Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
> Leggi tutto...

IMAGE
IMAGE

Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
> Leggi tutto...

di Michele Paris

A poco più di otto mesi dall’accordo di spartizione del potere in Zimbabwe tra il presidente Robert Mugabe e il leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai, nubi minacciose si prospettano all’orizzonte dei rapporti tra i due storici rivali in un paese ormai da anni in piena crisi economica e sociale. Dopo la controversa elezione presidenziale dello scorso anno, l’allora presidente sudafricano, Thabo Mbeki, aveva mediato un fragile patto per un governo congiunto tra i due pesi massimi della politica dello Zimbabwe. Una tregua complicata che ha tuttavia prodotto in questi ultimi mesi qualche timido segnale di miglioramento, ma che appare ora messa seriamente in pericolo dall’ostilità dell’85enne presidente che guida il paese africano con il pugno di ferro da quasi trent’anni.

A far esplodere nuovamente la crisi politica in tutta la sua asprezza nel paese africano è stato l’ennesimo arresto subìto la settimana scorsa dal candidato di Tsvangirai alla carica di vice-ministro dell’Agricoltura, il possidente bianco Roy Bennett, accusato da tempo di possesso di armi da fuoco a scopo di compiere atti di terrorismo. Nonostante il rilascio dietro cauzione dopo qualche giorno, il suo partito - MDC (Movement for Democratic Change) - ha annunciato il boicottaggio delle prossime riunioni del governo di coalizione con i membri del partito di Mugabe, ZANU-PF (Zimbabwe African National Union-Patriotic Front). Quest’ultimo si era più volte rifiutato di confermare Bennet nel suo incarico finché sottoposto ad un procedimento legale, peraltro definito da tutti gli esponenti dell’opposizione come una farsa motivata da ragioni puramente politiche.

“È nostro diritto svincolarci da un partner politico disonesto e inaffidabile” ha affermato il primo ministro Tsvangirai nel corso di una conferenza stampa tenuta nella capitale, Harare. La mossa del principale partito che da un decennio si oppone al regime di Mugabe, però, è apparsa a più di un’osservatore contraddittoria e non priva di rischi. Tsvangirai, infatti, ha lasciato intendere che il suo partito rimarrà al governo, anche se interromperà ogni trattativa con il presidente e i suoi uomini che mantengono tuttora il controllo di alcuni ministeri chiave.

Secondo alcuni, l’annuncio del boicottaggio sarebbe da intendersi piuttosto come un invito ai paesi facenti parte della Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) - garanti dell’accordo tra Mugabe e Tsvangirai - per intervenire sul presidente e convincerlo a rispettare gli accordi per la condivisione del potere stipulati ormai oltre un anno fa. Il primo ministro dello Zimbabwe nei prossimi giorni illustrerà i problemi della sua coabitazione con Mugabe ad alcuni leader dell’organizzazione regionale sudafricana, tra cui i presidenti del Mozambico Armando Guebuza, del Sudafrica Jacob Zuma, dell’Angola José Eduardo dos Santos e del Congo Joseph Kabila, quest’ultimo presidente in carica dell’SADC.

La netta presa di posizione dell’ex sindacalista, più volte arrestato nell’ultimo decennio di opposizione al dominio di Mugabe, riflette d’altronde anche la crescente frustrazione di un partito che continua ad essere intimidito dall’apparato di potere presidenziale. Lo ZANU-PF controlla tuttora il sistema giudiziario del paese, che utilizza come strumento politico per sopprimere il dissenso e colpire gli oppositori, come nel caso di Roy Bennet. Ogni tentativo poi di liberare la stampa dallo stretto controllo del regime viene deliberatamente ostacolato, così come il percorso verso la stesura di una nuova Costituzione. Numerose candidature di membri dell’MDC a posti chiave del governo sarebbero inoltre impedite e la creazione di gruppi paramilitari armati verrebbe impiegata nel paese per terrorizzare oppositori e cittadini comuni.

