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Dalla campagna di diffamazione contro le organizzazioni non governative ai luoghi (troppo) comuni sugli immigrati, è un rincorrersi di informazioni infondate che distorcono la realtà dei fatti. Affermazioni come quella del direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, secondo il quale “i salvataggi dei migranti da parte delle ONG incoraggiano i trafficanti di esseri umani”, alimentano percezioni che confondono interessi criminali a scopo di lucro con operazioni svolte per salvare vite in mare.

 

 

Se è vero che l’Italia è sotto pressione per gli sbarchi a causa della sua posizione geografica - in mezzo al Mediterraneo e di frontiera dell’Unione europea al sud - per quanti (troppi) strumentalizzano il dato reale per sostenere la tesi dell’invasione, la risposta è che la percentuale di migranti in ingresso è molto contenuta: centotrentunomila su sessanta milioni di italiani.

 

Premettendo che, a livello globale, il maggior numero di rifugiati è accolto da paesi extraeuropei, eccezion fatta per la Germania, l’Italia ne ha accolto, finora, poco più di due ogni mille abitanti. Non importa: fossero pure due, rubano, in ogni caso, il lavoro agli italiani. Quello dequalificato, soggetto a sfruttamento, irregolare e intriso di violazioni di diritti, non solo di quelli collegati alla prestazione lavorativa, ma anche a quelli della persona.

 

Eppure, quando è a loro concesso, gli immigrati sono una presenza integrata nel tessuto produttivo: prova ne è il loro contributo fiscale alle casse dello Stato del Belpaese, che dal 2010 al 2016, è aumentato del 13,4 per cento contro la diminuzione, dell’1,6 per cento, di quello degli italiani.

 

Ma “spendeteveli in Africa, quei soldi, aiutiamoli a casa loro!”, suggerisce il leader della Lega, Matteo Salvini, senza, forse, essere al corrente che “l’emigrazione non è facile da contenere neppure con generose politiche di sostegno allo sviluppo”, spiega il dossier 10 cose da sapere su migranti e immigrazione, redatto dalla Caritas. Forse, e non solo a lui, è poco nota l’origine dell’emigrazione: a incentivare le partenze non è la povertà ma la ricerca di una realizzazione di opportunità pressoché impossibile nel paese natìo.

 

E la strategia degli aiuti in cambio del contrasto delle partenze dimentica, anche, un aspetto di capitale importanza: il bisogno che le società sviluppate hanno del lavoro e della presenza degli immigrati.

 

E perché sarebbero indispensabili? “Solo più clandestini e ingressi indiscriminati che hanno lasciato campo libero ai terroristi”, risponderebbe il forzista Maurizio Gasparri, sottovalutando che, stando ai dati forniti dal Global Terrorism Database, il 62,25 per cento degli attentati in Europa viene compiuto da organizzazioni europee, fra le quali gruppi di estrema destra, il 15 per cento circa da movimenti anti-immigrati e il 94 per cento degli attentati è stato a opera di cittadini europei, nati nell’Unione europea.

 

Ma con l’immigrazione non aumenta solo il rischio di terrorismo, crescono, pure, il degrado e la prostituzione. Vero, grazie a circa tre milioni di clienti italiani, tra liberi professionisti, dirigenti d’azienda e commercianti facoltosi. Ma anche gli immigrati non sono, poi, così tanto poveri: spettano loro trentacinque euro al giorno e hanno uno smartphone.

 

Peccato che dei trentacinque euro, nelle loro tasche finiscono solo due euro e cinquanta centesimi - ché i restanti servono per coprire le spese delle organizzazioni che li accolgono, comprese quelle per il personale, per le pulizie, per i consulenti legali e per gli insegnanti di italiano - e il telefonino che possiedono non è un bene di lusso ma di prima necessità, indispensabile per non perdere il contatto con i propri affetti. I quali, delle dieci cose da sapere sugli immigrati, gli italiani è la cosa che conoscono di meno.