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di Agnese Licata

A spararla più grossa di tutti è Gabriella Carlucci che, per chi non lo sapesse, dal 2001 è deputata tra le fila di Forza Italia. “Forza Italia deve fondare una propria scuola di giornalismo e nominare Farina rettore perché è un giornalista vero e un modello per i giovani”, ha dichiarato orgogliosa all’Ansa. L’ex showgirl deve aver pensato che fosse questo il modo migliore per rilanciare la solidarietà a Renato Farina, espressa poco prima da Silvio Berlusconi in persona. In ballo, la decisione del consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti di radiare dalla categoria l’ex vicedirettore di Libero, ormai meglio conosciuto come “agente Betulla” anche fuori dai servizi segreti, a cui ha prestato i suoi servigi (discreti quanto illegali) sulla vicenda Abu-Omar. Per tutta la giornata di giovedì forzisti e non si sono mobilitati in grande stile, facendo a gara per mostrarsi il più scandalizzati possibile di fronte all’“arroganza marxista” (Giampiero Cantoni, Fi) dell’Ordine, che alle spalle avrebbe anche una “logica leninista del ‘colpirne uno per educarne cento’ (motto appartenente a Mao Zedong, a dir la verità, ndr)” (Luca Volontè, Udc). Una scelta che rappresenta un “accanimento” (Alfredo Mantovano, An) “molto poco deontologico” (Mariastella Gelmini, Fi), nonché una “decisione chiaramente politica” (Renato Schifani, Fi). Tutto coronato, appunto, dalla a dir poco spudorata proposta della Carlucci.
Paradossalmente, questa volta, il più pacato - nei toni anche se non nei contenuti - è stato proprio Berlusconi, con un formale: “Esprimo la mia solidarietà personale e a nome di tutta Forza Italia a Renato Farina, che ha sempre difeso i valori della libertà”.

E dire che tanto astio l’Ordine dei giornalisti non lo meriterebbe proprio. Di suo, ce l’aveva messa proprio tutta per salvare la “spia” dalla radiazione e solo le pressioni del Procuratore generale del Tribunale di Milano l’hanno costretto al cambio di rotta. Lo scorso ottobre infatti l’Ordine dei giornalisti della Lombardia aveva deciso che il danno arrecato dal suo iscritto al giornalismo italiano, alla sua credibilità, era grave sì, ma poi mica tanto. E così tra le quattro sanzioni disciplinari possibili - avvertimento, censura, sospensione e radiazione - si era scelto di scartare quella più dura, l’unica che avrebbe permesso a un Ordine continuamente accusato di corporativismo e inutilità di dimostrarsi concreto difensore della figura del giornalista. Risultato: sospensione per un anno e poi amici come prima.

Non che ci fossero dubbi sul secondo lavoro che Farina svolgeva tra un’intervista e l’altra, tra un articolo e l’altro. L’8 luglio sulle pagine del suo stesso giornale, messo spalle al muro dalle indagini e da un avviso di garanzia, è lui stesso ad ammetterlo. Scrive: “Confesso. Ho dato una mano ai nostri servizi segreti militari, il Sismi. Ho passato loro delle notizie, ne ho ricevute, ho cercato contatti persino con i terroristi, mettendo a disposizione le mie conoscenze ma anche il mio corpaccione. Ho usato tutto, secondo me dentro i confini della legalità, di certo scegliendo una scelta morale trepidante ma molto salda”. Ammissione più di recente confermata anche di fronte ai giudici. “Betulla” ha infatti accettando un patteggiamento che lo condanna a sei mesi di reclusione, poi, naturalmente, convertiti in un’irrisoria pena pecuniaria di 6.840 euro.

Dodici mesi di lavoro. Questo, fosse stato per l’Ordine, sarebbe valso a Renato Farina l’aver venduto ai servizi segreti la sua professione di giornalista, la sua possibilità di accedere a informazioni riservate sullo svolgimento delle indagini per il rapimento di Abu Omar. Questo il prezzo per aver rinnegato l’indipendenza della propria penna, senza la quale il giornalismo non ha senso. Ci ha dovuto pensare un procuratore della Repubblica a impugnare la decisione dell’Ordine di Lombardia. Ci voleva un rappresentante della giustizia per convincere la categoria che la sospensione di un anno è “inadeguata rispetto alla gravità della condotta ascritta e accertata”, tanto grave da “rendere incompatibile con la dignità stessa la sua permanenza nell’Albo”. Di fronte a queste accuse, Renato Farina aveva ceduto all’autosospensione dall’Ordine. Giovedì, anche il Consiglio nazionale ha dovuto decidere che posizione prendere. E ha scelto la radiazione. Atto inevitabile e ritardatario che segna una sconfitta, pesante, dell’Ordine. Ancora una volta.