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di Ines Zanolini

Da un Governo che si vanta di essere “più di sinistra della sinistra”, dobbiamo dire che non ce lo aspettavamo. All’interno del maxiemendamento al decreto sulla nuova manovra economica, in questo momento al vaglio del Senato, è stato inserito un provvedimento che in buona sostanza preclude ai lavoratori atipici e precari l’eventualità di poter ottenere una sentenza definitiva in merito alla stabilizzazione del proprio contratto di lavoro. Ad oggi, qualora un giudice abbia riscontrato irregolarità sull’impiego di uno o più lavoratori a tempo determinato, un’azienda può essere obbligata a reintegrare il dipendente con un contratto a tempo indeterminato (la sentenza sul caso Atesia - l’azienda di telemarketing romana fondata da Telecom Italia, a cui nell’estate 2006 fu intimato di regolarizzare i 3200 collaboratori atipici di cui si avvaleva - fece storia), ma se la norma diventerà legge, questo importante precedente giudiziario non avrà più alcun valore. L’ennesima modifica giudiziaria a garanzia di chi ha sbagliato, ha i soldi e non vuole pagare. Secondo quanto riporta il testo dell’articolo, un datore di lavoro potrà essere, sì, obbligato a versare all’impiegato un indennizzo variabile tra le tre e le sei mensilità di stipendio, ma non potrà più essere costretto dal giudice a riassumere il lavoratore precario. I regolari hanno un costo troppo alto, le loro trattenute sono decisamente superiori a quelle - praticamente inesistenti - dei lavoratori che hanno la sfortuna di essere assunti - momentaneamente - con una delle 15 tipologie di contratto a tempo determinato previste dalla legge che qualcuno si ostina ancora a chiamare Biagi , ma che in realtà porta il nome del firmatario leghista Roberto Maroni.

Il Governo, impegnato prima di tutto a fare lo scaricabarile sulla paternità della nuova norma, assicura che la misura verrà applicata solo alle vertenza attualmente in corso: “Si tratta di una misura nata in ambito parlamentare: non l'ha voluta il governo e tanto meno il ministro del Welfare Sacconi - commentano da Via Vittorio Veneto - anzi siamo intervenuti, al momento dell'approvazione in commissione Bilancio, per limitarne la portata: inizialmente la norma doveva valere per il presente e per il futuro mentre nell'attuale formulazione riguarda solo le cause ancora aperte”. Praticamente una maxi sanatoria per tutti i padroncini, grandi e piccoli, che negli anni hanno accumulato poderose schiere di precari e che ora rischiano un altrettanto poderoso salasso a causa di sentenze come quella di Atesia. Confindustria infatti gongola e plaude l’intervento del Governo: “Va nella giusta direzione, spiega Maurizio Beretta, direttore generale degli industriali. Il punto di fondo è che apparati sanzionatori del tutto sproporzionati di per sé non hanno alcun senso”.

Ce l’hanno eccome, invece, per tutti quei lavoratori a progetto - la maggior parte giovani tra i 20 e i 35 anni, laureati – costretti al cottimo nei call-center o comunque ad una situazione di precarietà che non è solo lavorativa ma anche e soprattutto esistenziale. Nell’Italia dei family-day, in cui si pretende di imporre la famiglia come stile di vita, non si pensa che senza uno stipendio decente e un po’ di certezze è praticamente impensabile creare una famiglia e meno che mai un figlio; si preferisce chiamare i giovani “bamboccioni” e non si pensa che con 500 euro al mese pagare un affitto e nutrirsi decentemente è un’impresa che solo un folle o uno sprovveduto potrebbe intraprendere. E poi ci lamentiamo se l’Europa ci addita come un Paese gerontocratico…

Ma i giovani non disperino, il sindacato è già sul piede di guerra (sic!) e promette battaglia sul terreno - ormai devastato dai continui interventi della maggioranza - della costituzionalità: “E’ una norma sbagliata che presenta gravi incongruenze; oltre al problema dell'indennizzo, la norma introduce il principio che un contratto non corretto viene considerato nullo. In questo modo - spiega Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl - il lavoratore, non solo non può essere riammesso sul posto di lavoro, per decisione del giudice, con un contratto a tempo indeterminato, ma rimane anche senza il contratto a termine”. A sorpresa s’inserisce nell’acceso dibattito anche Forza Nuova - la creatura neofascista degli ex NAR Roberto Fiore e Massimo Morsello - che si scosta per un momento dai cugini per la libertà e, riscoprendosi movimento d’ispirazione sociale, si dichiara pronta alle barricate se la misura non verrà modificata prima dell’approvazione del Senato. Durissimo il segretario Fiore che ci tiene a evidenziare la riluttanza del Governo: “Si disconosce la paternità della misura, ma l’emendamento è ancora presente ed ora tutti se ne lavano le mani”.

Nostalgici dell’olio di ricino a parte, bisogna riconoscere che il problema della flessibilità in Italia non è mai stato dibattuto con la fermezza che una questione esasperata e selvaggia come questa richiederebbe. Il fatto che ancora si associ pubblicamente la legge 30 alla figura di una vittima di terrorismo, rende enormemente bene la situazione di imbarazzo che le istituzioni hanno per questa norma che di fatto non autorizza la semi-schiavitù che nel tempo si è poi verificata, ma che implicitamente ammette che un lavoratore possa essere preso in considerazione solo in funzione della suo relativo basso costo. Se ora verrà negata la possibilità di ricorrere alla giustizia, i precari saranno definitivamente condannati al bavaglio e non avranno più alcun tipo di potere contrattuale con i loro datori di lavoro. E dire che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, ora sembra più che mai un insulto.