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di Rosa Ana De Santis

Il decreto legislativo che prevede l’equiparazione dei figli naturali a quelli nati in vincolo di matrimonio è in arrivo al Consiglio dei Ministri. Anche questa rivoluzione, normativa e culturale insieme, vede paladina il Ministro Kyenge che ci ha abituati a sfide di questa natura in un paese piuttosto innamorato del passato.

Ad oggi i figli nati fuori dal matrimonio oltre a non avere la stessa considerazione sociale degli altri,  per una sorte di cappa culturale di pregiudizio che ancore resiste, hanno meno tutele in caso di decesso dei genitori, ad esempio, o di gestione delle separazioni di fatto. L’esame del decreto coinvolgerà attivamente anche il Ministro della Giustizia e delle Politiche Sociali nel riconoscimento giuridico di una eguaglianza che ad oggi nessuno ha voluto davvero ratificare nero su bianco.

Ovvio che questo tipo di riconoscimento, inevitabilmente, aprirà la questione sulle coppie di fatto, che ad oggi, in Italia, non esistono secondo la legge aldilà di registri comunali auto-organizzati; allo stesso tempo dovrà comportare i cambiamenti necessari anche in materia di adozione, ad oggi prevista solo per le coppie legalmente coniugate da almeno tre anni. Se i figli sono e saranno tutti uguali, non si potrà certo fare discriminazioni di sorta per i figli adottivi considerandoli di serie B.

Mettere mano al diritto di famiglia è questione che rimbalza nelle cronache politiche, di legislatura in legislatura, ma è sempre mancato coraggio e coesione per farlo. E’ probabile che sia arrivato il momento in cui le divisioni accademiche, e tutte formali, tra conservatori e progressisti lascino il passo ad una diagnosi “sociologica” che racconta ormai di una famiglia già rivoluzionata di fatto.

Famiglie allargate, figli di immigrati, convivenze stabili, descrivono un modo di costruire la società profondamente diverso da quello di anche solo venti anni fa rispetto al quale lo Stato non può non intervenire a sanare il vuoto normativo con l’alibi di una Costituzione scritta ai tempi di un’Italia diversa. Se i valori non sono declinabili nel tempo storico, le organizzazioni umane assolutamente si, e ignorare questa differenza ha significato, finora, solo lasciare scoperte di diritti ampie quote della popolazione.

E’ proprio l’eguaglianza di fronte alla leggi quindi, prevista dalla Costituzione come principio assoluto, ad esser stata disattesa e beffata da una politica indolente e timorosa di alterare un diritto di famiglia di chiarissima ispirazione cristiano-cattolica.

Il decreto in questione avrà l’effetto del piccolo sassolino che incrina l’ingranaggio sia in termini di metodo che di merito. Chissà quanti se ne accorgeranno. Il metodo racconterà che la legge non può ignorare lo stato reale delle cose, e pensiamo anche al tema della cittadinanza dei figli degli immigrati, e il merito documenterà una famiglia finalmente emancipata da un connotato culturale di chiara ispirazione cattolica.

Sarebbe interessante capire perché la religione si debba predicare solo nelle Chiese e non in Parlamento, come tuonato da Cicchitto e i suoi contro Papa Francesco nella visita a Lampedusa, e debba invece essere legge nelle case e persino nelle stanze da letto di tutti gli italiani.