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Luigi Di Maio continua a tenere il punto: “O mi fate vicepremier o qui salta tutto”. Era e rimane lui l’ostacolo principale lungo la strada che dovrebbe portare alla nascita di un governo Pd-M5S. E non c’entra solo l’ambizione personale, che pure non manca allo statista di Pomigliano. La questione ha a che vedere piuttosto con lo spirito di sopravvivenza.

Come una preda braccata, il capo politico pentastellato sente l’odore del pericolo. Sa che la sua carriera politica appena nata rischia di essere già finita. A picconarla è l’amico-rivale Giuseppe Conte, che giorno dopo giorno - sempre con il sorriso - continua ad allargare la frattura fra il Movimento e il suo leader.

 

Il Presidente del Consiglio ha sempre goduto di buona popolarità, ma dopo la sassaiola in Senato contro Salvini ha visto l’indice del consenso schizzare oltre ogni vetta pronosticabile appena un anno fa. A questo punto non gli resta che passare all’incasso, il che significa non solo rimanere a Palazzo Chigi, ma anche ritagliarsi un ruolo di primo piano nello scacchiere politico.

Alcuni commentatori pensano che l’Avvocato punti addirittura ad arrivare al Quirinale nel 2022, ma si tratta probabilmente di un’ambizione velleitaria: al di là della mancanza di spessore istituzionale, Conte non avrebbe il requisito di terzietà richiesto dal ruolo di Capo dello Stato. Ha provato in tutti i modi a presentarsi come un garante super partes, ma non ci è riuscito: l’amore dei 5 Stelle e l’odio dei leghisti lo hanno ormai legato a una parte dell’emiciclo, zavorrando i suoi sogni di ascensione al Colle.

È assai più verosimile che il Premier punti a definire la propria identità sostituendo Di Maio alla guida del Movimento. Le manovre di isolamento dell’attuale capo politico . anima di destra nella galassia pentastellata - portano con sé uno spostamento del M5S verso il centrosinistra e per questo sono benedette da Roberto Fico (ma forse anche da Beppe Grillo).

Per evitare di finire nella trappola, Di Maio le sta provando tutte, ma ormai si tratta di mosse disperate. Continua a cercare un pretesto per scaricare Zingaretti e riallacciare il filo che porta a Salvini. Negli ultimi giorni si è parlato di un canale rimasto aperto con la Lega per disegnare un riavvicinamento nel medio-periodo. La strategia - plasmata a quattro mani dai demiurghi Stefano Buffagni e Giancarlo Giorgetti - prevede di tornare alle elezioni, condurre campagne elettorali autonome ma non fratricide e infine celebrare nuove nozze dopo il voto, magari con lo stesso Di Maio come capo del governo.

Peccato che praticamente nessun grillino condivida questi sogni del capo politico. I gruppi parlamentari pentastellati sono al 90% per l’alleanza con il Pd, non vogliono più sentir parlare di Salvini e manifestano insofferenza per gli atteggiamenti del loro leader, evidentemente dettati da calcoli personali.

Come se non bastasse, Grillo in persona ha aggiunto il carico con un video sul blog che sconfessa la linea seguita nelle ultime settimane da Di Maio. “Sono esausto - dice il comico - abbiamo un’occasione unica, non si riproporrà più così, cerchiamo di compattare i pensieri, di sognare a 10 anni”. E ancora, rivolgendosi “ai ragazzi del Pd”, ma implicitamente anche ai suoi: “Questa pena che vedo, questa mancanza di ironia, dovete sedervi a un tavolo e essere euforici perché appartenete a questo momento straordinario di cambiamento. Abbiamo da progettare il mondo, invece ci abbruttiamo: e le scalette, e il posto lo do a chi, e i dieci punti, i venti punti, basta!”. Parole che, dopo l’endorsement a Conte, suonano davvero come il canto del cigno Di Maio.