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Con la terza ondata della pandemia alle porte, la fine del blocco ai licenziamenti che si avvicina e migliaia di attività che chiudono per non riaprire più, è difficile appassionarsi al duello politico fra Matteo Renzi Giuseppe Conte. Eppure, il destino del Paese è appeso alle manovrine di palazzo prodotte da questi due soggetti: da una parte un leader politico fallito, plurisconfitto, ignorato dagli elettori, che disperatamente cerca di assicurarsi una collocazione di prestigio per i prossimi anni; dall’altra un avvocato qualsiasi finito tre anni fa in modo più o meno casuale sulla poltrona più importante di Palazzo Chigi, a cui cerca di restare avvinghiato in ogni modo.

 

Nell’estremo tentativo di evitare la crisi, sabato Conte ha pubblicato su Facebook un lungo post in cui offre a Renzi un modo di risolvere la partita senza perdere la faccia. Il piano è in tre tempi: approvazione martedì in Consiglio dei ministri del nuovo Recovery Plan (che su molti punti accoglie le richieste di Italia Viva); apertura già in settimana di un tavolo tra le forze di maggioranza per siglare un patto di legislatura; infine, un rimpasto che permetterà a Iv di aumentare il proprio peso nell’Esecutivo, anche grazie allo spacchettamento di alcuni ministeri (Infrastrutture e Trasporti, Cultura e Turismo).

Insomma, Conte non accetta più di farsi logorare e offre a Renzi un’ultima occasione di uscire con onore da questa pantomima. Se rifiuterà, l’ex premier dovrà assumersi da solo la responsabilità di aver aperto una crisi al buio in uno dei momenti più drammatici della storia repubblicana. In termini pratici, la prima conseguenza sarebbe mettere a rischio lo scostamento di bilancio e il nuovo decreto Ristori da 20 miliardi previsto in Cdm questa settimana. Il motivo è chiaro: a norma di Costituzione, un governo dimissionario può occuparsi dei soli affari correnti e non di misure che presuppongono un indirizzo politico. Ambito in cui, peraltro, rientrerebbe anche la stesura definitiva e l’applicazione del Recovery Plan.

“In questi giorni sto ricevendo molti inviti, anche autorevoli, ad essere paziente – scrive Conte sui Facebook – Ma io non sono affatto paziente. Al contrario. Sono impaziente. Perché il Paese sta soffrendo e abbiamo una chance storica di poterlo rilanciare e ricostruire ancora migliore di prima. Abbiamo così tanti problemi da risolvere e così tante soluzioni da offrire, a cui hanno contribuito tutte le forze di maggioranza e che ritengo valide ed efficaci, che non vedo l’ora di poter superare le fibrillazioni in corso”.

La risposta di Renzi arriva in un’intervista pubblicata domenica sulla Repubblica: “Quando Conte la smetterà di scrivere post retorici e inizierà a confrontarsi sui temi di merito facendo davvero politica, ci troverà a fare l’interesse dell’Italia e degli italiani.

Basta che faccia presto, perché non c’è più tempo”. L’ex presidente del Consiglio finge di non sapere che, se ormai il tempo scarseggia, la colpa è anche sua. Renzi accusa di immobilismo il governo come se il suo partito non ne facesse parte e come se la principale ragione di stallo nell’ultimo mese e mezzo non sia stato proprio l’atteggiamento di Italia Viva. Ai renziani piace molto presentarsi come riformisti incompresi, ma i riformisti cercano soluzioni, che in politica si chiamano compromessi. Al contrario, la girandola di minacce e sfottò dimostra che l’unico interesse di Iv è picconare Conte per un interesse di cortile, che nulla ha a che vedere con quello del Paese.

L’unica certezza è che nessuno vuole le elezioni (ammesso che, in tempi di pandemia, siano una soluzione praticabile). Tuttavia, lo scenario di una crisi prolungata che legherebbe le mani al governo non è affatto scongiurato. Se Renzi accetterà la tregua offerta da Palazzo Chigi, avremo un Conte Ter con una presenza più significativa di Iv. Se invece l’ex premier continuerà la sua crociata personale, forse (in tempi più lunghi) riuscirà a forzare la creazione di un nuovo governo con la stessa maggioranza ma con un presidente diverso. Nel frattempo, mentre tutti si scagliano contro l’immobilismo, tutto continua a rimanere immobile.