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di Elena G. Polidori

Rissa libera. Nonostante Silvio Berlusconi consideri ormai chiuso il capitolo che riguarda gli accordi presi con gli alleati per le amministrative, è lecito credere che la Cdl arriverà ancor più in ordine sparso all’appuntamento con le urne del prossimo maggio. Dietro alle liste ormai chiuse al 99%, simulacri di una coalizione che non c’è più, si intravedono distanze politiche siderali tra ex alleati che vanno ben oltre ”l’affaire” Casini e spaziano trasversalmente su tutti i temi caldi dell’agenda parlamentare, dalla politica estera fino ai temi etici passando attraverso gli equilibri possibili della nuova legge elettorale. Il leader di Forza Italia sfodera sondaggi che vedono la Cdl in netto vantaggio rispetto al centrosinistra, ma sono cifre che non significano più nulla perché riferite ad una coalizione che si è dissolta e che nessuna federazione potrebbe riprodurre come forza politica alternativa all’Unione se si dovesse votare domani per le politiche. La Cdl è a pezzi, ma Berlusconi non si arrende e persegue in modo maniacale ogni tatticismo che lo avvicini al suo, personalissimo, traguardo politico; la caduta di Prodi e l’immediata rivincita delle urne, una favola per il presidente di un “non partito” come Forza Italia e per il leader di un centrodestra sempre più evanescente. La “rissa delle libertà” ha raggiunto, nei giorni scorsi, livelli grottescamente parossistici. Berlusconi ha proseguito nell’attacco dei centristi dell'Udc, accusandoli di estremismo; Pier Ferdinando Casini ha risposto imputando alla Lega il ricompattamento del centrosinistra; Gianfranco Fini ha rilanciato la federazione del centrodestra sentendosi rispondere che non se ne parla proprio dalla Lega. Incomunicabilità totale. E non solo tra le "due opposizioni", ma anche nello schieramento fedele al Cavaliere. Lo si è visto l’altro giorno quando Berlusconi era a Reggio Calabria e non ha perso l'occasione per "strapazzare" Casini dandogli dell’estremista. "Se c'é stato qualcuno che si è posto agli estremi della coalizione - ha detto - è stato l'Udc e non certo la Lega". Salvo poi aggiungere di essere sicuro che con l'Udc "prima o poi ci sarà un ricongiungimento", un modo come un altro per mandare a dire anche a Fini che questa buriana è da considerarsi un fenomeno passeggero. Così, ovviamente, non è. E il transfugo Casini ha colto la palla dell’attacco per replicare, puntando prima l'indice contro la Lega, poi spiegando a chiare lettere qual è la verità che Silvio non vuole vedere e che, invece, a tutti gli altri appare lampante. A suo giudizio, infatti, "i toni leghisti, demagogici o populisti che hanno portato il centrodestra a votare contro sull'Afghanistan favoriscono Prodi: sono la sua assicurazione sulla vita". Non solo. L'obiettivo dell'opposizione deve essere di intercettare il consenso dei tanti "moderati delusi da Prodi", che però hanno votato centrosinistra perché "antiberlusconiani". Dunque, quei voti Berlusconi proprio "non può" recuperarli e sono proprio questi a costituire, probabilmente, quel “tesoretto” da cui ha intenzione di ripartire Casini per rifare il grande centro.

In parole povere: il problema della Cdl si chiama principalmente Berlusconi, ma è anche vero che senza Berlusconi la Cdl non esiste. Ma neppure Casini, allo stato attuale dell’arte, potrebbe aspirare a prendere in mano le redini del centrodestra: una parte cospicua di Forza Italia non lo seguirebbe e la Lega non ha mai fatto mistero, specie negli ultimi tempi, di detestarlo cordialmente. Significativa la battuta con cui Roberto Maroni ha fotografato lo stato dei rapporti tra Udc e Carroccio: "Casini? 'Nomen omen', che tradotto dal latino significa 'il nome e' un presagiò ".

Ma la Lega, in questo momento, rappresenta un problema anche per Forza Italia e Alleanza Nazionale. Bossi, infatti, proprio non vuol sentir parlare di partito unico del centrodestra e nemmeno della sua versione 'soft', cioé quella federazione che è stata lanciata da Berlusconi e riproposta da Gianfranco Fini. "Non è facile il mestiere di chi deve seguire diverse posizioni", ha sospirato Berlusconi che, vittima ancora una volta del suo inguaribile ottimismo, non dispera di convincere i suoi riottosi alleati del Carroccio mettendo in campo "buonsenso e tanta pazienza" , talenti certo non affini ai verdi padani.

Insomma, in questo momento Berlusconi può contare solo sull'appoggio di Fini che, qualche giorno fa, in un'intervista al 'Corriere della sera' ha chiesto un'accelerazione sulla federazione, argomentando che i tempi sono "maturi”. C’è la volontà, nel partito di via della Scrofa, di tentare un riavvicinamento con Casini con l'obiettivo minimo di avere una strategia comune delle due opposizioni, dopo aver sottolineato che non ci sarebbe nessuna idea di fusione all'orizzonte tra An e Forza Italia. Ma sono pannicelli caldi, come direbbe Andreotti, che rendono l’impresa di un rinsaldo complicata se non, addirittura, impossibile. Lo sfaldamento definitivo della Cdl emerge, infatti, anche dalle ormai quotidiane punzecchiature tra gli ex alleati, come dimostra il sondaggio pubblicato dal Il Giornale di Maurizio Belpietro, secondo il quale il 47% degli elettori di Casini non approverebbe il sì al decreto sulla missione in Afghanistan e il 60% vorrebbe l'Udc nella Cdl. Senza contare, poi, lo scoglio più importante che, in questo momento, è forse rappresentato dal referendum elettorale. An è impegnata nella raccolta delle firme, ma questo la pone in rotta di collisione con la Lega, che ha tutto da perdere da una vittoria del sì.

Facendosi due rapidi conti, non c’è un solo argomento che veda, oggi, le anime della Cdl unite almeno sui principi di qualcosa. Un fatto che andrebbe salutato con grande sollievo se questa situazione non rendesse ancora più complicata la discussione sulla nuova legge elettorale: quando non c’è più un interlocutore credibile, qualsiasi trattativa diventa ingestibile. Un fatto che non può che preoccupare Prodi. E, soprattutto, il Presidente Napolitano.