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di mazzetta

Il terremoto in Abruzzo è caduto come una tragica conferma della pochezza amministrativa della nostra classe dirigente. Gran parte degli edifici più recenti e in particolare quelli affidati alla gestione pubblica, hanno ceduto di schianto, tragica cartina al tornasole dell'ancora più modesta classe dirigente abruzzese, che negli ultimi anni è passata da uno scandalo all'altro senza colpo ferire e senza che le decine di gravi procedimenti a carico dei dirigenti pubblici abbia smosso nemmeno la parvenza del ricambio. A L'Aquila, capoluogo regionale, gli edifici pubblici hanno reso la misura precisa della corruzione che ha investito la loro costruzione, non uno ha resistito al sisma come avrebbe dovuto. Ha ragione il Presidente del Consiglio Berlusconi: una scossa appena più potente avrebbe provocato un'ecatombe. Basta pensare all'ospedale aquilano agli altri edifici pubblici che con un piccola spinta in più potevano trasformarsi in macerie, per capire che il bilancio delle vittime avrebbe potuto essere quello di un'ecatombe. Invece è stata solo una strage e per cercare in qualche modo di giustificarla agli occhi degli elettori abbiamo assistito per la prima volta al tentativo di confondere il dato dell'intensità del sisma, visto che la scala usata storicamente ha registrato un valore troppo basso per non causare imbarazzo nelle amministrazioni, meno di sei gradi della scala Richter.

Decenni di esperienza non sono serviti a nulla, nemmeno sono servite le decine di leggi e regolamenti che avrebbero dovuto impedire la costruzione di edifici tanto deboli da crollare con un terremoto di questa intensità. Non sono serviti nemmeno gli espliciti avvertimenti forniti da centinaia di scosse negli ultimi mesi, ben poco era stato fatto per la prevenzione e quel poco, come la chiusura delle scuole, la dice lunga sulla fiducia che gli amministratori locali riponevano negli edifici pubblici; negli altri paesi le scuole, gli ospedali e gli edifici pubblici sono indicati come luoghi-fulcro delle operazioni di soccorso: in Abruzzo invece erano i primi dai quali fuggire.

Senza fretta però e senza ansia, tanto che lo studentato crollato scricchiolava da giorni per effetto delle scosse e nessuno si è preoccupato di evacuarlo o almeno di controllarne le condizioni, così come non risultano interventi per mettere in sicurezza altri edifici. Così, quando è arrivato il colpo più forte, insieme alle case di sasso sono crollate anche quelle che dovevano essere antisismiche. Ora si fa polemica sulla prevedibilità dei terremoti, ma l'unico dato certo in merito è che i terremoti si ripeteranno nelle zone sismiche, l'unica prevenzione possibile è costruire gli edifici che possano resistere alle sollecitazioni sismiche, non certo tirare a indovinare i terremoti e cercare di evacuare intere popolazioni un attimo prima che accadano.

L'esperienza dovrebbe gettare inquietudine in tutto il paese, nel quale milioni di metri cubi di abitazioni e migliaia di opere pubbliche sono state costruite rubando sul progetto, sul cemento e su tutto quello su cui si poteva rubare. Intere periferie frutto del boom edilizio degli anni cinquanta e sessanta sono costruite con le stesse tecniche e con lo stesso cemento che si sbriciola come arenaria, armato con poco ferro e di qualità scadente; ma le costruzioni più recenti non stanno meglio, perché si scopre ora che la montagna di regole scritta dal terremoto del Friuli in avanti è stata interpretata più o meno come un consiglio non vincolante e quasi tutti hanno continuato a costruire come se l'Italia non fosse una zona ad altissimo rischio sismico.

Bravissimi nel soccorrere i terremotati, incapaci di fare seriamente prevenzione, maestri nel rincorrere i buoi scappati dalla stalla, i nostri cari leader perdono spesso di vista le priorità reali, così mentre Berlusconi va in televisione a fingere di coordinare i soccorsi in diretta attraverso “Porta a Porta” e Bruno Vespa si atteggia a Bertolaso, l'opposizione e gli sherpa governativi si accorgono che nemmeno nel trionfale piano-casa c'era trippa per la prevenzione contro i sismi e che semmai il geniale provvedimento, per com'è concepito, porterebbe ad un aumento della fragilità delle costruzioni ampliate grazie alla fantasia e al consenso del governo.

Geniali. Adesso è tutta una corsa a inserire nel piano-casa i requisiti antisismici, il che vuol dire che in tutta probabilità il piano-villa è morto prima di nascere, perché aumentare la cubatura porta guadagni, ma se c'è anche da rinforzare l'esistente, il guadagno si perde e allora addio alla speculazione, vera leva sulla quale contava il governo per smuovere l'industria edile ormai alla canna del gas.

Il nostro è un paese nel quale prevenire è esercizio troppo difficile, pianificare è impossibile e costruire a regola d'arte evitando l'assalto di una classe dirigente parassitaria rasenta la fattura di un miracolo. Non è stata la natura a uccidere in Abruzzo, sono stati uomini con nomi e cognomi che prevedibilmente non saranno mai chiamati a risponderne, come vuole il costume di un paese nel quale si agita l'emozione per respingere l'analisi e la soluzione razionale dei problemi, certi dell'impunità garantita da un processo di cooptazione calibrato proprio per evitare indebite ingerenze da chi non sia interessato ad arricchirsi alle spalle della comunità.