Nelle elezioni presidenziali del marzo 2008, la vittoria di Morgan Tsvangirai non era stata sufficiente ad evitare una sfida di secondo turno con il presidente in carica dal 1987 (dal 1980 al 1987 Mugabe aveva ricoperto l’incarico di primo ministro). La tornata elettorale era stata seguita da polemiche circa i risultati - Tsvangirai aveva sostenuto di aver superato la soglia del 50% - e soprattutto da violenti scontri nel paese fomentati dai sostenitori dello ZANU-PF. Con l’inasprirsi del clima politico nel paese, il leader dell’MDC aveva finito con il ritirarsi dal ballottaggio, andato in scena solo alla fine di giugno, lasciando strada a Robert Mugabe. Dopo la reazione di condanna della comunità internazionale, a luglio erano iniziate le trattative per una soluzione pacifica del conflitto che avrebbero portato al già ricordato accordo di settembre e al governo di unità nazionale, insediatosi dopo molte difficoltà nel febbraio di quest’anno.

Pressato da più parti, Tsvangirai aveva cercato così di fare buon viso a cattivo gioco, accettando di collaborare con l’uomo che in passato aveva orchestrato almeno tre tentativi di assassinio nei suoi confronti. Le condizioni economiche dello Zimbabwe nel corso dello stallo politico in atto, erano intanto rapidamente deteriorate, con un tasso elevatissimo di disoccupazione e un’iperinflazione totalmente fuori controllo. I modesti progressi degli ultimi mesi sul fronte della situazione economica e la relativa serenità del clima politico, nonostante le persistenti incomprensioni tra i due partiti di governo, rischiano però ora di lasciare spazio a nuove tensioni e ad un riacutizzarsi della crisi.

Le bande armate legate allo ZANU-PF nelle campagne sembrano aver ripreso la loro attività intimidatoria, mentre i ministri di Mugabe minacciano apertamente di procedere con l’attività di governo senza Tsvangirai e l’MDC. Il partito del presidente potrebbe cioè agire nuovamente senza controllo, com’era già accaduto nei mesi trascorsi tra le elezioni presidenziali e l’accordo con l’opposizione, quando vennero fatte due nomine oggi al centro dello scontro politico, quella del governatore della Banca Centrale, Gideon Gono, e del Ministro della Giustizia, Johannes Tomana, entrambi fedelissimi di Mugabe. L’abbandono del gabinetto da parte dell’MDC d’altra parte non può che rallegrare il partito del presidente, fin dall’inizio in gran parte ostile all’accordo e al lavoro più o meno apertamente per farlo naufragare.

Ad affiancare Mugabe e il suo partito nel prossimo consiglio dei Ministri dovrebbe rimanere quanto meno il leader di una fazione dell’MDC, il vice primo ministro Arthur Mutambara. Per quanto riguarda invece le sorti dell’accordo di spartizione del potere, oltre all’eventuale presa di posizione dei vicini stati sudafricani, sarà da valutare attentamente il bilancio per il 2010 che il Ministro delle Finanze Tendai Biti, segretario dell’MDC, sarà chiamato a presentare entro il prossimo ottobre. In caso di un’ulteriore escalation del conflitto tra le due parti, Tsvangirai ha già annunciato di voler indire nuove elezioni sotto l’egida dell’SADC, dell’Unione Africana e dell’ONU.

Al di là dei toni molto aspri, alcuni giornali africani hanno rivelato un tentativo dello stesso Mugabe di ristabilire i contatti con il suo rivale. Sia pure tutt’altro che entusiasta di condividere il potere con l’uomo politico che lo ha strenuamente combattuto negli ultimi anni, l’autocrate dello Zimbabwe forse non sembra rappresentare attualmente la linea più intransigente all’interno del suo partito. Ciò lascia intravedere qualche spiraglio per resuscitare una cooperazione che rimane tuttavia estremamente complicata.

Un ulteriore passo indietro per la ex Rhodesia, d’altronde, renderebbe ancora più disastrosa la condizione degli oltre 12 milioni di abitanti di un paese che, dopo la conquista dell’indipendenza dalla Gran Bretagna (1965) era rimasto per molti anni un modello di sviluppo nell’intero continente africano. Gli aiuti economici dall’occidente, infatti, continuano ad arrivare con il contagocce e nuovi e più ingenti interventi di assistenza rimangono vincolati ai progressi politici che la coabitazione tra Mugabe e Tsvangirai riuscirà auspicabilmente a conseguire nei prossimi mesi.

Pin It

Altrenotizie su Facebook

altrenotizie su facebook

 

 

ter2

Il terrorismo contro Cuba
a cura di:
Fabrizio Casari
Sommario articoli

 

Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020...
> Leggi tutto...

IMAGE

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy