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di Rosa Ana De Santis


Il giornale del Santo Padre ci ha abituati ai divieti categorici sulle nuove pratiche mediche che rendono possibile nuovi approcci alla vita e nuove possibilità di scelta. Il peso cieco dei no grava sulla nascita. no allo screening degli embrioni nelle pratiche di fecondazione assistita, no alla ricerca sulle staminali embrionali, solo per citare gli esempi più recenti che hanno acceso il dibattito su quell’ibrido e infelice esperimento rappresentato dalla legge 40. Altrettanto accade per la morte. No alla possibilità di scegliere di non vegetare senza coscienza. No a un vero testamento biologico. L’eutanasia, nemmeno a pensarci, è materia preziosa per un’esemplare condanna. In preda a una smania da conversione, la legge divina vale per tutti ovviamente e non solo per i seguaci della fede cattolica.. Ma tutto questo non ci scuote né ci sorprende. E’ la dottrina di una fede ben precisa, fondata su dogmi umani d’ispirazione divina – così dicono- che nel corso della storia hanno assunto l’imperturbabilità di un brevetto di origine controllata: Roma e il Vaticano. Ci sono però invasioni di campo nella vita dei cittadini e nella politica più gravi di altre, che vanno fuori i margini della dottrina e che rappresentano indebite intromissioni. Così l’Osservatore Romano spaccia per parere etico un annuncio la cui pericolosità è davvero aldilà di ogni previsione. Il tema è la diffusione di massa dei test prenatali. Ecografie, amniocentesi, test per l’identificazione di malattie o predisposizioni genetiche, analisi dei villi coriali, tutto quello che oggi è possibile fare con la tecnica diagnostica per sapere se a nascere saranno figli sani. A sentire il Vaticano un metodo di arroganza umana, quasi un atto di superbia intellettuale a metà tra il peccato e l’eugenetica. Ecco la parola magica. Ritorna il mostro della selezione umana e l’ombra del nazismo che serve a condire il tutto con la seduzione del terrore, garanzia per un veloce convincimento di massa. La prassi di chi non accampa forse troppe altre ragioni morali.

L’argomento ufficiale rilanciato dal papa è non cadere nell’automatismo di riconoscere la normalità come condizione necessaria per accettare un figlio. La verità è che questo non accade se non nella visione mentale dei professionisti del riduzionismo. Le analisi pre-natali servono soprattutto a rendere la genitorialità un atto consapevole e a restituire la nascita di un figlio alla categoria morale della scelta, libera- come la legge che regolamenta l’aborto basta da sola a ricordare- e consapevole al punto da poter essere anche la scelta di non. Ed è qui che risiede tutto il disappunto della Chiesa. La paura che si possa scegliere di non avere un figlio. Che madri e padri siano liberi di ragionare e pensare la nascita e prima ancora la procreazione partendo dalla conoscenza. Cosa significa un figlio? Sentire le emozioni. Cosa significa un figlio sano? Le analisi di una possibile malattia. Cosa significa per la coscienza di un genitore, visto che si parla tanto di morale, sapere di trasmettere o poter trasmettere a una propria creatura una malattia genetica? Quanto è un dovere ricorrere alle tecniche della medicina pre-natale per fare il possibile affinché questo sia evitato? Quanto è terribile sapere di non avere la possibilità di farlo in un Paese blindato dai dieci comandamenti, diventando così responsabili della malattia di un proprio figlio?

Quello che rimane a chi non crede ci sia una volontà divina dietro a queste stranezze umane, è solo un profondo senso di tradimento del proprio compito genitoriale, uno smarrimento di coscienza. Un non senso rispetto a quello che occupa tutta la vita di una madre e un padre. Prendersi cura dei figli, curarli se soffrono, disperatamente evitare loro mali e dolori.

E’ buffo che proprio quando li si concepisca si debba rimuovere tutto questo insieme di pensieri. Solo perché in quel preciso momento si può decidere di interrompere la gravidanza per ragioni terapeutiche. Questo la Chiesa non può permetterlo a meno che non sia in pericolo la vita della madre, anche se il sottotitolo è che il martirio materno sarebbe gradito. L’embrione e il feto prima di tutti. Prima della madre e prima dei bambini.

Paolo Ramonda ed Enrico Masini dell’Associazione Papa Giovanni XXIII a questo proposito si dicono contrari a rendere gratuiti i test diagnostici prenatali prima dei 35 anni di età della mamma gestante. Dichiarano “Stiamo scivolando sempre di più verso l’eugenetica”. Ma cosa nasconde questo termine così orribile? Se eugenetica significasse nascere senza una malattia, avere una buona nascita - a voler scavare nell’etimologia-, curare o evitare vulnerabilità che significano malattia e sofferenza, dove risiederebbe l’immoralità?

