Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Ucraina, l’illusione delle armi

di Michele Paris

L’approvazione di una nuova all’apparenza consistente tranche di aiuti americani da destinare all’Ucraina è stata per mesi invocata come la soluzione alla crisi irreversibile delle forze armate e del regime di Kiev di fronte all’avanzata russa. Il via libera della Camera dei Rappresentanti di Washington nel fine settimana ha perciò scatenato un’ondata di entusiasmo negli Stati Uniti e in Europa. I quasi 61 miliardi appena stanziati non faranno però nulla per cambiare il corso della guerra e, se anche dovessero riuscire a rimandare la resa ucraina, aggraveranno con ogni probabilità i livelli di distruzione e morte nel paese dell’ex Unione Sovietica. La propaganda di governi e media ufficiali, scattata subito dopo il voto in...
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di Antonio Rei

Non è solo scorretta, è anche triste. L’ultima uscita di Pier Carlo Padoan sullo spread è come un canto del cigno, l’ultimo addio alla credibilità dell’ex capo economista dell’Ocse. Inserito e normalizzato nel mondo renziano, anche lo stimato accademico, oggi ministro del Tesoro, si lascia sedurre dalle sirene della propaganda di basso livello.

In audizione alla Camera sulla legge di Bilancio, Padoan ha detto che il differenziale fra BTp e Bund, dopo esser sceso negli ultimi 30 mesi, ora sta salendo, perché “sul mercato ci sono timori che l'azione di politica economica del governo si interrompa”. Traduzione: gli investitori hanno paura che al referendum costituzionale vinca il No.

In effetti, venerdì scorso lo spread sulla scadenza decennale si è spinto fino a 153 punti base, la quota più alta da fine giugno. Ma non è affatto un livello allarmante e non presagisce alcuna tempesta perfetta sul mercato del debito. Per un semplice motivo: la Banca centrale europea ha acquistato, sta acquistando e continuerà ad acquistare una montagna di titoli di Stato (anche italiani) sul mercato secondario. Sono operazioni che rientrano nel famoso quantitative easing, l’allentamento monetario portato avanti dalla Bce in funzione anti-crisi.

Ora, è chiaro che il Qe non potrà durare per sempre, ma di recente il numero uno dell’Eurotower, Mario Draghi, ha lasciato intendere che con ogni probabilità sarà esteso oltre la scadenza, fissata inizialmente a marzo del 2017. In ogni caso, dopo il Qe cosa succederà? Rischieremo di subire un nuovo attacco speculativo sul nostro debito pubblico? No. È semplicemente impossibile che accada.

In pochi lo ricordano, ma nel settembre del 2012, al picco della crisi dei debiti sovrani, la Bce di Draghi varò le Outright Monetary Transactions (Omt), operazioni monetarie che consentono all’istituto centrale europeo di acquistare i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, in modo da raffreddare gli spread. Il programma Omt non fu mai attivato: bastò il solo effetto annuncio a spegnere l'incendio sui mercati.

Gli speculatori si ritrovarono in mano un'arma scarica. Chi aveva scommesso contro Paesi come Italia e Spagna, puntando sui rialzi dello spread, all’improvviso capì che la festa era finita, perché la potenza di fuoco della Bce era (ed è) insuperabile. Furono le Omt di Draghi a salvarci dall’attacco speculativo sul debito pubblico, non le riforme nefaste di Mario Monti.

Tutto questo per dire che né ora né in futuro è possibile che il nostro spread torni a essere una seria preoccupazione. Padoan lo sa benissimo, ma sceglie di non ricordarlo nel suo discorso ai deputati. Preferisce agitare lo spauracchio del differenziale per tirare acqua al mulino del SÌ. C’è da capirlo: è una soluzione così comoda, anche se in mala fede.

Eppure, si dirà, un rialzo dei rendimenti c’è comunque stato. È innegabile. Forse, però, se avesse parlato da economista invece che da ministro renziano, Padoan avrebbe ammesso che i mercati hanno anche un’altra fonte di preoccupazione in merito all’Italia: ovvero proprio quella legge di Bilancio che il ministro aveva il compito di spiegare a Montecitorio.

Quella che hanno messo in cantiere è una manovra faraonica, per larga parte finanziata in deficit - con ovvie conseguenze sul debito pubblico - senza che questo porti a una vera ripresa del Pil. Solo il governo crede, o finge di credere, che una finanziaria simile porterà l’Italia a crescere dell’1% l’anno prossimo. L’ufficio parlamentare di bilancio ha smentito questa previsione e nemmeno Bruxelles la ritiene attendibile.

Com’è ovvio, questo non interessa al Governo, che ha infarcito la legge di Bilancio con le solite mance e mancette sparpagliate a caso con lo stesso obbiettivo di sempre: indurre gli italiani a votare Sì al referendum costituzionale.

Ma proviamo un attimo a ipotizzare che tutto questo non sia vero. Ragioniamo per assurdo, e ammettiamo che la finanza internazionale scatenerà chissà quale inferno in Terra se la riforma Boschi sarà bocciata. Noi italiani dovremmo accettare di stravolgere la nostra Costituzione per non far cadere il governo Renzi, altrimenti i mercati si angosciano? La risposta, tanto per cambiare, è No.

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