo ha prodotto una manovra di bilancio schizofrenica che dissesta i conti pubblici senza produrre crescita né occupazione. Con il passare dei mesi gli italiani dovranno accorgersi che la flat tax in realtà non esiste, che il reddito di cittadinanza si ridurrà agli spicci per la merenda rispetto alle promesse e che la quota 100 è una fregatura.

 

Quando ciò accadrà, le due teste della maggioranza punteranno una alla giugulare dell’altra.