Ci insegna la tradizione della filosofia analitica che per avere un’idea corretta delle cose e poterci ragionare su in modo davvero libero bisogna epurare i termini da usi e applicazioni acquisiti nel corso del tempo storico. Ed è di questo invece che si nutre il terrorismo psicologico usato dalla Chiesa che ricorre a certi feticci di paura proprio al fine di ottenere il consenso di massa, senza entrare nei singoli problemi, nei contorti risvolti di una riflessione morale.

Il paventato pericolo per cui ci sarebbe un legame di casualità diretta tra una società che ricorra a queste pratiche di screening prenatale e la discriminazione della disabilità è costruito sulla paura e su nessun argomento valido, nemmeno di evidenza empirica. Per la stessa ragione dovremmo chiederci se voler curare gli individui dalle malattie e dalle sofferenze si traduca in un atteggiamento di intolleranza nei riguardi dei malati o di chi soffre. Perché mai dovrebbe allora valere questo legame causa-effetto sulla nascita dei figli?

L’Istituto scientifico internazionale della Cattolica di Roma lancia l’allarme sui test genetici che rientrano nella cosiddetta medicina predittiva e che spesso- a detta dell’Istituto- sono usati come criterio di selezione degli embrioni. Oltre all’importanza crescente che la medicina preventiva e predittiva riveste con il progredire della scienza medica nell’ambito del genoma umano, l’idea che la selezione degli embrioni per criteri di salute e malattia sia delittuosa risponde al principio, tutto cattolico, per cui gli embrioni siano uguali a bambini già nati. Non si sta discutendo di selezione per caratteri estetici, il che sarebbe grave in termini morali non tanto rispetto all’embrione stesso, che continua a non essere un bambino, ma rispetto a colui che sceglie, il quale, in questo modo, affiderebbe la scelta più significativa della propria esistenza a criteri di valore subordinato rispetto ad altri. Il punto dolente per la Chiesa è solo dover fornire alle coppie in attesa elementi conoscitivi più approfonditi per scegliere con maggiore consapevolezza e quindi magari per scegliere di non portare avanti la gravidanza.

Il rimedio del curato è quello di sempre. Rifiutare tutto per eliminare il rischio aborto, senza delegare con fiducia la scelta ai singoli. Affogando la coscienza nella non conoscenza. Dosando bene lo spettro bestiale del nazismo e l’orrore sociale della discriminazione ai danni dei disabili. Peccato che questo non entri affatto nel tema della medicina pre-natale. Quella che permette soltanto ad una donna di sapere se suo figlio sarà affetto da particolari patologie genetiche, se soffrirà di fibrosi cistica o di gravi altre malformazioni, di rare malattie metaboliche, di predisposizioni allo sviluppo del cancro, di sindrome di Down. Quindi di scegliere. Qualsiasi cosa. Il proseguimento della gravidanza, la sua interruzione, il ricorso alternativo alla fecondazione ove fosse possibile fare lo screening embrionale.

La strategia del Vaticano assomiglia moltissimo a quell’altra, sempre brevettata da loro, che in nome dell’educazione sessuale e con la scusa accademica che il profilattico non basti a risolvere il problema, invita a non usare quell’unica misura “ di controllo e di pronto soccorso” che può salvare oggi e domani molte vite umane dall’HIV.

Grave questa censura sull’informazione e sulla conoscenza. Grave il messaggio che arriva ai cittadini, alle donne. La medicalizzazione della gravidanza come rischio indotto da queste tecniche ormai così diffuse, problema che pure esiste e che certo femminismo ha già ampiamente evidenziato, è solo un pretesto argomentativo ad uso dei cattolici che pensiamo possa essere stemperato dalla saggezza di ogni singola futura madre. Non certamente dagli altari e dall’oscurantismo delle menti.
Harris, noto bioeticista di Manchester, ha scritto di recente un libro dal titolo Cloni, Geni e Immortalità. La linea di Harris è quella dalla lobby anti-cristiana. Le sue tesi note per i toni audaci, a tratti spregiudicati, come ai tempi di Wonderwoman e Superman, a noi servono soprattutto come monito e come metodo per capire quanto la posizione della Chiesa sia una censura nella riflessione morale sulla bioetica, piuttosto che rappresentare –come pretenderebbe- un particolare punto di vista etico se non addirittura morale sulla questione. La rimozione della conoscenza non è un viatico per la giustizia, piuttosto un pietoso sonnifero. Che non si può prendere quando chi viene al mondo è tuo figlio.