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di Elena Ferrara

Ricordate? C’è un’astronave che, proveniente da un pianeta alieno, dimentica sulla nostra Terra un piccolo… Nasce poi la storia dell’amicizia tra Elliot, il bambino americano che scambia l’altro piccolo venuto dallo spazio per uno strano animale… E’ la vicenda narrata nel film di Steven Spielberg che tutti abbiamo amato. Ora “ET” sbarca in Vaticano… e subito l’extraterrestre è battezzato come “Mio fratello”. Tocca a padre Josè Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana fare luce sul “caso”. E cioè se sia possibile credere in Dio e negli extraterrestri, ammettere l'esistenza di altri mondi e altre vite, anche più evolute della nostra, senza per questo mettere in discussione la fede nella creazione, nell'incarnazione, nella redenzione… Risponde padre Funes (gesuita argentino di 45 anni) che, in qualità di astronomo, filosofo ed anche investigatore, precisa subito che dalla cupola vaticana si guarda sempre alle stelle… pur se non sono mancati i “momenti di conflitto” tra il mondo della Chiesa e il mondo scientifico. Il padre gesuita passa poi (confidandosi con L’Osservatore Romano, che apre questa pagina extraterrestre grazie alle vedute laiche del nuovo direttore) al discusso tema che vorrebbe gli astronomi impegnati nel cosmo dell’ateismo. Funes, in merito, sostiene che sia un mito “ritenere che l'astronomia favorisca una visione atea del mondo. Mi sembra - dice - che proprio chi lavora alla Specola offra la testimonianza migliore di come sia possibile credere in Dio e fare scienza in modo serio. Più di tante parole conta il nostro lavoro. Contano la credibilità e i riconoscimenti ottenuti a livello internazionale, le collaborazioni con colleghi e istituzioni di ogni parte del mondo, i risultati delle nostre ricerche e delle nostre scoperte”.

Il colloquio con il gesuita si fa poi sempre più serrato. Si affrontano i temi della ricerca astronomica, dell’origine dell'universo, della materia e dell'energia. Si parla della teoria del big bang…Poi la stoccata decisiva. E qui il riferimento è alla Genesi dove si parla della terra, degli animali, dell'uomo e della donna. Tutto questo - chiede l’Osservatore Romano - “esclude la possibilità dell'esistenza di altri mondi o esseri viventi nell'universo?” A mio giudizio - risponde padre Funes - questa possibilità esiste. Gli astronomi ritengono che l'universo sia formato da cento miliardi di galassie, ciascuna delle quali è composta da cento miliardi di stelle. Molte di queste, o quasi tutte, potrebbero avere dei pianeti. Come si può escludere che la vita si sia sviluppata anche altrove? “C'è un ramo dell'astronomia, l'astrobiologia, che studia proprio quest’aspetto e che ha fatto molti progressi negli ultimi anni.

Esaminando gli spettri della luce che viene dalle stelle e dai pianeti, presto si potranno individuare gli elementi delle loro atmosfere - i cosiddetti biomakers - e capire se ci sono le condizioni per la nascita e lo sviluppo della vita. Del resto, forme di vita potrebbero esistere in teoria perfino senza ossigeno o idrogeno”. Certo: sino ad oggi non abbiamo nessuna prova di esseri simili a noi o più evoluti presenti in altri mondi. “Ma certamente in un universo così grande non si può escludere questa ipotesi”.

La Chiesa, comunque, non ha paura - dice il gesuita - per questo prossimo ignoto, perché “Come esiste una molteplicità di creature sulla terra, così potrebbero esserci altri esseri, anche intelligenti, creati da Dio. Questo non contrasta con la nostra fede, perché non possiamo porre limiti alla libertà creatrice di Dio. Per dirla con San Francesco, se consideriamo le creature terrene come "fratello" e "sorella", perché non potremmo parlare anche di un "fratello extraterrestre"? Farebbe parte comunque della creazione”.

Molte “questioni”, quindi vanno in archivio? Compresa quella che possiamo definire come il “Caso Galileo”? “Quello - risponde l’astronomo gesuita - è certamente un caso che ha segnato la storia della comunità ecclesiale e della comunità scientifica. È inutile negare che il conflitto ci sia stato. E forse in futuro ce ne saranno altri simili. Ma penso che sia arrivato il momento di voltare pagina e guardare piuttosto al futuro. Questa vicenda ha lasciato delle ferite. Ci sono stati malintesi. La Chiesa in qualche modo ha riconosciuto i suoi sbagli. Forse si poteva fare di meglio. Ma ora è il momento di guarire queste ferite. E ciò si può realizzare in un contesto di dialogo sereno, di collaborazione. La gente ha bisogno che scienza e fede si aiutino a vicenda, pur senza tradire la chiarezza e l'onestà delle rispettive posizioni”.

E così, con queste posizioni, sembra proprio di capire che anche il Vaticano si appresta a far arrivare alle famose fontane di San Pietro (dove dovevano abbeverarsi i soldati dell’Armata Rossa, come si diceva negli anni della guerra fredda…) i nuovi ET. I quali potranno liberamente passeggiare e discutere con quegli ET della guardia svizzera che, con le loro tute colorate, assomigliano a degli extraterrestri pur se firmati da uno stilista terreno di nome Michelangelo.