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Il racconto dell'Italia passa per le foto di Berengo Gardin, dove la fotografia è più vicina al giornalismo che non alla pittura. Lo scatto, come la penna, permette la documentazione attenta e mai banale della realtà e la macchina fotografica è il mezzo e mai il fine. In sessanta anni di carriera, la vita del fotografo è stata caratterizzata anche da molti incontri, che in un certo senso sono all’origine di questa mostra.

Ciascuna delle foto esposte, come detto, è infatti presentata da un protagonista dell’arte e della cultura, che ha commentato uno degli scatti scelti nell’immenso corpus fotografico di Berengo Gardin. I loro testi, accostati a ciascuna delle 24 foto selezionate, permettono ancor di più di ragionare sul valore di testimonianza sociale ed estetica delle immagini.

I testi sono di registi come Marco Bellocchio, Alina Marazzi, Franco Maresco e Carlo Verdone, architetti come Stefano Boeri, Renzo Piano e Vittorio Gregotti, artisti come Mimmo Paladino, Alfredo Pirri, Jannis Kounellis; e poi di Lea Vergine e di Goffredo Fofi, del sociologo Domenico De Masi, dei fotografi Ferdinando Scianna, Sebastião Salgado e di un giovane emergente come Luca Nizzoli Toetti, di scrittori come Maurizio Maggiani e Roberto Cotroneo, di giornalisti come Mario Calabresi, Michele Smargiassi e Giovanna Calvenzi, di Peppe Dell’Acqua, psichiatra dell’equipe di Franco Basaglia, di Marco Magnifico, vicepresidente del Fai e di una street artist come Alice Pasquini.

L’esposizione è inoltre arricchita da una proiezione di immagini tratte dall’archivio del fotografo. La scelta del bianco e nero, poi, conferisce una profondità in più all'immagine, dove il gioco di luci e ombre prevale e rende 'vivo' lo scatto, in cui nulla è statico, ma tutto sta per accadere o è appena accaduto. Una forza poetica che supera i valichi temporali ed è destinata a segna un'epoca.