USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di Roberto Giardina

BERLINO. Adesso che il campionato è finito e che anche la Coppa Italia è stata assegnata, si può parlare di calcio, al di là del tifo. Si spera. Anche in Germania si attende la prossima stagione. Da noi ha vinto il Milan, squadra del presidente del Consiglio, come si prevedeva, nell'anno delle fatali elezioni locali. In Germania hanno vinto i gialloneri del Dortmund, squadra di giovani, all'inizio poco valutati. I rossoneri hanno giocato su un campo spesso spelacchiato, in uno stadio di rado esaurito.

A Dortmund, città di 400mila, lo stadio è un gioiello architettonico, l'erba verdissima pur nel cuore della Ruhr, e la media degli spettatori è stata appena sotto gli 80mila. Il calcio può servire come punto di partenza per un confronto tra i nostri paesi. La Germania perde quasi sempre contro gli azzurri, ma nel resto - quel che conta - ci batte tre a zero.

Cominciamo dagli arbitri, com´è inevitabile. Qual è la differenza tra un arbitro e uno Schiedsrichter, che sarebbe il suo collega tedesco? Il crucco arbitra, l'italiano interpreta. I fischietti della Bundesliga commettono errori colossali ma, come si dice, “n'do cojo cojo”. Sbagliano perché non sono bravi, o stanchi, a favore di questo o di quello. Per il debole Sankt Pauli, che non si può concedere neanche uno straniero, finito in Serie B, o per il potente Bayern di Monaco. Giocatori e allenatori a volte li contestano con violenza, ma nessuno dubita mai che il fischietto sia in mala fede.

Gli arbitri nostrani sentono il fascino dei potenti. Le aeree di rigore si allargano o si restringono, a seconda, e i falli di mano diventano involontari anche se il difensore placca la palla come un autentico rugbista, purché indossi la maglia rossonera o neroazzurra o bianconera. Banti, l'arbitro del Milan di Berlusconi e del mio (lo confesso subito) Palermo, in Germania non avrebbe arbitrato più fino a Natale, quello del 2011. Gli hanno inflitto una settimana di pausa, rara punizione, e questo dovrebbe dimostrare che non parlo da tifoso.

Una frase fatta, e sempre meno attuale, vorrebbe che favori e torti alla fine del campionato si compensano. Sarà stato vero nel secolo scorso. All´inizio del secolo scorso. Quest'anno, fatti i calcoli degli errori, il Milan avrebbe una decina di punti in meno, come la Roma. La Juve avrebbe rischiato di retrocedere. Penalizzati per una dozzina di punti sono state invece le meridionali, il Napoli, e il mio Palermo. E non perché lo dica Zamparini. Sarebbe stato un campionato fantastico, con più gente allo stadio.

Ma, quasi sempre, i nostri fischietti arbitrano benissimo all'estero. Paradossalmente, è una prova a carico: fuori non hanno complessi reverenziali. C'é un particolare fondamentale che distingue gli arbitri di Silvio e di Frau Angela. I tedeschi alla fine della partita possono parlare. Il telecronista gli fa vedere al replay le madornali cappellate prese pochi minuti prima. Che ci dice Herr Schiedsrichter? Mi dispiace, voi avete la moviola, io sto sul campo. Mi sono sbagliato. Chiedo scusa. E tutto finisce. Certo, come farebbe a giustificare di aver sbagliato sempre a favore di una squadra? E di fischiare una volta in un modo, la seguente in un altro? Anche negli errori, ci vorrebbe coerenza.

I politici si comportano alla stessa maniera. Frau Angela era a favore del nucleare a settembre. Oggi ha cambiato idea, quando ha visto le immagini di Fukushima: “Se neanche i giapponesi, così affidabili, così bravi, non riescono a garantire una sicurezza assoluta, allora bisogna cambiare strada.” Come dire: ho sbagliato, scusatemi. Ed ha chiuso le centrali nucleari.

Da noi, un premier esperto di calcio, ha detto che vorrebbe veder giocare i suoi in uno stadio senza spettatori della squadra avversa. Quando vince è merito suo, quando perde è colpa degli altri. Una mancanza di fairplay che qui non gli sarebbe perdonata. Quando si vota, un minuto dopo l'esito, il perdente ammette la sconfitta, e di solito si dimette: “E' colpa mia”, ammette il capo, anche se i suoi l´hanno tradito. I conti, caso mai, si regolano nello spogliatoio.

Da queste parti, un arbitro con il debole per i forti, non è gradito neanche da un Bayern. Favori immeritati rendono antipatici e danneggiano gli affari, come spiega il mitico Beckenbauer. Perché negare quello che vedono milioni di telespettatori? Il suo Bayern guadagna una quindicina di milioni con il merchandising. Un arbitro furbetto verrebbe disprezzato dagli amici e criticato in famiglia. Forse esagero, ma solo un poco.

