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di Rosa Ana De Santis

La tv è scatenata. Si riempie di dichiarazioni e approfondimenti. Tutti scalpitano. Tace solo LA7. Un silenzio intessuto di pudore e rispetto sconosciuto invece a chi è tutto intento a scandire minuziosamente il passaggio dell’ambulanza, i momenti del trasferimento nella clinica di Udine, lo stile e il metodo dei salotti di Porta a Porta esaltatati all’idea di rubare un’immagine in più. Eluana non si vede. Eluana è invisibile. Tenuta nascosta mentre un oceano di parole e teorie in questi ultimi mesi ha raccontato la sua storia agli italiani. Mons. Fisichella si professa rispettoso del dolore della famiglia, ma ravvisa nella scelta del padre errori e confusioni. Più spavaldo è il leader del Movimento della Vita, Carlo Casini, che s’interroga stupito come si possa preferire l’agonia - come la definisce lui - ad una vera e propria eutanasia. Contraddizioni di un’amnesia a dir poco ipocrita. E’ solo di una domenica fa l’Angelus gridato in cui Benedetto XVI ha parlato della dolce morte come di una risposta sbagliata al dolore. Come si può pensare che un Paese tenuto sotto scacco dal Vaticano possa decidere di legiferare sulla dolce morte, non consegnandola più alla volontà del Creatore e al riscatto del Paradiso? Come si può pensare che si arrivi a questo grado di maturità politica se sul testamento biologico l’accanimento sta nel limitarne il più possibile il senso e l’efficacia, mordendo ai fianchi la libertà dei cittadini sulle proprie vite?

Nel caos di questa corrida di pareri, il Presidente della Camera ha ribadito il valore assoluto del dubbio e quindi la consegna totale della scelta a chi quella vita l’ha generata e ne ha raccolto le volontà e il testamento. Berlusconi ha detto No al decreto. Litiga con le toghe su tutto, non su questo. Ed è quello che ancora meglio dice oggi Sofri dalle pagine di La Repubblica. Ammesso che la letteratura scientifica non abbia un parere unanime, anche se questo a dire il vero significa solo dire che i medici cattolici antepongono ad alcune evidenze scientifiche un concetto della vita che è religioso prima che scientifico e persino umano, esiste un inderogabile principio che vede ciascuno assoluto proprietario di sè, del proprio corpo, del percorso esistenziale che ha vissuto sulla terra. Nulla viene tolto al cielo che ognuno vuole raccontarsi dopo la vita, nulla alla credenze e alla metafisica di una consolazione; ma quaggiù è indispensabile onorare la libertà di tutti su sé stessi e quindi l’autodeterminazione, non consentendo mai che la vita del singolo diventi materia contesa e decisa dalle Istituzioni o dalla Chiesa. Semmai blindare questa libertà con una legge chiara. Che impedisca quello che Beppino Englaro ha vissuto in questi anni. Una via crucis nella quale solo i preti riescono a non ravvisare una spietata disumanità.

Un percorso, quello del padre di Eluana, che intenerisce nel profondo e commuove per la sopportazione lucida e ostinata di una sofferenza che deve essere davvero più grande di ogni umana sopportazione. Con al fianco la mamma di Eluana, ammalata e quasi custodita da suo marito. E poi “Eluanina” - come lui la chiamava - che non c’è più. Strappata alla morte a ogni costo per rimanere attaccata alla terra a vegetare. Senza sentimenti e con un cervello spento che non è in grado di sentire sofferenza. Questo dice l’anestesista Amato del Monte. Eluana è morta 17 anni fa.

E’ la vedova Welby, più di tutti, a ricordare ogni momento il coraggio della scelta di Beppino Englaro. Il desiderio che la volontà di Eluana fosse riconosciuta dalla legge e non avesse le sembianze di una soluzione disperata da consumare in clandestinità e da decorare di compassione in qualche preghiera collettiva. E’ una scelta che parla della vita e della morte con assoluta consapevolezza e senza prigioni della mente. Fondata sulla libertà e sul rispetto. Un modo di leggere l‘esistenza con sacro rispetto, restituendola al suo profondo valore. Quello che ognuno crede giusto.

La legge sul testamento biologico, proprio grazie a questa lunga battaglia, sta andando avanti. Tutta orientata sul modo in cui non considerare alimentazione e idratazione forzata come non-cure, per arrivare al punto di non considerarle accanimento terapeutico e di poter lasciare in stato vegetativo altri morti. Al centro dei lavori sta la ricerca di un modo per ostacolare la scelta e non per regolamentarla. Una risposta, quella delle nostre istituzioni, arretrata, che umilia una storia intera di pensiero e principi. Che umilia questo paese che non è contro la scelta di Beppino Englaro. Lo ricordino i vescovi nelle loro messe deserte. Le stesse messe che condannarono Welby quando rifiutò la ventilazione artificiale e morì. Per Eluana non c’è terapia da interrompere e non c’è più consapevolezza per ribadire la sua volontà. Proprio questo è diventato, a servizio della chiesa e di tanta parte del Parlamento italiano, lo strumento più efficace e più vile per costringere e per negare a una vita di vivere e morire come lei aveva deciso.

Vorremmo che questo momento non fosse aggravato dall’ostinazione quasi grottesca - non fosse così tragica - con cui il nostro Ministro del Welfare è alla ricerca di un escamotage qualsiasi per impedire la fine della morte di Eluana. Un comportamento violento e squalificante per un ministro che non sa riconoscere le competenze e la divisione dei poteri. Un atto che tradisce un radicato disprezzo per la libertà personale e un vuoto imbarazzante di umana pietà. O paura. Fa paura Eluana che ora può morire. Fa paura un padre che sopporta il dolore scevro da ogni egoismo e in totale dedizione della volontà della figlia. Fa paura chiunque parli della vita e della morte, non consegnando la sofferenza e il suo valore ad altra certezza che non sia il significato della propria vita.

Il protocollo è pronto da quasi un mese. Ragionato in ogni minimo passaggio. Eluana sedata e non alimentata e idratata a forza si spegnerà. Insegnando la fatica di una giustizia ottenuta a prezzo di lunghi anni, di accuse e di ostacoli calati dall’alto e dai centri di potere. Sappiamo purtroppo che quelli che oggi versano fiumi di lacrime, si buttano contro l’ambulanza o sostano affranti nelle piazze in protesta, questi stessi sono incapaci di piangere e di avvertire l’ingiustizia profonda di una volontà calpestata, la negazione di una vita per la Vita. A noi piace immaginare senza paradiso il viaggio di ELuana. Libero, come libera sarà lei.