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di Sara Nicoli

Il Polo è all'attacco dell'assetto strategico della Rai. In piena campagna elettorale e intravedendo, di qui a breve, orizzonti meno felici sul fronte dell'asservimento del servizio pubblico tv alle ragioni del centro destra, il consiglio di amministrazione della Rai, a maggioranza polista, ha deciso di sferrare l'attacco decisivo all'autonomia dell'azienda. Prima che sia troppo tardi. Venticinque nomine saranno da oggi sul tavolo del settimo piano di viale Mazzini e, a parte una, non si tratta di incarichi di alta visibilità politica, bensì di poltrone di enorme potere decisionale ed economico, dalle quali dipende la gloria o la polvere dell'azienda sul fronte del mercato e dello sviluppo futuro. Tutto è partito mercoledì scorso quando il direttore generale, Alfredo Meocci, ha portato in consiglio la proposta di un cambio al vertice di Raidue: sostituire Massimo Ferrario, attuale direttore, con Antonio Marano, oggi responsabile degli acquisti dei diritti sportivi. Sul piano politico lo scambio non provoca particolari terremoti. Entrambi sono in quota Lega. Ma allora, perchè questa staffetta? Dietro le quinte si agita, sempre presente, l'ombra del Cavaliere. Marano, infatti, si è comportato da perfetto aziendalista, in opposizione a Mediaset sul fronte dell'acquisto del diritti del calcio in tv e al Cavaliere, è noto, si può toccare tutto ma non la sua venerata cassaforte di famiglia. Dunque l'ordine di sostituzione è partito perentorio da palazzo Grazioli all'indirizzo dei due consiglieri più vicini a Berlusconi del consiglio Rai, Giuliano Urbani e Angelo Maria Petroni, nonché allo stesso Meocci al quale compete la proposta formale delle nomine.

Berlusconi non vuole che si perda tempo, perchè tra breve comincerà la battaglia per l'acquisto dei diritti tv delle Olimpiadi di Pechino e degli Europei 2008 e di uno come Marano non si può più fidare. Meglio appoggiarlo, quindi, alla direzione di Raidue, fatto che trova il pieno assenso del Carroccio e del suo consigliere Rai, la Bianchi Clerici, che intravede nello spostamento anche la possibilità di ridare agli esponenti della sua compagine quella visibilità televisiva oggi assai nebulosa. I consiglieri Rai di opposizione (Curzi, Rizzo Nervo e Rognoni) hanno fatto di tutto per opporsi al blitz, stavolta appoggiati dal presidente Petruccioli, meno incline del solito a far la parte del pesce in barile. Comunque la maggioranza è schiacciante a favore del cambio e le ragioni di opportunità politica, di immagine e strategiche, ancora una volta verranno derubricate davanti agli interessi delle aziende di famiglia del Presidente del Consiglio.
Solo che questa è solo la punta dell'iceberg. Dietro il "caso Marano" c'è infatti un pacchetto di altre 25 nomine che, almeno ufficialmente, vengono fatte passare per "necessarie al fine del miglior funzionamento dell'azienda".

I candidati sono tutti del Polo, ma le grandi operazioni di restyling sono principalmente quattro. La prima riguarda il digitale. L'idea è quella di unificare due strutture strategiche (canali satellitari più direzione Nuovi Media) sotto l'ala di Carlo Sartori, uomo dal passato politico variegato e oggi vicino a Forza Italia. A seguire la postazione delle "Risorse tv", questa davvero pesante dal punto di vista economico, perchè gestisce tutti i contratti con gli artisti e le relazioni con gli impresari: un mucchio di soldi tra breve in mano a Roberto Sergio, uomo dell'Udc. E, sempre in quota Udc, dovrebbe finire la cassaforte della pubblicità Rai, ovvero la presidenza della Sipra, dove planerebbe dolcemente Flavio De Luca, oggi a capo della segreteria tecnica del ministro Baccini. Il colpo grosso, comunque, lo dovrebbe fare An. E in pole position c'è uno degli uomini più discussi dell'attuale assetto della tv di Stato, quel Guido Paglia, ultrà di destra più noto alle cronache come ex avanguardista in anni difficili della Repubblica, che per meriti giornalistico manageriali di prestigio.

A lui, oggi responsabile delle relazioni esterne dell'azienda, dovrebbe essere affidato il delicato settore della Direzione Acquisti, in pratica la responsabilità unica di tutto ciò che ha a che fare con gare e appalti: soldi veri e cabina di regia delle scelte editoriali della Rai, tenendo ben saldi in mano i cordoni della borsa aziendale. C'è poco da discutere: se queste quattro poltrone strategiche si accordassero per mettere in ginocchio la tv pubblica favorendo Mediaset, la Rai finirebbe in macerie in un battito d'ali. Il gioco è fin troppo semplice. Basta non comprare diritti sportivi tv, lasciare che i canali digitali non decollino, che la concessionaria pubblicitaria non raccolga abbastanza spot o che la direzione acquisti gestisca "oculatamente" gli appalti per chiudere la partita a tavolino con il minimo sforzo. Petruccioli, il Presidente, è ben conscio di questo. E per la prima volta da quando siede al settimo piano Rai, ha provato un moto di orgoglio e dignità, decidendo di far slittare il consiglio Rai, decisivo sulla questione, a lunedì. Intanto Meocci è andato in pellegrinaggio a Palazzo Grazioli per cercare di mitigare la sete di conquista del Cavaliere e le bramosie di vittoria di Cologno Monzese, uscendone con il classico pugno di mosche in mano. Dunque il tempo, a viale Mazzini, non promette nulla di buono.
E Fabio Fazio, stavolta, non c'entra davvero nulla.