Stampa

Dopo i pastrocchi su Pos e accise, è già chiaro quali saranno le prossime tre mine sul percorso del governo: autonomia differenziata, ratifica del Mes e concessioni balneari. Il primo è un tema divisivo all’interno del centrodestra, perché, in sintesi, la Lega vuole abbandonare il Sud al proprio destino, mentre Forza Italia e meloniani continuano ad avere interessi elettorali e clientelari da coltivare anche nel Mezzogiorno. Il secondo e il terzo tema rischiano invece di creare fratture fra maggioranza parlamentare e governo, perché minacciano di avere ripercussioni sui (già difficili) rapporti fra Palazzo Chigi e Bruxelles.

 

Il problema più impellente e pericoloso è quello delle spiagge. Breve sintesi delle puntate precedenti: dal 2006 l’Italia non fa che ignorare la direttiva europea Bolkenstein, che imporrebbe al nostro Paese, fra l’altro, di mettere a bando le concessioni del demanio per gli stabilimenti balneari. La destra è sempre stata compatta nel rifiutare questa imposizione, perché, si sa, il libero mercato va bene solo finché non intacca le rendite di amici, cricche e cosche di fiancheggiatori.

Ora, in Parlamento questa compattezza resiste: tutti e tre i partiti di maggioranza hanno presentato emendamenti al decreto Milleproroghe chiedendo di rinviare il termine per le gare, ora fissato al 31 dicembre 2023. Giorgia Meloni, però, ha chiesto a FdI di desistere momentaneamente su questo punto, in vista di un’ennesima (e sempre fantomatica) “riforma del settore”.

Dopo le piroette su Pos e accise, la Presidente del Consiglio è quindi costretta a smentire se stessa un’altra volta. La ragione è sempre la stessa: dall’opposizione è facile inventare promesse, ma una volta entrati a Palazzo Chigi ci si rende conto che mantenerle è tutta un’altra storia. E così, sulle spiagge come sui pagamenti digitali, Meloni non ha cambiato idea, ma è stata costretta al dietrofront da ragioni d’opportunità politica.

Rinviare di nuovo le gare per l’affidamento delle concessioni balneari vorrebbe dire andare contro una sentenza del Consiglio di Stato e contro l'Europa, che da tempo è pronta ad aprire una procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese per il mancato rispetto della Bolkenstein. Non sarebbe certo un buon viatico per il ministro Raffaele Fitto, che in queste settimane è impegnato nella trattativa con l’Ue per modificare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Lo scontro frontale con Bruxelles sui balneari rischierebbe di mandare all’aria anche la partita sul Pnrr, assai più importante.

Per non avere problemi con Bruxelles, però, Meloni apre un fronte di battaglia con le associazioni di categoria e con gli alleati del centrodestra, visto che Lega e Forza Italia hanno depositato e confermano, in vista del voto in Commissione, gli emendamenti che rinviano le gare per l'assegnazione delle spiagge di uno o due anni. Da Fratelli d’Italia fanno sapere che la questione resta prioritaria e che il governo sta lavorando a un provvedimento ad hoc.

Per quanto riguarda la ratifica del Mes, FdI sta sondando i suoi militanti, ma l’obiettivo è non portare il tema in Parlamento prima delle elezioni regionali: il pericolo è di mettere sotto i riflettori in Aula la frattura che spacca il centrodestra su questo tema, con l’isolamento della Lega - contraria alla ratifica - e il probabile aiuto al governo che arriverà da Pd e Terzo Polo.

Infine, l'autonomia differenziata. Martedì si terrà una riunione tecnica per fare il punto sulle modifiche chieste da Meloni e Tajani alla bozza di Calderoli, con l'eliminazione del riferimento alla spesa storica (che penalizza il Sud), e il vincolo di approvare una legge sui Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) prima che la riforma entri in vigore. Due correzioni importanti, che però, c’è da scommetterci, non basteranno ad appianare le divergenze in Conferenza delle Regioni e in Parlamento. Per tenere buono Salvini, Meloni darà probabilmente una via libera preliminare alla riforma in Consiglio dei ministri, ma ciò non toglie che il provvedimento continui a non piacere a FdI e ai berlusconiani.

Con queste tre mine sul sentiero, il cammino del governo si preannuncia difficile nelle prossime settimane. E il rischio di incidenti è molto alto.