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Ancora sconosciuto nella sua dimensione reale, il maltrattamento all’infanzia è tra le emergenze sociali le più deplorevoli. Anche per la sproporzione tra il maltrattante e il maltrattato. L’Organizzazione mondiale della Salute stima che per ogni caso conosciuto ce ne siano nove sommersi che sommati ai nove ogni mille bambini assistiti dai servizi sociali dei comuni italiani si arriva a una presenza di quasi sei milioni di maltrattati.

 

Dalla trascuratezza all’abuso, la violenza sui minori è la conseguenza ultima di una condizione di disagio che coinvolge il contesto famigliare e ambientale nel quale i minori crescono.

 

 

L’elevato livello di povertà delle famiglie, il basso livello di istruzione dei genitori, il consumo di alcol e doghe da parte di alcuni, la disoccupazione sono fattori slatentizzanti oltre che di rischio e vulnerabilità. Però, a oggi, a livello regionale in Italia, mancano numeri relativi alle famiglie con minori, non ci sono dati relativi alla genitorialità né in generale né tantomeno rispetto alle famiglie maggiormente a rischio di disagio e sono carenti i dati qualitativi sulle dinamiche relazionali all’interno dei nuclei famigliari.

 

I pochi indicatori - utilizzati da Cesvi nell’indagine Liberi tutti - relativi alla dimensione privata, in alcuni casi, hanno messo in evidenza una diretta connessione con la condizione socio-economica del territorio, marcando alcune specificità territoriali; ma in altri, hanno rilevato dinamiche contradditorie che solo le peculiarità delle regioni possono spiegare.

 

Per esempio: il dato sulle separazioni può risultare di dubbia interpretazione volendo indicare sia una maggiore conflittualità sia una maggiore libertà delle donne di sottrarsi a condizioni di insicurezza e violenza per sé e per i propri figli. Così come alcuni indicatori relativi all’empowerment femminile hanno evidenziato sia il vantaggio in termini di crescita personale, economica e sociale delle donne sia anche la possibilità di un aumento della conflittualità famigliare dovuta alla ridefinizione dei ruoli che aumenta il rischio di vulnerabilità dei bambini rispetto al maltrattamento.

 

Perché la letteratura restituisce un nesso stretto tra violenza di genere e maltrattamento all’infanzia, non solo riconducibile alla violenza assistita, ma anche ai traumi subiti sia da donne sia da uomini nella loro infanzia che si trasformano (in età adulta) in meccanismi di relazione distorta tra donne e uomini.

 

E la trasmissione intergenerazionale del maltrattamento sui bambini si può contrastare solo con strategie preventive anch’esse intergenerazionali: se si vuole prevenire il maltrattamento sui minori occorre intervenire sugli adulti. E, però, secondo il Cesvi, manca un’identità specifica delle politiche di prevenzione essendo piuttosto comprese all’interno di tematiche più generali ed eterogenee.

 

Di contro, la ricerca ha osservato che le regioni del Belpaese che hanno una popolazione meno soggetta a fattori di rischio sono le stesse che forniscono le migliori risposte in termini di servizio; al contrario, nei territori dove i fattori di rischio sono più critici si possono vedere servizi deboli. E le politiche locali sono molto autonome, cioè non strettamente dipendenti dal contesto e, invece, frutto di continui negoziati politici nei territori.