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di Alessandro Iacuelli

Che la situazione ambientale e sanitaria della Campania sia attualmente qualcosa di profondamente anomalo per l'intera Europa, è oramai noto anche al di fuori degli ambienti ecologisti, e su Altrenotizie ne stiamo parlando da oltre un anno. Anche che ci siano specifiche responsabilità istituzionali è oramai chiaro a tutti e non si può liquidare il problema addossando ogni causa alle mafie ecologiche. Quel che è preoccupante è semmai il tentativo di mettere un bavaglio a quelle migliaia di cittadini che hanno compreso il problema, che cercano di farsi sentire e di ottenere una soluzione definitiva al problema. Per questo motivo, la “Rete dei comitati campani per la difesa della salute e dell'ambiente” ha promosso, fin dallo scorso 21 aprile, una manifestazione nazionale, prevista per il 19 maggio a Napoli, per denunciare, come si legge nel comunicato stampa, "la crisi ambientale e sanitaria procurata dalla nociva gestione del ciclo dei rifiuti, dalle attuali forme di produzione dell'energia basate su processi di combustione, dalla realizzazione di grandi e meno grandi opere infrastrutturali". La risposta è stata tra le più incredibili, di quelle che in un Paese civile non ci si aspetterebbe. Non ci si può aspettare, in un Paese civile, che nonostante fin dal 21 aprile venga effettuata formale comunicazione della manifestazione, solo il giorno 8 maggio, quando ormai tutta la macchina organizzativa è in moto da settimane, venga notificato da parte della questura di Napoli un divieto a manifestare in quella giornata, per la contemporanea presenza di un raduno dei bersaglieri che occuperà Piazza Plebiscito nella stessa giornata, manifestazione già programmata - quindi nota - da molti mesi prima. Ci si aspetterebbe che fin dal 21 aprile si dichiari che la data del 19 maggio non è praticabile, causa una manifestazione concomitante. In una Campania che vive da anni sotto il ricatto dell'accettare impianti di incenerimento sovradimensionati o continuare a vivere tra i rifiuti urbani e quelli industriali sversati abusivamente, di un divieto non si sentiva il bisogno.

La Campania sta già vivendo un ricatto non accettabile, perchè basato su un qualcosa che è tutto da dimostrare. Non è certo la mancanza di costosissimi e nocivi inceneritori e di discariche ad impedire la soluzione del problema rifiuti, quanto piuttosto l'assenza di una politica sensata di riduzione dei rifiuti, di riutilizzo, di riciclaggio, di raccolta differenziata, le famose "quattro erre" del decreto Ronchi del 2001. Questa assenza colpevole della politica va avanti praticamente dal 1994, accompagnata per un decennio dall'altrettanto colpevole silenzio dei cittadini, che solo nell'ultimo biennio hanno mostrato una presa di coscienza sul problema sanitario ed ambientale campano. E proprio ora che la presa di coscienza si diffonde, si cerca di riportare al silenzio i cittadini.

Gli organizzatori hanno fatto presente alle autorità di Pubblica Sicurezza che non sono disposti a rinviare la mobilitazione nazionale, ma soprattutto, come dichiarano pubblicamente, non possono “accettare che l'esercizio democratico a manifestare il proprio dissenso, tra l'altro per la difesa della salute e dell'ambiente, possa essere considerato meno significativo di un raduno militaresco di Bersaglieri".

La Rete campana di comitati per la salute propone un percorso alternativo, che non passi per piazza Plebiscito. Le autorità tacciono.
Ci auguriamo che prevalga il buon senso. Ce n'è bisogno, di buon senso, in una Regione dove la democrazia stessa sta già vivendo da anni una pericolosa frattura, non ancora risanata. Frattura apertasi drammaticamente il 29 agosto 2004 ad Acerra, che ha continuato ad estendersi scompostamente fino ai giorni scorsi a Lo Uttaro, nel casertano, dove ancora una volta è stato negato un confronto democratico tra istituzioni e popolazione civile, senza mediazioni.

Staremo a vedere nei prossimi giorni cosa proporranno, se qualcosa proporranno, questura di Napoli e ministero dell'Interno, alla luce della decisione degli organizzatori di non posporre la data. Un rifiuto a concedere anche solo il percorso alternativo genererebbe il sospetto che la presenza dei Bersaglieri è solo un pretesto, e che la vera ragione del divieto è legata alla volontà di non dare visibilità mediatica ad un problema gravissimo; di mettere un nuovo bavaglio a chi denuncia le responsabilità delle istituzioni locali, Regione in testa, nella fallimentare gestione dei rifiuti in Campania e nelle coperture politiche di cui godono gli interessi delle ecomafie. Più incompatibili, per Napoli e la Campania intera, di due manifestazioni concomitanti.