Non voglio sembrare ingenuo. Anche in Germania qualcuno conta di più, ma fino a un certo punto. Margot Kässman, la papessa della Chiesa evangelica, fu sorpresa ubriaca al volante, e si dimise all´istante, nonostante i fedeli volessero perdonarla. Un poliziotto italiano non sarebbe stato tentato di chiudere un occhio, e dire “per questa volta passi”? E quale politico tedesco oserebbe chiamare una stazione di polizia per chiedere clemenza a favore di una nipotina un po' birichina? Tanto gli direbbero di no.

E questo vale anche per i miei colleghi giornalisti. Quando la passata stagione, il Bayern segnò  alla Fiorentina in fuorigioco evidente, il telecronista sbottò. “Un goal vergognoso.” Perfino i tifosi furono d'accordo.

Nel seguire da Berlino le partire italiane su Sky, mi ero stupito dei commenti dei miei colleghi e degli ex calciatori che li spalleggiano. Ma che dicono? Mi hanno spiegato, che i giudizi cambiano in rapporto al bacino di utenza. La Lombardia ha più abbonati del Molise, dunque…Ma io, da esule in  Prussia, non ci vorrei credere. Se leggo il resoconto di una partita tra Lazio e Inter, sul Corriere dello Sport o sulla Gazzetta, mi sembra che parlino di due incontri diversi.

E' vero, bisogna essere sensibili e pensare ai lettori e alla tiratura. Ma ci dovrebbe essere un limite. Naturalmente, il rilievo non riguarda solo i colleghi dello sport. Anche nelle partite della politica, non si dovrebbe perdere in credibilità, parteggiando ciecamente per questo o per quello. Forse anche per questo tutti i nostri quotidiani messi insieme vendono poco più della sola Bild Zeitung (4,5 milioni di copie).

In un Fiorentina-Palermo, il "Flaco", cioè Pastore, caracollò per mezzo campo, saltando gli avversari e segnò a porta vuota. Il pubblico fiorentino - mi disse un amico gigliato - si alzò in piedi per applaudire. Davanti alla TV, a Berlino, ascoltai Causio commentare: ma come si fa? Dovevano fargli fallo a centro campo. Bella prova di sportività, proprio da un ex campione. In Germania lo avrebbero licenziato all'istante, com’è avvenuto in Gran Bretagna: due commentatori che avevano ironizzato su una guardalinee donna hanno perso il posto.

Ai campionati del mondo in Usa, Stefan Effenberg, pilastro della difesa, alzò il dito medio in faccia agli spettatori tedeschi che lo fischiavano. Il presidente della federazione teutonica lo rispedì a casa: non è un esempio da dare ai giovani, commentò. Un moralista? Una decisione retorica? Sarà.

Come si può giocare alla pari, se un Moratti o un Berlusconi a fine anno possono firmare un assegno per 180 milioni di euro e pareggiare il bilancio? E le altre squadre cercano saggiamente di non andare in rosso? Quest´anno, il grande acquisto del Bayern è stato un certo Petersen, attaccante del Cottbus, serie B. Prezzo? Due milioni e mezzo di euro. Non vincerà la Coppa dei Campioni ma rispetta una sana amministrazione. Magari l'anno venturo lo venderanno per venti milioni a qualche miliardario di casa nostra.

Ma perché parlare di calcio? Perché, ovviamente, è lo specchio della società. In Germania, gli stadi sono splendidi e sempre colmi. Ci vanno le famiglie con i bambini, e non sanno neanche che cosa sia la tessera del tifoso. L'Hoffenheim, squadra di un paesetto di tremila abitanti, ha rischiato di vincere lo scudetto. Come se da noi il Capalbio, sempre che abbia una squadra, batta a San Siro l´Inter. Da noi sarebbe possibile?

E questo vale per tutti i campi. Un imprenditore che abbia una buona idea riuscirà in Italia a farsi finanziare dalle banche e conquistare il suo mercato? Un ricercatore geniale avrà la sua cattedra all´Università? E un giovane politico potrà giungere in Parlamento, anche se è piccolo, grasso, con gli occhiali, ma ha un gran cervello? Da noi si sono aboliti concorsi interni nei grandi enti, perché stavano vincendo gli outsider. Si è preferito promuovere tutti, alla faccia del merito.

Nella vita siamo tutti calciatori e sogniamo che la partita si svolga in modo leale. Qualcuno trova sulla sua strada un arbitro all'italiana. Altri, uno Schiedsrichter. La Germania gioca in Serie A in Europa, in testa alla classifica. Gli azzurri rischiano di retrocedere. Sarà un caso?

 

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