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di Mariavittoria Orsolato

Troviamo un nuovo indice puntato nella folta schiera di chi indica il Governo delle libertà come uno dei maggiori problemi (se non il maggiore dei problemi) della nostra italietta d’avanspettacolo. Non è quello dei soliti comunisti bastian-contrari, né quello degli europeisti che si domandano ancora a quale titolo lo stivale sia parte dell’Unione Europea. La voce dissidente stavolta proviene dall’Oltretevere romano e con sé porta tutta la solennità all’incenso e la gravità da pulpito tipica del monito della Santa Sede. Ma non è la solita predica sulla sacralità della famiglia. Lo scorso mercoledì il segretario del Pontificio Consiglio dei migranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, ha esposto ai microfoni di Radio Vaticana le sue perplessità sull’operato del Governo Berlusconi in merito ad immigrazione e diritti civili. Quello del monsignore è stato uno sfogo - il terzo in tre mesi, se contiamo le pontificie critiche alla detenzione preventiva dei clandestini dello scorso giugno e il familiare e cristiano richiamo al rispetto delle norme internazionali sui diritti umani a luglio - contro le continue misure restrittive che il Consiglio dei Ministri, in nome della sicurezza nazionale, sta approvando a scapito di tutti quei cittadini stranieri che cercano la loro seconda chance in Italia. Nel mirino di monsignor Marchetto sono finiti i decreti legislativi sul riconoscimento e la revoca della qualifica di rifugiato e sul ricongiungimento familiare, passati lo scorso martedì al vaglio delle Camere e che, di fatto, inaspriscono il già lungo e desolato percorso per raggiungere lo status di “immigrato gradito”, vale a dire lavoratore-pagante-possibilmente-non-musulmano.

A detta dell’alto prelato, il Governo italiano “gioca al ribasso sui diritti umani e sulle politiche d’accoglienza rispetto agli impegni internazionali a suo tempo assunti in favore delle protezione di persone perseguitate”. Pur ammettendo che “i flussi misti di richiedenti asilo e immigrati non sono di facile gestione per i governanti”, l’arcivescovo trova poco o per nulla giustificate le ragioni della stretta su due dei diritti inalienabili alla tutela della persona, in particolare del rifugiato. Marchetto ha poi spezzato una lancia in favore della popolazione Rom “vittima incolpevole di disuguaglianze, discriminazione, e altresì di razzismo e xenofobia”, auspicando un dialogo costruttivo e aperto con le rappresentanze zingare”.

Monsignor Marchetto, affermando che “la Santa Sede è preoccupata per la generale mancanza di fiducia verso questa etnia”, ha lanciato direttamente un appello “affinchè gli Stati approvino normative che veramente tutelino questa fetta di popolazione dal razzismo e dall’emarginazione”. Non chiamatela ingerenza però. La Chiesa dovendo essere sempre dalla parte dei più deboli “fa solo il proprio dovere, anche quando condanna l’operato o deplora le decisioni degli Stati che offendono o opprimono la dignità umana”.

La sinistra (o quel che ne rimane) si spertica le mani e sogghigna sorniona davanti al colpo basso inferto alla coalizione che della famiglia e dei valori cristiani aveva fatto il suo baluardo e che fin‘ora con i prelati era andata tranquillamente a braccetto. Ma se padron’ Silvio preferisce non replicare e continuare a imbrodarsi con i suoi, e solo suoi, (de)meriti per la questione Alitalia, ci pensano due dei suoi più cattolici sgherri a rispondere per le rime a monsignor Marchetto.

Il segretario della nuova DC, nonché inutile Ministro per l’attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi, pensa che le accuse debbano essere rispedite al mittente e, sulle colonne de La Stampa, s’incarta in una serie di dichiarazioni contraddittorie da cui abbiamo tratto le perle: “Il Governo auspica un ampliamento dei diritti degli immigrati, non una riduzione” e “La solidarietà non è l’accoglienza, la solidarietà è una politica”. Evviva la sincerità!

Riesce quasi a far meglio il sottosegretario con delega alla famiglia, Giovanardi, che citando erroneamente Thomas More, risponde piccato: “Non siamo nel regno di Utopia, non siamo un paese che può aprire le porte a tutti, abbiamo solo - precisa - reso più severi i controlli per favorire i ricongiungimenti familiari veri e le richieste di asilo vere”. Al solito la polemica si accende e perdura, mentre a 64 miglia al largo di Malta riaffiorano i cadaveri di 35 disperati che dalla Libia provavano a raggiungere il suolo europeo.

Il bilancio dei morti nel Canale di Sicilia sale vertiginosamente e, secondo le stime di “Medici Senza Frontiere”, arriva a toccare i 380 morti nei soli primi sei mesi dell’anno. Una ecatombe che non risparmia donne e bambini e che dovrebbe lasciare ben poco spazio alle querèlles politiche sulla denominazione di rifugiato politico. Non così tanto tempo fa la Lega proponeva i bazooka puntati dalle coste contro l’immigrazione clandestina. Il Governo non si preoccupi per le tirate d‘orecchie vaticane, l’inverno è alle porte e contro le carrette del mare e i loro inermi occupanti non c’è nessun decreto legge più efficace di un bel mare in tempesta.